Sarà la rotta

scritto da Miriam L. Martini
Scritto 2 mesi fa • Pubblicato 2 mesi fa • Revisionato 2 mesi fa
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Autore del testo Miriam L. Martini
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Estratto da "Un Balcone coi Limoni" (racconto lungo)
- Nota dell'autore Miriam L. Martini

Testo: Sarà la rotta
di Miriam L. Martini

(Un'estratto da "Un Balcone coi Limoni")

Ancora una volta Marcello si chiese dove fossero capitati.

Da quella mattina, da quando era riuscito a convincere Irene a far salire in auto quella ragazza con lo zaino enorme, niente era andato più secondo i loro programmi; il traghetto su cui dovevano imbarcarsi era ormai partito da molte ore senza di loro, e la loro vacanza – che lui sperava fosse l’occasione per ridare un po’ di vita al loro rapporto – era quantomeno rimandata.

Per fortuna, pensò.

Trascinati da Sally – così si chiamava l’autostoppista – avevano visto luoghi decisamente peculiari, come quella specie di convento laico che nascondeva un giardino incantato, o il faro che sorgeva inutilmente sulle sponde di un lago. Era stata una giornata indimenticabile.

E ora erano a questa festa di fine estate che, a sentire Sally, era un evento che non avrebbero potuto perdersi per niente al mondo.

Avevano percorso un dedalo di strade secondarie sempre più tortuose, lasciando infine l’auto in un vasto campo sterrato, assieme ad altre vetture. Abbondavano camper e roulotte, e nel prato vicino erano spuntate come funghi decine di tende da campeggio di ogni dimensione.

Era un piccolo paese, evidentemente ormai quasi abbandonato: una trentina di case, la maggior parte disabitate, circondava, quasi abbracciandola, la piazza principale, ora gremita da centinaia di persone.

A primo colpo d’occhio sembrava una normale festa paesana, una sagra di qualche tipo, e comunque – rifletté Marcello – niente che potesse giustificare l’entusiasmo di Sally. Probabilmente le apparenze lo stavano ingannando.

Si guardò intorno ancora una volta: l’ambiente era illuminato in parte da luci elettriche e in parte da torce e lanterne. Da una parte della piazza, una decina di chioschi e bancarelle offrivano cibo e vino, dall’altra era stato allestito un palcoscenico per i musicisti – si ripromise di andare a guardarlo più da vicino, sperando di non trovarci la tipica strumentazione da orchestra di liscio – mentre al centro, attorno a un grosso falò circondato da pietre, c’erano persone di ogni tipo e di ogni età: ragazze e ragazzi vestiti come se stessero andando in discoteca, vecchi contestatori degli anni ‘70, gente arrivata dai paesi vicini, coppie evidentemente sposate da anni, e altro ancora.

Dovette però ammettere che si respirava una buona atmosfera, tutti sembravano essere lì solo per divertirsi.

Guardò le sue due compagne di viaggio: Irene era perplessa e incuriosita quanto lui, ma era facile vedere la felicità sul volto raggiante di Sally.

«Allora, Sally. Cosa facciamo qui?», chiese.

«Fra un po’ dovrebbero iniziare a suonare. E si balla, ovviamente. Se volete, nel frattempo possiamo vedere cosa offrono gli stand.»

In quel momento una ragazza dai capelli rossi, vestita con un abito decisamente e piacevolmente trasparente, venne verso di loro. Marcello non poté fare a meno di fissarla per qualche secondo di troppo, per poi notare come Irene – visto il suo sorriso ironico – se ne fosse sicuramente accorta.

«Ciao, Sally. Sei venuta, allora», disse la ragazza.

«Valeria! Certo che sì. Come stai?», rispose lei, abbracciando la nuova arrivata.

«Tutto bene. Ho già sistemato la mia attrezzatura, non vedo l’ora di iniziare.»

«C’è anche Lara?»

«Secondo te potrebbe mancare?»

«A proposito, avrei un favore da chiedervi. C’è anche Maurino, vero? Dove posso trovarlo?»

«È dietro al palco, che controlla per l’ennesima volta che sia tutto in ordine, sai come è fatto… Vieni, ti accompagno da lui.»

«Torno subito», disse Sally ai suoi compagni di viaggio, «se volete, intanto mangiate qualcosa.»

Marcello e Irene rimasero a guardare mentre le altre due ragazze si allontanavano. Poi lui fece un’alzata di spalle e disse: «Prendiamo qualcosa?»

«Ottima idea», rispose lei. «Il pomeriggio al lago mi ha messo appetito.»

L’offerta di cibo era varia e abbondante. Trovarono quasi subito i vassoi di finger food realizzati dallo chef Sebastiani, ma anche gli altri chioschi non erano – per quanto meno sofisticati – da meno, offrendo salumi, formaggi, sformati, assaggi di carne. E c’era vino in abbondanza.

Si riempirono i piatti e presero due bicchieri; Marcello fece per mettere mano al portafoglio, ma venne subito fermato dalla signora bionda dietro al banco.

«Non importa, grazie», disse lei.

«In che senso “non importa”?»

«È la prima volta che venite qui, vero? Alla festa di fine estate non si paga mai nulla. Tutto è offerto, tutto è condiviso.»

«Davvero? Ma è una cosa bellissima…», intervenne Irene.

«E mi raccomando», riprese la signora, «voglio vedervi per il secondo giro, non avete preso quasi niente.»

Si fermarono in disparte a mangiare, sempre osservando i partecipanti alla festa. Era tutto ottimo, in particolare il vino.

Nel frattempo due musicisti erano saliti sul palco, avevano preso gli strumenti – l’uomo al flauto, la donna al violoncello – e stavano creando un gradevole sottofondo al chiacchiericcio della piazza.

«Che ne pensi, finora?», chiese lui.

«Bello, ma vedendo l’entusiasmo di Sally mi aspettavo qualcosa di più.»

«Secondo me il meglio deve ancora venire.»

«Sarei abbastanza delusa se non fosse così.»

«Volevo dare un’occhiata da vicino al palco. Mi accompagni?»

«Volentieri. Curiosità professionale?»

«Diciamo di sì.»

Il palco era ampio e Marcello rimase stupito vedendo il numero e la varietà di strumenti musicali che erano stati approntati. Dietro a una fila di microfoni c’erano strumenti da musica classica – oltre al flauto e al violoncello suonati in quel momento c’erano un violino, un’arpa e un oboe – e strumenti tradizionali: una fisarmonica, un bouzouki, un dulcimer, perfino un liuto; poi un paio di chitarre elettriche, un basso, una postazione con almeno cinque sintetizzatori collegati a un computer e un caotico insieme di strumenti a percussione, dalla grancassa al frame drum, dai piatti allo shaker.

A un tratto la ragazza con i capelli rossi e il vestito trasparente – Valeria, gli pareva di ricordare – salì sul palco, si mise ai sintetizzatori e iniziò ad accompagnare flauto e violoncello con una ritmica pulsante, quasi ipnotica.

«Vado a prendere altri due bicchieri, e forse qualcos’altro da mangiare. Ti ritrovo qui?», chiese Irene.

«Non mi muovo.»

«E non la fissare così tanto», aggiunse lei sorridendo.

«Ci provo, ma non ti assicuro di riuscirci.»

Marcello rimase ad ascoltare, mentre la bassista – una ragazza dai capelli castani vestita con una minigonna e un top neri – e il suonatore di bouzouki – un uomo tarchiato con una folta barba nera – si univano all’ensemble. Nella piazza qualcuno iniziava a ballare su quel ritmo ossessivo.

Irene ritornò con altri due bicchieri colmi di vino rosso e un piccolo vassoio di dolcetti, e si mise sotto il braccio di Marcello. Rimasero così per qualche minuto, ascoltando, bevendo, commentando le tutt’altro che disprezzabili capacità degli esecutori, e iniziando a capire cosa avesse di particolare quel luogo.

Poi, uno a uno, i musicisti iniziarono ad abbandonare palco e strumenti, fino a far rimanere soltanto Valeria; la tastierista ridusse il volume lasciando un sottofondo udibile a malapena.

Marcello e Irene rimasero stupiti quando videro Sally salire sul palco e portarsi di fronte a un microfono.

«Buonasera… ciao a tutti», disse. «Scusate l’intrusione. Qualcuno di voi mi conosce, per gli altri io sono Sally.»

Il brusio della piazza diminuì di volume.

«Anzitutto grazie ai nostri musicisti che mi permettono questo intervento. Volevo raccontarvi una cosa, ma sarò breve: oggi ho conosciuto due persone meravigliose che mi hanno aiutato quando ne avevo bisogno e mi hanno accompagnato fino a qua.»

Marcello e Irene si guardarono, confusi e imbarazzati, chiedendosi cosa avesse in mente la ragazza.

«Per ringraziarli», riprese Sally guardando nella loro direzione, «ho deciso di tendere loro una piccola trappola – spero non me ne vorranno – e invitarli sul palco per suonarci qualcosa.»

I due rimasero esterrefatti.

«Ma sta dicendo sul serio?», chiese Marcello.

«Conoscendola sì, ma non creda che ci andremo davvero», rispose Irene.

«Certo che no, ci esporremmo solo al ridicolo.»

«Sicuramente. Sono anni che non canto.»

«È un’altra delle sue idee folli.»

«Mi spiace ma non se ne parla nemmeno.»

«’I Got Rhythm’?», chiese lui.

«Diamine, sì. Andiamo.»


- - - - - - - - - - - -

Irene si muoveva a tempo con la musica che scendeva dal palco: era impossibile resistere a quel ritmo continuo, insistente eppure sempre vario, a quell’amalgama di suoni in cui il pulsare elettronico dei sintetizzatori si fondeva con le evoluzioni del violino, il battito delle percussioni, il suono pieno di tradizione della fisarmonica. Era un tempo in due quarti, con un andamento circolare; ricordava vagamente una pizzica o qualcosa di irlandese. Era un ritmo fatto per ballare.

Dopo la loro breve esibizione – che, doveva ammetterlo, era andata meglio di quanto lei pensasse – l’orchestra improvvisata aveva ripreso a suonare. Lasciando Marcello sul palco con gli altri, lei e Sally – quella strana ragazza che aveva fatto irruzione nelle loro vite – erano scese nella piazza a ballare.

Era impossibile resistere a quella musica, e infatti attorno a lei ballavano ormai quasi tutti: quell’insieme di persone così diverse era unito nel lasciarsi trasportare da quell’unica danza.

Con Marcello andavano ogni tanto a ballare in qualche locale, ma questa era una cosa diversa, più naturale, più istintiva, decisamente più sensuale. Migliore.

Di fronte a lei, Sally si muoveva a sua volta sinuosamente sulla musica; a tratti sembrava quasi in trance. Il suo modo di ballare era piacevole da guardare. Poi la ragazza si accorse di essere osservata, e rivolse a Irene un altro dei suoi sorrisi disarmanti. Lei ricambiò il sorriso.

Irene alzò gli occhi verso i musicisti. Sul palco, Marcello stava suonando la chitarra che gli era stata prestata, riuscendo in qualche modo a non sfigurare rispetto agli altri. Vide che con lo sguardo lui le stava cercando e gli rivolse un cenno di saluto. Era felice per lui.

Sally le si avvicinò e, senza smettere di ballare, le disse in un orecchio: «Prima siete stati bravissimi.»

«Non è vero, ma comunque grazie per averci obbligato, anche se per un momento ti ho odiato.»

«È un peccato che abbiate smesso. Dovreste riprendere a suonare insieme. Siete bravi.»

«Non so… mi piacerebbe, non dico di no.»

«Intanto Marcello se la sta cavando bene, mi sembra.»

«Direi di sì.»

«Come mai mi guardavi prima?», domandò Sally «Se posso chiederlo.»

«Mi piace come ti muovi. Balli molto bene.»

«Grazie. Anche tu, ma dovresti lasciarti andare un po’ di più. Sei ancora un po’ legata.»

«Legata?»

«Questo posto è speciale anche perché nessuno ti giudica. Lascia andare tutte le preoccupazioni, ascolta la musica e muoviti. Fai come me…»

Irene chiuse gli occhi, assaporando il ritmo che proveniva dal palco, cercando di seguire i consigli di Sally, anche imitando il modo in cui lei si muoveva. Quando li riaprì, la ragazza di fronte a lei le sorrise, annuendo, e le strizzò l’occhio.

La musica riempiva la piazza, continua e insistente, in quell’unione fra antico e moderno, come un ballo dell’aia in una discoteca. Irene si sentiva sempre più libera, più leggera, più felice.

Diede ancora uno sguardo al palco: Marcello era assorto, concentrato nel suo ruolo di musicista. Era bello vederlo così soddisfatto.

Di fronte a lei Sally continuava a muoversi a tempo, in modo sensuale, avvicinandosi sempre di più. O forse era Irene ad avvicinarsi; non avrebbe saputo dirlo.

L’altra ragazza le prese una mano, come per guidarla nella danza, e la fece piroettare in mezzo alla gente. Per un attimo Irene provò una lieve sensazione di vertigine.

Sarà la rotta testo di Miriam L. Martini
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