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Amelia, se potessi vedere.
Qualcuno, tornato, forse ti ha detto —
ma non ci crederesti.
Tu sei nata in un mondo che gira a vapore,
mani sporche e lettere scritte a lume,
e l’hai visto mutare
fino a impigliarsi nella rete virtuale.
Guerre, rinascite.
La luna promessa, finalmente raggiunta.
Quel muro che divideva il mondo,
troppo alto perfino nel nome,
è caduto.
E torri ferite che straziano in nuvole informi.
Hai visto tutto.
Novantaquattro inverni.
Capisco ora la tua stanchezza:
non rimpianti,
se non quello più feroce —
sopravvivere a chi si ama.
E noi, diciotto anni svaniti
senza poterti guardare negli occhi.
Ma sai una cosa?
Non ti sei persa molto:
le solite guerre,
una pandemia,
e il lento disfarsi di chi resta.
Non riconosceresti nulla.
Il quartiere, la casa,
ora venduta — forse dimenticata.
E noi altri —
una folla che corre,
senza direzione,
come formiche sotto il vetro.
La vita va avanti,
tra gloria e miseria,
di fretta,
senza poesia —
ma va.
E tu,
cammini sotto la pioggia
senza ombrello,
come chi non ha più nulla da temere.
Ti sei liberata.
Con affetto.