Jacopo Benedetti nacque a Todi nel 1230 da famiglia nobile e studiò legge a Bologna. Ritornato a Todi, esercitò la professione di procuratore e nel 1267 sposò una nobil-donna, Vanna di Guidone, figlia, secondo alcune fonti, di Bernardino, Conte di Col-lemedio o Colledimezzo. La moglie ebbe un anno dopo, durante una tragica circo-stanza, un'influenza decisiva sulle decisioni spirituali di Jacopone. Infatti, nel 1268, mentre assisteva ad una festa dall'alto di una tribuna provvisoria, Vanna morì per il crollo della stessa. Jacopone, accorso affranto presso la consorte morente, scoprì che sotto le vesti, essa portava un tessuto di crine, in segno di penitenza per i peccati del marito. Jacopone rimase sconvolto da questa scoperta e decise di abbandonare la sua professione e di vendere i suoi beni. Per i successivi 10 anni visse secondo le usanze dei terziari francescani e, vestito con un saio, compì delle frequenti penitenze pubbli-che sull'orlo della follia mistica, diventando lo zimbello dei ragazzi di Todi e guada-gnandosi il soprannome spregiativo di Jacopone.
Nel 1278, dopo qualche esitazione egli fu accettato nell'ordine francescano, e si ritirò nel convento di San Fortunato a Todi. Tuttavia, neppure qui ottenne la pace, poiché i suoi confratelli parteggiavano per la corrente dei francescani conventuali, interessati ad un ammorbidimento della dura Regola francescana, mentre le simpatie di Jaco-pone andavano per l'altra corrente, quella degli spirituali, che volevano mantenere lo spirito di povertà e di rinuncia ai beni dell'originario spirito francescano e che furono sempre più perseguitati dalla Chiesa.
Nel 1294 Jacopone fu tra gli spirituali, capeggiati da Angelo Clareno da Cingoli, che chiesero ed ottennero da Papa Celestino V (1294) di poter vivere isolati per praticare l'ascetismo in maniera più incisiva. Tuttavia la situazione cambiò radicalmente con il successore Papa Bonifacio VIII (1294-13039), che annullò e perseguitò gli spirituali.
A questo si aggiunse la malaugurata decisione di Jacopone di schierarsi a fianco dei due cardinali, Jacopo e suo nipote Pietro, membri di quella famiglia Colonna, opposi-trice dei modi e dei metodi, utilizzati da Benedetto Caetani per accedere al soglio pontificio come Bonifacio VIII, dopo il “gran rifiuto” di Celestino V. In particolare essi appesero in tutte le chiese di Roma il 10 Maggio 1297, un manifesto, detto di Longhezza, compilato da Jacopone in persona, che chiedeva la convocazione di un nuovo concilio e denunciava le malefatte di Bonifacio, dichiarato decaduto. Lo stesso Jacopone prese ad attaccare Bonifacio nei suoi versi con una notevole violenza.
Il Papa non fece attendere la sua risposta: scomunicò sia i due cardinali che Jacopone e nel Settembre del 1298 fece espugnare dalle sue truppe la roccaforte della famiglia Colonna, la città di Palestrina. Jacopone fu catturato e imprigionato nella rocca della città dove rimase per ben 5 anni, non potendo usufruire neppure di un perdono in occasione del giubileo del 1300. Infatti, solo dopo la morte di Bonifacio, nel 1303, Ja-copone fu liberato e si ritirò nel monastero delle Clarisse di San Lorenzo di Collazzo-ne, dove morì la notte di Natale del 1306. Egli viene comunemente definito Beato, sebbene un vero proprio processo di beatificazione a suo carico non è mai stato inizia-to. Jacopone è famoso per le sue (circa) 100 laudi (ballate d’argomento sacro) in vol-gare e per gli inni in latino: Stabat Mater Dolorosa e Stabat Mater Speciosa.
Era de stiatta nobbile ‘sto frate
e prima d’esse mònico è avvocato.
Campava co’ licenza e scapestrato,
tra sfarzi, gala e mille buggiarate.
Forte de li quadrini de famija
tirava via la vita a gozzovija.
S’era pijata Vanna de Guidone,
puranco lei ‘ngroppata nobbirdonna,
bella, aggrazziata come ‘na madonna,
ma prena de morale e religgione.
‘Gnisempre la portava ai balli e feste,
senza che lei facesse mai proteste.
Mappoi assuccesse quer brutto fattaccio
de lo sprofonno giù der tavolato,
nermentre c’era un ballo scatenato.
Ce ruzzicò la Vanna ner crepaccio.
Jacopo accorze come ‘n addannato
ma lei je morze senza arpijà fiato.
Ma er fatto che je fece fa’ ‘na svorta
a la sfrenata vita licenziosa,
fu quanno lui s’accorze de la cosa:
pe’ penitenza Vanna s’era avvorta
con un tessuto ruvido de crine.
Je cascò er monno addosso. Fu la fine.
Mo a Jacopone, doppo ‘sto scenario,
co’ ‘sto rimorzo drento pe’ su’ moje,
’na mistica “vocatio” te lo coje.
Se venne i beni p‘annà a fà er terziario.
Attacca a vive in povertà assoluta
e sur passato suo sopra ce sputa.
Cusì comincia ‘na vitaccia dura
tra pinitenze e strambe matterie,
tanto che si passava pe’ le vie,
li regazzini a Todi pe’ tortura
a cojonella urlaveno a schiamazzo:
“Ecchilo. E’ lui, de Gesùccristo er Pazzo.”
Se liticò co’ Bonifacio ottavo.
Poi s’aggregò co’ li Spirituali
e s’associò co’ un par de cardinali.
Je fece er Papa: “Nun hai fatto er bravo
e allora a me me pare che cioccore
de fatte fa’ cinqu’anni su ‘na tore.“
Quanno Caetani morze sortì fora,
e annò a abbitàsse assieme a le Clarisse.
Laudi in vorgare Jacopo ce scrisse
e ‘sta città tuderte sempre onora.
Cusì è affamosa ar monno, co’ allusione:
“Todi città der frate Jacopone”.
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stiatta = schiatta, stirpe
gala = lusso smodato
buggiarate = azioni sciocche
gozzovija = intemperante baldoria
s’era pijata = aveva preso in moglie
‘ngroppata = straricca
prena = piena
sprofonno giù = crollo
ruzzicò = precipitò
addannato = sconvolto
morze = morì
Terziario = terzo ordine di frati Francescani
sputà sopra = rinnegare
cojonella = derisione
Spirituali = frati francescani ispirati all’assoluta povertà
sortì fora = uscì dal carcere
Caetani Benedetto = Papa Bonifacio VIII
assieme a le Clarisse = in un convento di suore
affamosa = nota, famosa
Laude a Jacopone da Todi testo di Pasquino