Contenuti per adulti
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Ah, il progresso. Il sogno realizzato di una società dove tutto è disponibile, tutto è a portata di click, swipe o comando vocale. Viviamo nel regno dell’abbondanza, dove la vera tragedia non è la mancanza di scelta, ma l’incapacità patologica di scegliere. Un mondo in cui il buffet dell’intrattenimento trabocca: milioni di film che non guarderemo mai, miliardi di libri che non leggeremo nemmeno nelle reincarnazioni future, e serie TV che sembrano progettate da algoritmi per farci morire con un telecomando in mano e le pupille dilatate dalla noia.
Siamo la generazione che impiega più tempo a decidere quale pizza sia più instagrammabile – perché, Dio ce ne scampi dal mangiare qualcosa che non faccia almeno 50 like – che a godersi la dannata pizza. La mozzarella può anche filare come un’opera d’arte contemporanea, ma il gusto? Ah, quello è secondario. Basta che il filtro Valencia faccia la sua parte.
Possediamo più paia di scarpe che neuroni svegli alle nove del mattino, e ci preoccupiamo più del look al festival indie (che poi è sponsorizzato da una multinazionale) che delle conversazioni reali con chi, in teoria, amiamo. Chiacchiere vuote, selfie pieni. Cuori nei commenti, ma silenzi a tavola.
Abbiamo assistenti vocali in ogni stanza ma non sappiamo ascoltare. Usiamo smartwatch per monitorare il sonno ma dormiamo come cani randagi sotto la pioggia. Misuriamo passi, calorie, battiti, ma non ricordiamo l’ultima volta che ci siamo emozionati davvero, se non per l’annuncio di una nuova stagione di una serie che ci annoierà dopo due episodi.
Condividiamo pensieri profondi copiati da frasi motivazionali trovate su Pinterest, credendo di aver scoperto il senso della vita tra un carosello di squat e una sponsorizzata di creme antirughe. Diamo più importanza al colore della cover del telefono che al contenuto delle nostre opinioni. Scegliamo i locali in base all’illuminazione per le stories, non per la qualità del cibo. Si va al museo solo se c’è la stanza con gli specchi per fare la foto in cui sembriamo profondi.
Il voto? Ah, che splendida barzelletta. Si elegge il più idiota, si celebra il meno capace, si segue il più rumoroso – l'importante è che dica qualcosa di completamente privo di senso, ma con convinzione. L’intelligenza è diventata un difetto. La competenza? Una cosa da sfigati. Sembra quasi ci sia una corsa segreta a chi riesce a portare l’intero sistema alla rovina nel minor tempo possibile. Complimenti, siamo tutti primi.
In questa meravigliosa cacofonia globale, chi ha il coraggio di rallentare viene subito marchiato: pigro, fallito, inutile. Se non monetizzi la tua passione, non vale. Se non hai un progetto per ogni ora del giorno, sei fuori dal gioco. Se ti prendi una pausa, stai perdendo terreno. Il mondo corre, rotola verso il baratro a velocità smodata, e chi prova anche solo a sedersi per guardare il tramonto è considerato un povero deficiente che non ha capito come funziona la vita.
Così restiamo, sospesi in un eterno presente dove tutto è urgente e niente è importante, iperstimolati e sottosensibili, pieni di tutto e vuoti di senso.
Ma dai, su col morale: almeno abbiamo il 5G. E presto anche il 6G, per scrollare ancora più velocemente verso il nulla.