LOCUS AMOENUS
Dopo aver pranzato da mia nonna, alle 16 torno a casa; mi siedo al tavolo e stuzzico qualche merendina che nonna mi aveva dato. Poi vado in camera mia, mi posiziono alla scrivania e apro il computer per trovare idee creative: mi piace colorare, disegnare e decorare quaderni per poi scriverci dentro quello che più ritengo importante. Mentre scorro sul motore di ricerca inizio a sentire un bruciore alla gola. Poi sento la pancia gonfiarsi e qualche dolorino, la tachicardia ed i tremori: mi pento subito di aver mangiato. Decido di stendermi a letto e coprirmi sperando che la situazione migliori. Dopo pochi secondi inizio a respirare in modo sempre più veloce, arrivando all’iperventilazione.
“Ci risiamo” penso. “Un’altro attacco di ansia”. Metto tutto il corpo sotto le coperte per far calmare i tremori e per ricevere un po’ di calore che, di solito, durante questi momenti, può dare un tenue sollievo. Non passa. Mi metto seduta mentre penso a mille frasi per tranquillizzarmi: “non succederà nulla, è tutto nella tua testa” “andrà tutto bene…..spero”. L’ansia non passa: la pancia sembra fare male a scatti ma la gola non brucia più… anzi, ora che ci ripenso… forse… un po’ brucia ancora. “E se stessi male?” “Ho bisogno di aiuto. Magari prendo una cicca per distrarmi… No, meglio di no; mi sentirei ancora più gonfia.” Mi stendo, inizia l’incubo: nausea e sempre più ansia. Mi viene da piangere, sono sola in camera ma ho bisogno di aiuto. Prendo il computer, mi metto nuovamente seduta sul letto ed inizio a scrivere. Mi distraggo. E continuo a sperare che sia solo un momento passeggero di ansia e che passi in fretta.
Mi vengono le lacrime agli occhi, vorrei solo avere qualcuno al mio fianco in questi momenti che mi tenga per mano. Mi sento sola: solo io e la mia paura. Provo a respirare in modo più profondo: inspiro, trattengo ed espiro. Ripeto i passaggi per 2-3 volte ma non vedo differenze e non riesco a calmarmi. “Pensa ad altro.. pensa ad altro..”
Allora ci provo. C’è un grande prato, molto vasto, di cui non si riesce a vedere la fine. L’erba, non troppo alta, è verde brillante: riflette i raggi del sole del tardo pomeriggio. Qua e là ci sono alberi di vario tipo: le betulle con il loro tronco bianco, i sempreverdi cipressi dalla forma allungata e due bellissimi baobab, sapete, gli alberi che crescevano nel pianeta del piccolo principe! Non ci sono fiori, solo erba ed alberi verdi. Ci sono bellissimi colori con diverse tonalità di verde e marrone. L’odore che si respira è fresco e ti dona una sensazione di libertà e spensieratezza. Lì puoi immergerti nella natura, sentire i suoi misteriosi segreti, farti cullare e ricevere sostegno dalla sua docile forza. Sei solo, ma non in solitudine. Sei con lo spirito della natura: con il sole caldo, il lieve vento mite, la terra morbida e soffice sotto i tuoi piedi scalzi. Senti il tuo corpo libero e la tua testa leggera. Alzi gli occhi al cielo dove il sole caldo, che generoso dona di nascosto un po’ della sua potente luce ad ogni singola stella, ha lasciato il posto alla notte. I raggi che sono offerti dal sole a tutti i piccoli corpi celesti, li rende dei preziosi protagonisti delle lunghe notti insonni, quelle che nascondono segreti, paure, dubbi.
La luce è debole, ma quel magnifico paesaggio è sempre, anche durante le più buie ed oscure tenebre, il mio prezioso locus amoenus.
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Mi sono catapultata in quel mondo, dentro a quel paesaggio magico, ho sentito quegli odori, i suoni della natura… Mi sono immersa in una realtà diversa dove ogni cosa era dotata di una propria ed unica tinta brillante, quasi fosse dipinta con delle tempere dal timbro troppo vivace. Ogni colore era un’emozione, non c’era niente di scolorito, niente privo di personalità. Lì, anche il mio incarnato sembrava diverso, meno smorto, chiaro come la luce che il sole dona ogni sera alle stelle. Mi sentivo anche io una stella, una piccola parte di un grande quadro; una parte, che, come ogni altro elemento presente, diventa oggetto essenziale per rendere l’insieme un capolavoro.
Forse, in un’altra vita, potrei diventare una dei protagonisti di un quadro così bello: magari un possente baobab o un fine e lungo cipresso. Forse una nuvola a forma di speranza.. Io do alla speranza una forma tutta mia, come dovreste fare voi. Cos'è per voi la speranza? Che colore ha? Che forma ha? Per me non ha una forma definita ma ha un odore fresco come quello che ti accarezza alle 5 di ogni mattino estivo. Ha lo stesso colore dei raggi del sole riflessi nella neve appena posata sulla superficie delle alte montagne e la stessa forza della piccola ginestra, il fiore che nasce, trionfante dall’eruzione, vicino al cratere dei vulcani, ed illumina le sue pareti con il giallo dei raggianti petali. Ecco di cosa si nutre la speranza: freschezza, limpidità e forza; vorrei, un giorno, rispecchiare la sua natura.
Vivo in un mondo dove i colori non sono luminosi e dove anche il sole sembra essere pallido e spento e gli alberi perdono ogni giorno energia. Il tempo scorre in maniera lenta e monotona e gli stimoli proposti dall’esterno sono remoti. L’aria non è pura ma, anche lei, corrotta da una grigia tristezza. L’odore che proviene dai luoghi a te circostanti è vuoto; vuoto come il tuo petto mentre stai disteso a letto ad aspettare di terminare questa agonia chiamata vita. Voglio definirla l’altra faccia del quadro, di un marrone sbiadito e rovinato. Si può chiamare vita? Un’adolescenza persa a causa di ferite difficili da guarire. Un’infanzia trascorsa tra traumi ed umiliazioni. Un futuro incerto dove, ormai, i tuoi nemici sono la tua mente e gli infiniti sensi di colpa che si presentano in ogni tuo pensiero.
E quando il mondo è così spento come fai a sorridere? Quando il cielo piange e l’erba urla in silenzio. Gli alberi non sanno più produrre i fiori.
locus amoenus testo di una bimba