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Orion Vélo entrò in scena.
Indossava un frac cucito con dei frammenti delle carta da gioco. Il suo volto sembrava disegnato con la grafite dell’insonnia, ma il sorriso —
quel sorriso — era fisso, pulito, impossibile, come se l’avesse indossato quel mattino insieme alla camicia.
L’occhio destro era normale. Forse. Ma quello sinistro, invece, era una biglia liscia, senza pupilla, che mutava colore a ogni menzogna detta.
Quando disse: “Sono felice di essere qui,” l’occhio divenne verde acido.
Quando disse: “Nulla è ciò che sembra,” l’occhio lampeggiò violetto, e qualcuno in prima fila vide passare un cavallo al galoppo dentro quella luce.
Orion Vélo fece un inchino e poi sollevò le mani. Dietro di lui, il sipario iniziò a tremare leggermente, come se dietro a quella stoffa si stesse preparando qualcosa di mai visto prima.
Lo spettacolo cominciò. Il pubblico lo adorava.
Lui faceva sparire ogni cosa: colombe, tavoli. Una volta fece sparire l’intero mese di marzo e per una settimana nessuno se ne accorse.
Ma poi, una sera, annunciò il suo ultimo numero.
“Stasera, sparirò io stesso,” disse, “e non tornerò. Non perché non possa ma perché non saprete più riconoscermi.”
Il pubblico rise. Molti applaudirono.
Orion Vélo salì su una pedana che cambiò immediatamente colore. Dopo qualche istante Orion Vélo si accese. Letteralmente. Una luce bluastra cominciò a uscire dalle cuciture del suo frac.
“Ciò che sparisce non se ne va,” proclamò Orion Vélo, “si distribuisce!”
Poi sollevò lentamente il braccio destro, tracciando nell’aria un cerchio invisibile con il dito indice, e all’improvviso scomparve.
Il pubblico rimase lì, ipnotizzato, aspettando che il mago Orion riapparisce da qualche parte. Ma questo non successe, ne quella sera e mai più.
Da quel giorno, tutti coloro che avevano assistito alla sparizione di Orion cominciarono a sospettare di portarne dentro un frammento dentro di sé.
C’era chi lo incontrava nei sogni, e chi, poco prima di addormentarsi, giurava di udire la sua voce sussurrare piano: «Sono ancora qui e sono ovunque.»