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Mi dispiace
ma poi neanche troppo
la tua faccia mi urta
come un treno che vedo
mentre corro sui binari
e cerco di raggiungere
con borse, valige, scarpe
piene di ciottoli e desertiche spugne
e tu sei lì, al finestrino
mentre arranco con tutto il peso
e tu piangi del tuo destino
così ingiusto, così perfido
con la faccia bagnata
di lacrime coccodrillesche
nel corretto senso di farsesche
La faccia di chi è giusto
solo con le proprie scarpe
che mangia dal piatto degli altri
e poi ricomincia a far scarpetta
e si lagna del servizio
mentre intorno tutto crolla
e la gente muore di vergogna
Per cui mi spiace
- ma poi non tanto -
ma la tua faccia da cu*o
non la voglio neanche incrociare
nell’icona del mio pc
nella dannata riunione in Meet.
