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Seduto su di una panchina
la rabbia che mi dai
è un coltello che affondo dentro.
Vorrei sedermi al tuo fianco
ma lo spazio è già invaso
dagli spiriti che chiami,
mosso da una brama
che non conosce tregua.
Al chiaro di luna
neppure la notte osa più dipingere il cielo:
seduto su di una panchina
ti osservo,
e il tuo corpo sembra distesa di pece,
un nero assoluto.
Sarai tabula rasa,
spazio da incidere col dolore?
Eppure, seduto su di una panchina,
la mia mente si smarrisce.
E dove altri erigevano siepi
io incontro soltanto un muro di cemento.
Dimmi, sei ancora seduto
sulla panchina?
O sei tu stesso
la mia assenza che mi guarda?