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Quel giorno al mercato, era come se quella zingara lo attirasse a sè. Il suo sguardo fu magnetico. La segue per in po' ma poi ne perde le tracce. Si guarda attorno e si fissa nella memoria la via il posto. "Sarà qui che tornerò a cercarla, non può essere svanita nel nulla" disse fermandosi; la gente al mercato chi qua chi la gli passava davanti indaffarata ai propri commerci. Le giornate scorrono scandite dal solito quotidiano, pulizia della armi, preparazione della palestra ai cavalieri che s'allenavano e perchè no.. cucinare. Lo aveva imparato da sua madre, piatti buoni della campagna da cui proveniva; cose semplici, e poichè il maestro d'armi era un uomo d'azione, non dava grande importanza alla cucina e non aveva quindi grandi pretese. Egli dava più importanza ad una pistola ben oliata che al resto. Jean Andrè non vedeva l'ora che arrivasse il suo giorno di libertà per rimettersi alla ricerca di quella donna. Arrivato finalmente, si reca in quella via sperando di incontrare la bella zingara, ma alla fine della giornata orami per lui infruttuosa, quasi all'imbrunire la intravvede arrivare mescolata tra la folla che sta rincasando. Alla sua vista lei ha un motto di timore, ha paura che sia lì per la borsa, per denunciarla, ma il sorriso timido che Jean Andrè ha sul viso la tranquillizza. Lui le offre del denaro perchè gli legga nuovamente la mano. Vuole sentire il tocco di quella mano lieve e delicata sulle sue mani grandi. Lei sorride, ha due grandi occhi neri, la pelle scura quasi olivastra e una grande chioma raccolta in una treccia che le scende oltre le spalle. La figura scende snella sotto i seni e colpì l'occhio del giovine un nastro di raso verde che le cingeva la vita sull'abito color giallo. "Come ti chiami?" disse Jean Andrè, lei ridendo butta li il primo che le viene, poi scappa confondendosi nuovamente tra la folla. Ma questa volta lui non è disposto a farsela scappare. La insegue, la vede girare l'angolo come per magia sparire alla sua vista. Raggiunta a sua volta la cantonata, lei non c'è più. Un'alta e lunga siepe di sempreverde si alza a proteggere da occhi invadenti una grande villa maestosa. Non ha dubbi Jean Andrè, disse tra sè "Deve essere entrata lì, non ci possono essere altre spiegazioni". Il buio si alzava e doveva rincasare; il maestro non era disposto a tollerare questa indisciplina ma il suo pensiero è sempre lì: "Chi sarà mai?" Nella corsa per rientrare a bottega l'animo di Jean Andrè era in totale scompiglio. Ha paura che sia entrata in quella villa per rubare? Teme per la sua vita. "E se fosse una cameriera? - si domandava - "Ma certo, non può essere che così!" - "Ma No! Mi sbaglio! Vestita in quel modo?" una cameriera non ne aveva l'aspetto. L'indomani se ne sarebbe accertato.
Parigi e la Francia non stavano attraversando un buon momento, i privilegi erano sempre dalla parte dei più ricchi, le cariche più alte dello Stato e dell'esercito erano riservate ai nobili, anche per questo potevano gestire a loro favore la giustizia. Vivevano nella grandissima e lussuosissima corte di Versailles dove venivano organizzate feste e banchetti, dove attendevano i loro stipendi e ricompense, quest'ultime venivano date dal sovrano in base alle sue preferenze. Per le strade miserabili e poveracci erano a ogni angolo di casa. Jean Andrè vedeva tutto questo. "Dovrà cambiare prima o poi tutto questo!" - diceva in cuor suo - "Questi arrogantoni che spadroneggiano dai loro palazzi, l'avranno a finire di affamare la povera gente!" E un motto di rabbia misto a giustizia gli nasceva nel cuore; prima di partire aveva promesso a sua madre che se ne sarebbe rimasto fuori da ogni guai specie con la giustizia.
Verso il mezzogiorno, il maestro gli ordinò una commissione. Deve recarsi e fare da portatore d'armi in un duello alla pistola. Arrivano le parti accompagnati dai padrini. Strano pensò "Non c'è il cerusico!" - "E' alla pistola" dice un padrino - "Tutto è pronto" - risponde l'altro. Jean Andrè ha caricato le armi, i due spalle l'uno all'altro contano i passi, e una volta girati fanno fuoco quasi simultaneamente. E' una frazione di secondo, il colpo del secondo sparatore subisce uno scarto mentre viene raggiunto dalla palla del primo duellante, e mentre questi cade al suolo colpito ad una spalla, il suo proiettile va a conficcarsi nel petto di Jean Andrè. Accorrono tutti, ma non c'è chi può dare un aiuto prezioso ai feriti. Mentre per il primo si tratta di una ferita leggera alla spalla destra, per lui la cosa è più grave. Chiamata la carrozza di un padrino, viene trasportato a casa del maestro e messo a letto. "Ragazzo mio, la fortuna non ti è amica" - disse il maestro - "Hai ancora da sapere tutto sul mondo delle armi, che già ti sei buscato un palla in pieno petto!". Quell'uomo sotto sotto aveva buon cuore e Jean Andrè era già ospitato in esso. Chiamò subito Monsieur Leduc il medico suo amico, arrivò, e si presero cura del ferito. Il suo involontario feritore, rimessosi subito, si recò spesso a casa del maestro a trovarlo per assicurarsi della sua guarigione. "E un buon giovine" - disse al maestro - "Fallo curare dal miglior dottore che sai, e tutto quello che spendi te lo ritornerò, la tua parcella non sarà insoluta." Non solo provvide alle cure ma lo rimpiazzò a bottega con un suo giovinetto inserviente presso il maestro d'armi. "Avrai un amico per farti compagnia" - disse il maestro - "E speriamo che sia bravo quanto te in cucina". Per parecchi giorni fu inchiodato al letto e non seppe più nulla della sua bella zingara. Certo non poteva sapere che la bella sconosciuta passava spesso per quella via chiedendo sue notizie ai vicini di casa. L'avesse saputo la sua guarigione ne avrebbe giovato, non c'erano dubbi. Pian piano si alzò dal letto e incominciò a muovere i primi passi. Era giovane, si sarebbe ripreso presto. Per un po' fu dispensato da lavori pesanti; il giovinetto inserviente provvedeva con di buona lena; ma quella forzata inattività incominciava a stragli stretto, le forze pian piano ritornavano e i consigli di Monsieur Leduc: Uffa, che noia! Pensò bene di prendere confidenza al tiro con la pistola. Aspettò che un giorno il maestro uscì per faccende sue, corse a preparare la pistola migliore che l'armeria della bottega avesse e rivolto al giovinetto inserviente: "Acqua in bocca con il maestro! Vado in giardino a fare tiri ed esercizi. Prima che rientri sarà tutto in ordine." Un giorno in compagnia del suo nuovo amico, il samaritano che lo aveva accudito, a sua volta guarito completamente alla spalla, si trovarono vicino alla grande villa dove aveva visto l'ultima volta "Apolline", così lei gli aveva detto di chiamarsi e con aria distratta chiede all'amico se conoscesse il nobile proprietario di quella casa. La risposa fu immediata: "No! Ma se proprio lo vuoi sapere posso informarmi!" gli rispose il samaritano. Allora lui gli raccontò tutto, si era invaghito di quella bella zingara. "Sarà senz'altro una domestica, ma amico mio tu ti meriti molto di più!" - disse scherzando il nobile - "Ma sia quel che sia domani ti saprò dire tutto!" Lasciatolo, gli sembrò la giornata più lunga che avesse mai trascorso, il ticchettio della pendola nella sala d'armi, gli sembrò anch'esso nemico. L'indomani come promesso, il nobile samaritano arrivò con notizie:" Mio giovane amico, devi proprio esserti sbagliato, in quella casa ci sono soltanto dei vecchi domestici compresi quelli alle scuderie," - "Eppure io l'ho vista entrare, non mi sono sbagliato.." - ribadì Jean Andrè - "Vuoi la mia opinione?" - disse il nobile - "Ebbene, lei ha visto che la seguivi e si sarà nascosta per non farsi vedere e quando te ne sei andato è sgattaiolata fuori dal suo nascondiglio!" - "L'ho pensato anch'io e mi sono appostato per rivederla uscite, ma così non e stato!" - Riprese l'altro: "Credimi è uscita da un'altra parte, queste dimore hanno sempre una possibilità di fuggire senza farsi notare".
(..continua)