Ermete e Ambrosia

scritto da Leonardo.enderle
Scritto 8 mesi fa • Pubblicato 8 mesi fa • Revisionato 8 mesi fa
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Testo: Ermete e Ambrosia
di Leonardo.enderle

Era una giornata di sole ad Atene: i commercianti vendevano i loro beni a gente di tutte le stirpi, i bambini giocavano e ridevano, e tra i palazzi cittadini si preparavano tavole imbandite per il banchetto comune. Si era arrivati alla metà della giornata, quando tutti presero posto in piazza per mangiare ed intrattenersi insieme: le tavole erano ricche di vini, frutti e carni di tutti i tipi, vi erano stupendi ornamenti ovunque in città e l’aria di festa e gioia aveva ormai conquistato tutti i cittadini. Nella piazza principale, tra una gran moltitudine di persone, vi erano due bei giovani, Ermete e Ambrosia, di nobile stirpe, provenienti da famiglie che ad Atene prendevano decisioni importanti e che erano immersi in una mare lussuoso di ricchezze e di gioie. Qui si incontrarono per la prima volta, e dopo aver consumato l’abbondante pasto, si diressero a teatro, che in quel momento risuonava di un silenzio di morte: ma erano loro, lì, i due protagonisti, e l’amore era la scena da recitare. Ma poi il soave sentimento prese veramente il sopravvento su entrambi, e così dalla finzione si passò alla realtà. Passarono giorni, settimane e mesi interminabili, e l’amore tra i due crebbe così tanto, che decisero di sposarsi. Ma le famiglie dei due innamorati erano totalmente in disaccordo su questa delicata scelta, e perciò iniziarono a vedersi di nascosto, in segreto, su per le dolci e verdeggianti colline che sovrastano la meravigliosa città di Atene. Una sera, con la luna splendente sui loro occhi brillanti, il giovane Ermete disse:«Non voglio respirare, se quest’aria è priva del tuo fragrante profumo; non voglio parlare, se ad ascoltarmi non ci sei tu; non voglio vedere, se dinnanzi non vedo anche te; non voglio mangiare, se a tavola non ci sei; non voglio avere figli, se la madre di quei figli è un’altra donna; non voglio invecchiare, se i capelli che diventeranno bianchi non saranno solo i mei e i tuoi; non voglio vivere, se accanto a me non ci sei; non voglio morire, se quella che piangerà sul mio cadavere non sarai te; non voglio niente, se questo niente è senza di te, Ambrosia». La fanciulla, incantata dalle parole dell’amante, rispose tra le nuvole:«Ti amo, ed amo solo te, amai solo te, ed amerò, con tutto il mio cuore, solo te, Ermete: neppure questa luna brillante potrebbe esprimere ciò che provo con la sua sfavillante e cristallina luminosità, che solo noi, adesso, su questo prato, possiamo vedere e vivere dentro di noi». I due, dunque, decisero di scappare, e scapparono: sarebbe stato un viaggio pericoloso, colmo di insidie, ma lo volevano, e lo volevano a costo della loro stessa vita. Ermete e Ambrosia, pochi giorni dopo da quella serata meravigliosa, partirono, in segreto, da un lido di costa sconosciuto dell’Attica, non troppo lontano da Atene, alla volta di una piccola isola lontana, della quale solo loro avrebbero avuto memoria della sua esistenza, ovvero Panao. Dopo che presero il largo, la loro vita cambiò per sempre, e ne erano felici: l’acqua blu rifletteva il loro amore eterno ed incondizionato, destinato a durare per l’eternità. Arrivati sulla disabitata isola di Panao, i due giovani costruirono un’abitazione con legni, sabbia e rocce nei dintorni. E così iniziarono la loro nuova vita, la loro straordinaria avventura. Sull’isola vi erano alberi e piante di qualsiasi genere, animali che nessuno aveva mai visto o di cui non si era sentito mai il nome, fiori rigogliosi e cumuli di sabbia liscia che, naufragando nel mar blu dell’Egeo, si disperdevano verso l’orizzonte, l’orizzonte di un amore infinito. Gli anni passarono, uno dopo uno, colmi di amore, gioia e felicità. Ad Atene erano ormai ricercati da sempre, da quando se n’erano andati, Ermete e Ambrosia, e solo loro sapevano che erano vivi, e più vivi che mai, vivi di un amore perpetuo. I due amanti scoprirono luoghi magnifici a tutti noi ignoti, si prelibarono dei cibi più deliziosi che si potessero preparare, scoprirono nuovi usi, costumi, popoli lontani e lingue antichissime, ed ebbero due amati figli, anch’essi bellissimi. Sull’isola e nei suoi dintorni vissero così, per decenni, decenni stupendi, incantati ed immortali. Poi la vecchiaia giunse, ma la passione tra i due rimase sempre più giovane che mai. In una notte d’estate, sotto la luna, distesi sulla sabbia, col brusio delle onde del mare, si guardarono per l’ultima volta, si toccarono, si baciarono, ed Ermete, con gli occhi lucidi come la luna, disse alla sua amata Ambrosia:«Si dice che la perfezione non esista, ma i miei occhi, davanti a te, Ambrosia, dicono, dissero e diranno, per l’eternità, sempre tutt’altro». La moglie gli disse, dunque:«Ermete, dicono che la vita perfetta non esita, ma io, accanto a te, dico, dissi e dirò, per sempre, tutt’altro. Ti amo». E così, sotto la luna piena, portarono a termine con successo il loro viaggio, che era iniziato anch’esso, decenni or sono, sotto lo sguardo del bianco fuoco notturno. Ed erano semplicemente felici, insieme, e lo furono per sempre, perché un viaggio giammai finisce, ma continua ad ogni battito del cuore, e poi per l’eternità, immortale. Così è.

Ermete e Ambrosia testo di Leonardo.enderle
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