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Alla metà degli anni '60 Anne LaBastille, ricercatrice americana, si è dedicata allo studio del Podilimbo gigante (Poc) e per venti anni ha combattuto contro la sua estinzione.
Laureata in Scienze e specializzata nella Conservazione delle Risorse Naturali, la sua passione era fotografare e scrivere articoli divulgativi.
Da sempre, vicina alla natura, ha scritto "La donna dei boschi" e "Oltre il Lago dell'Orso nero" , libri nei quali narra i giorni trascorsi nei monti di Adirondack (il più grande parco naturale nella parte continentale degli Stati Uniti)
Ha scritto anche "Bird of the Mayas", una raccolta di favole popolari degli Indios Maya riguardanti gli uccelli tropicali.
Nel suo ultimo libro intitolato "Mamma Poc" pubblicato in Italia nel 1991 da Oscar Mondadori, ci racconta la sua ambizione di diventare guida naturalista per mostrare ai turisti gli aironi bianchi e gli anu dal becco piatto e stanare i tacchini selvatici dai folti dei querceti percorrendo gli isolotti di mangrovie.
Poi "conobbe" nel museo di storia naturale di Città del Capo un Podilimbo gigante beccopiatto: Podylimbus Gigas; specie rara che viveva nel lago di Atitlàn in Guatemala e decise di occuparsi della conservazione di questa specie.
A suo tempo l'ornitologo Griscom si era preoccupato di descrivere e di assegnare un nome a questi uccelli e li contò, nel 1929 erano circa 200.
Il podilimbo era incapace di volare, ci provava e batteva con foga le ali sull'acqua ma quelle ali erano troppo piccole per permettere a quel corpo pesante di spiccare il volo.
Siamo di fronte ad una mutazione evolutiva per trasformalo in un tuffatore e nuotatore stanziale che non ha più bisogno di volare per migrare.
Quel gigante del colimbo nel tuffo si raccoglieva a fisarmonica, stringeva le ali sui fianchi e s' infilava nell'acqua senza uno spruzzo.
Il suo tempo di immersione era di circa 90 secondi e la distanza percorsa sott'acqua circa trecento metri.
Raggiungeva una lunghezza di circa 46–50 cm. e per richiamo ed aspetto era simile al podilimbo.
Color marrone, con i fianchi screziati di bianco e la testa sul nero ed il collo marrone scuro in primavera e bianco in inverno.
Le zampe color grigio ardesia. Sul becco aveva una fascia nera. Il colore del becco variava dal bianco in primavera al marrone nelle altre stagioni. L'iride era marrone. Intorno all'occhio aveva un elegante anello bianco.
Entrambi i genitori si prendevano cura dei pulcini, 4 o 5; la coppia rimaneva insieme per tutto il periodo riproduttivo e forse per tutta la vita.
Il declino dello svasso di Atitlán ebbe inizio nel 1958 con la sciagurata introduzione nel lago del "persico trota".
Questa specie, oltre ad uccidere i nidiacei, faceva man bassa di granchi e pesci sottraendoli ai colimbi.
LaBastille era riuscita con un'autentica "crociata" a preservare 232 esemplari, poi nel 1976 il fondo del lago venne devastato dal terremoto che colpì il Guatemala e nel 1983 i sopravvissuti erano 32 per la maggior parte ibridizzati con i podilimbi.
Gli ultimi due esemplari vennero avvistati nel 1989; dopo la loro scomparsa, il colimbo gigante venne dichiarato estinto.
Nei testi di ornitologia, e neppure in tutti, ormai compare soltanto il colimbo beccopiatto comune o podilimbo, grande la metà.
Suo nome comune: Podilimbo, nome scientifico: Podilymbus podiceps, famiglia Podicipidae - i piedi sono posti sulla parte terminale del corpo per facilitare e velocizzare il nuoto.
E' un piccolo svasso dal becco corto e spesso, collo lungo e corpo grosso ed arrotondato.
Il suo habitat sono i ruscelli e gli stagni di gran parte delle Americhe, in inverno le popolazioni del nord diventano gregarie e migrano in grandi stormi verso le zone più calde.
Come il suo avo è un abile subacqueo, cacciatore di pesci ed insetti.
Il suo nido è un intreccio di materiale putrescente ancorato nell'acqua poco profonda o galleggiante tra le piante acquatiche.
Dopo l'estinzione del podilimbo gigante, il più piccolo podilimbo rimane l'unico rappresentante vivente del genere Podilymbus.
E' vero che da sempre le specie nascono ed iniziano ad esistere ma alla fine scompaiono dalla faccia della Terra ma è anche vero che l'Uomo deve con il suo agire rallentare questo processo, poiché ogni ecosistema, anche il più piccolo, he scompare ci riguarda e ci rende più poveri.