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Il vecchio anno scivolò da una scala,
con scarpe di neve e un’oca parlante,
lasciandosi dietro un cappotto di brina
ed un tamburo che suonava distante.
“Chi bussa alla porta del ciclo fumoso?”
chiese la Luna con il naso spinoso.
“Sono io, il Nuovo Anno, con un carretto,
pieno di sogni e di un cane sul tetto.”
Le stelle bollirono dentro una zuppa,
il vento giocò con un’alga caduta,
e il sole, curioso, sbucò dal cuscino,
mangiando biscotti di zucchero e vino.
“Nuovo, che porti?” chiese il gabbiano.
“Porto l’arcobaleno dentro un melone,
un prato di rane che suonano il flauto
e un albero alto che ride da solo.”
L’anno, così, aprì la sua valigia:
luci di pesca, coriandoli d’acqua,
e un orologio che canta all’indietro,
danzando la polka, con fare segreto.
Il mondo applaudì, bevve un caffè,
e il Nuovo Anno gridò: “Eccomi a te!”