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Si chiamava Marylou, aveva gli occhi grigi come offuscati da una nube di nebbia fina. Parlava poco, era bella ma fredda, sfuggente, pelle liscia così liscia da sembrare scivolosa. La sua era una bellezza trasparente come l’acqua del lago.
Nessuno la notava veramente.
L’occhio si soffermava per un momento sul suo corpo esile e silenzioso ma subito si distraeva attratto da bellezze più terrene, carnali, che odoravano di prati e frutti.
Non mostrava interesse per le persone che incontrava, era cortese ma parlava il meno possibile, a volte non parlava proprio.
Lavorava all’osteria sul lago, portava pranzi cene e birre agli avventori. La sera stava al bancone e versava gli alcolici ai clienti abituali del pub e alla gente che di tanto in tanto capitava lì per caso.
Dormiva in una cameretta di servizio al piano di sopra, e appena poteva scappava fuori, sulla riva del lago. Guardava l’acqua, ne scrutava le profondità. Solo un quei momenti sembrava serena e il suo sguardo si animava i suoi occhi brillavano seguendo il ritmo delle onde lanciandosi in una danza sfrenata.
Nessuno si chiedeva chi fosse, cosa aspettasse lì su quella riva, in quella taverna sul lago oltre la quale non si era mai spinta e non mostrava interesse a farlo.
Alcuni giorni, d’inverno, con la nebbia la foschia del lago l’umidità, l’aria pungente sfiorava il viso bagnandolo. In quei giorni Marylou era silenziosa, più del solito, schiva, tentava disperatamente di essere invisibile. Ma la padrona della taverna, la Signora Carmela, la guardava. E la sua presenza in quei giorni le gettava addosso una tremenda, insostenibile malinconia.
Quando la vedeva aggirarsi tra i tavoli vuoti, affacciarsi alle finestre e guardare nella foschia, ignorando il fuoco e il tepore del camino, evitandolo, Carmela veniva aggredita da una stretta al cuore e allo stomaco, un dolore lancinante che percepiva fisicamente, come un cazzotto dritto in petto. Le tornava in mente la sua vita, sua madre, la sua bambina morta ancora nel liquido amniotico dentro al suo ventre. Quella sensazione di estrema malinconia, di vuoto, di presente immerso in un passato tormentoso, nel totale annullamento del futuro del sole di un momento di pace di luce, le facevano perdere le sfatte e con una rabbia che le esplodeva da dentro la pancia urlava disperata cercando si buttare fuori il suo dolore, urlava contro Marylou e la buttava fuori: “ e non ti azzardare a rientrate fino a che non ti sarai levata quella faccia di morta dal volto”.
Marylou usciva senza protestare e a Carmela tornava il calore nelle vene, la vita le si risvegliava nel petto, e prendeva un sospiro di sollievo.
Un giorno un giovane capitò alla locanda. Era un giovane molto giovane, con un viso buono e un gran cuore.
Alloggiava in un ostello sul lago insieme ai suoi compagni, erano atleti e si allenavano ogni mattina sulla riva del lago, correvano tutto il giorno. Alla sera il giovane entrava nella locanda solo e ordinava del thè e un pasto caldo.
Con lui Marylou era gentile, gli portava il suo piatto fumante e sorrideva, il suo sorriso delicato, caldo e salato come una lacrima.
Il giovane era affascinato da quella figura così sfuggente, dolce e misteriosa.
Chiese di lei a Carmela, che gli disse: “ è una brava ragazza ma nessuno sa niente di dove viene, i vecchi la chiamano la ragazza del lago, si dice che non si sia mai allontanata sa questa riva”.
Un giorno il giovane prese una pausa dalla corsa ed arrivò alla locanda di mattina. Tirava vento quel giorno, l’aria era fredda fuori. Il lago placido silenzioso e geloso dei suoi misteri vegliava le sue rive. Il giovane guardava l’acqua, le onde e rifletteva. Il lago non ti coinvolge, non ti chiama. Ti spinge fuori, ti tiene lontano, e quello che tiene nascosto sepolto lì sotto lo custodisce come un segreto.
Vide Marylou sulla riva, ferma. Infilò il giaccone e uscì per raggiungerla. Voleva parlarle, chiederle di lei. Si avvicinava speranzoso, il cuore gli batteva forte, più forte di quando correva. Lei si girò leggermente, lo vide con la coda dell’occhio ma non fece nulla, anzi tornò a dargli le spalle, lentamente. Lui si avvicinava ma sembrava che fosse sempre più lontana. Accelerò il passo, quasi correva e le andava incontro allarmato come se temesse di non riuscire a raggiungerla. Aveva ragione. La vide fare un passo verso il lago, verso l’acqua, e in un attimo era scomparsa, come risucchiata sprofondò giù.
Il giovane si ritrovò solo sulla riva del lago, e sentì forte un senso di solitudine, di vuoto, l’insensatezza della sua corsa. Era lì solo, forse lo era sempre stato.