LA META PREFISSATA

scritto da Bondorello
Scritto 15 anni fa • Pubblicato 15 anni fa • Revisionato 15 anni fa
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Testo: LA META PREFISSATA
di Bondorello

LA META PREFISSATA

“Senti, cara…” dico io.
“Sì, cosa c’è?” risponde lei.
“Non so se me la sento di venire.”
“Perché?” chiede lei.
“Beh, mi sembra piuttosto evidente” rispondo io. “Non ho nessuna voglia di vedere il cadavere di un vicino di casa che si è sparato in bocca.”
“Ma non puoi rifiutarti di andare al suo funerale. Hai abitato per cinque anni accanto al suo appartamento dopotutto.”
“E’ vero ma non voglio” rispondo io sedendomi e mettendo le mani dietro la nuca.
“Hai forse qualche rimorso di coscienza?”
“No, perché? Dopotutto è stata una scelta sua, io non centro nulla.”
“Dicono che l’abbia fatto per una delusione d’amore. Una sua collega di lavoro con un carattere difficile… le è stata dietro per anni e poi, un pomeriggio, l’ha sorpresa a baciarsi con un altro.”
Sollevo le spalle. “Per arrivare a un gesto così estremo doveva tenerci veramente tanto.”
“Perché sei così cinico?” chiede lei.
“Perché mi sembra tutto così ridicolo” rispondo io. “Siamo davvero sicuri che l’abbia fatto solo per il tradimento della sua collega di lavoro?”
“Sì, certo” insiste lei.
“Io continuo a non esserne così convinto” rispondo io. “La realtà è che nessuno può sapere veramente perché l’ha fatto. E questo lo sai anche tu”.
Lei sbuffa: “Guarda, credi un po’ quello che ti pare; comunque, se fossi in te, al funerale ci verrei.”
“Contaci” rispondo io in tono sarcastico.

Bevo il caffè e inizio a leggere il giornale, sorridendo poiché riporta, come al solito, notizie di stupri, strangolamenti e rapine… sembra proprio che tutte le persone per bene siano sparite dalla faccia della terra.
Mia moglie mi fissa. “Perché adesso stai sorridendo?”
Non le rispondo e continuo a leggere imperterrito il giornale, concentrandomi su un articolo che ha attirato non poco la mia attenzione: “Donna trentenne scomparsa, il marito teme il peggio…”.
Guardo la foto e mi sembra proprio di conoscerla: ma certo, è Sandra, la moglie di Carlo.
Da quanto tempo non la sento? Almeno un anno credo… la ricordo ancora come se fosse ieri: una bella donna, forte e decisa, senza alcun ostacolo che poteva in qualche modo fermarla. E invece da un anno a questa parte sembra essere caduta nella disperazione più nera: qualcuno dice che ha avuto dei problemi economici, altri pensano che la sua sterilità l’abbia portata all’esaurimento nervoso, al punto da non mangiare praticamente più nulla, e altri ancora affermano che si è semplicemente stufata del marito che si ritrova.
Ad ogni modo ho intravisto Carlo due settimane fa al supermercato, ma ho fatto finta di non vederlo e ho tirato dritto per la mia strada. Meglio evitarle certe situazioni imbarazzanti, anche perché se lo avessi salutato e mi fossi fermato a parlargli, prima o poi saremmo incappati nell’argomento scottante, ovvero l’andamento della relazione tra lui e sua moglie. E chi se la sarebbe sentita poi di elargirgli dei “validi consigli”? Se non fossero stati quelli giusti, non me lo sarei probabilmente più tolto di dosso.
E così Sandra è scomparsa: l’articolo riporta che da ieri sera ha fatto perdere le sue tracce. Il suo telefonino è sempre spento… e se qualcuno l’ha rapita? O se si è forse uccisa, dal momento che sei mesi fa ha cercato – almeno a quanto si dice in giro – di buttarsi giù dalla finestra?

“Alberto, sai che mi ha chiamato Elena?” dice mia moglie.
Scuoto la testa, mi alzo dalla sedia e poso la tazzina nel lavello. “Ma quand’è che ci lascerà in pace?”
“Adesso non ricominciare con i tuoi soliti discorsi” risponde lei. “Dovrà pur sfogarsi con qualcuno se suo marito torna a casa ubriaco due sere su tre no?”
“Sicuramente. Ma deve scegliere proprio noi?”
Ora scuote la testa anche lei. “Guarda, Alberto, che a volte una persona sente il bisogno di sfogarsi con chi le è più vicina in quel momento. A te non è mai capitato?”
“Può darsi” rispondo io. “Ma non l’ho mai tirata per le lunghe più di tanto. Alla fine della fiera la vita bisogna prenderla un po’ come viene e bisogna pur farsene una ragione.”
“Che cosa intendi dire?”
Sospiro: “Che se non va più d’accordo col marito lo deve in qualche modo lasciare, e non sfruttare gli amici sciorinando loro tutte le sue fottute paturnie.”
“Adesso non ti sembra di esagerare?” chiede lei.
“Esagerare?” rispondo io. “Ormai lo so praticamente a memoria quello che tutte le sere o quasi lui le fa. La sera torna a casa ubriaco, entra in cucina e, senza togliersi neanche il giubbotto, la fissa con uno sguardo feroce, per poi aprire il frigorifero e prendere almeno due o tre lattine di birra. Poi, mentre lui riempie il bicchiere e lo prende per portarselo alla bocca, lei inizia ad insultarlo in tutti i modi possibili; i due litigano ad alta voce finché lui, dopo aver rigirato per qualche minuto il bicchiere ormai vuoto per le mani, si alza di scatto e lo lancia contro il muro. E allora lei inizia a piangere accusando tutti i mali di questo mondo: mal di testa, tremore alle gambe, epilessia, diabete e Dio solo sa cos’altro.”
“E questo non ti sembra abbastanza?” dice lei.
“Certo che sì” rispondo io con impazienza. “Ecco perché ti dico che deve lasciarlo. Altrimenti se ne faccia una ragione e lo sopporti così com’è”.
“Certo che fai sempre in fretta tu a trarre le conclusioni”.
“E cosa dovrei fare secondo te? Mettermi forse a piangere e consolarla dandole un paio di pacche sulla spalla e dicendole magari che le cose prima o poi si metteranno a posto da sole? Ho già i miei di problemi, non c’è bisogno che arrivi lei a darmene degli altri…”
Mia moglie non risponde ed esce dalla stanza sbattendo la porta con forza. Respiro profondamente, mi alzo e chiudo poi a chiave per non avere ulteriori seccature.

Mi sdraio sul divano, chiudo gli occhi e mi massaggio per un attimo le tempie. Potrei andare a pescare questo fine settimana, e magari passare una notte in riva al fiume, proprio come facevo da ragazzo, quando camminavo per diversi chilometri in mezzo ai boschi per arrivare poi alla meta prefissata: una radura piuttosto ampia, dove si poteva tranquillamente piantare una tenda in riva a un lago senza che nessuno venisse a disturbarti. E non ricordo ormai più quante volte ero andato lì a urlare contro il cielo tutti i miei problemi, anche se sapevo fin troppo bene che non li avrei mai risolti agendo in quel modo.
Un giorno però, mia madre mi disse che saremmo dovuti andare ad abitare in un’altra città. Iniziai a piangere implorandola quasi in ginocchio di non trasferirci, ma nulla le fece cambiare idea: si limitò a guardarmi fissa da sopra gli occhiali, con la sigaretta stretta tra le labbra. Poi, dopo essersi girata verso mio padre, gli disse che ero solo uno stupido piagnucolone e che avrei fatto meglio a sparire dalla sua vista per un po’.
E così feci. Tornai alla radura, e ci rimasi per almeno un paio d’ore, passando il tempo a piangere e a gettare le pietre nel lago, quasi come se la colpa di tutto quello che mi stava accadendo fosse sua. Quando tornai a casa, mia madre stava già dormendo sul divano; il pavimento era cosparso, come al solito, di cicche di sigarette e di bottiglie di birra vuote, due chiare testimonianze dei vizi che di lì a qualche anno l’avrebbero portata alla morte.

Mi alzo e mi avvicino alla finestra e, mentre guardo fuori, non posso fare a meno di pensare ancora a lei, a quella Sandra che ha cercato di buttarsi giù e che ora è sparita. Nessuno sembra sapere dove sia finita e forse è un bene che qualcuno non l’abbia ancora trovata; magari è partita, o forse desidera semplicemente stare un po’ da sola in qualche radura nella foresta qui vicino, proprio come me da ragazzino. Anch’io ad ogni modo ho passato nella mia vita dei momenti veramente difficili, attimi in cui - memore delle brutte esperienze passate - non volevo più sentire nulla e nessuno, e tutto intorno a me era freddo e squallido. Anche la vita stessa mi sembrava a volte così vuota e futile, e quando mi alzavo tutte le mattine dal letto desideravo solo essere qualcun altro. Poi però, quando mi avvicinavo alla finestra e osservavo le persone camminare come tante piccole formiche verso le loro mete prefissate, mi rendevo sempre più conto che non esistevano vie di fuga e che le difficoltà andavano affrontate, anche a costo di fare degli enormi sacrifici: rinunce, macchine più economiche, vacanze a casa degli amici, vestiti meno sgargianti e così via… fino a ritrovarmi ad essere quello che sono ora: un signore piuttosto distinto di mezz’età, che fatica a volte a riconoscersi allo specchio, ma che tutto sommato riesce a mantenere una sua pragmaticità nella vita di tutti i giorni.
Coraggio Sandra, per me sei la donna forte di sempre, quella che non si ferma di fronte a nessun ostacolo e che non si arrende mai. Ho lasciato il mio telefonino acceso: chiama pure quando vuoi, io resterò qui ad ascoltarti…
LA META PREFISSATA testo di Bondorello
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