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Mi sento intrappolato
tra respiri che non mi appartengono,
un odore di inquietudine che invade il confine
tra carezza e ferita
che si insinua nelle stanze che dividiamo
ma sono piene di porte,
di silenzi appesi come quadri storti,
e io speranzoso che cadano
li fisso come un oracolo
in cerca di un eco che non arriva.
Mi sento plasmato
nelle mani di chi non sa mollare,
nelle labbra di chi non sa discernere,
che si incurvano in sorrisi che sanno di veleno dolce
e agiscono con dita che parlano più di mille confessioni,
ma nessuno di noi osa urlare
per paura che il castello crolli.
Mi sento stretto
tra universi che non si guardano
e ballano masochisti su un equilibrio che vibra,
ma non cede,
un gioco che brucia anche quando è fermo
e si anima nella notte,
complice,
che ci spia da lontano
e sorride del nostro kabuki di ombre,
di colpe sbraitate,
di vane speranze.
Mi sento come se dovessi fare una scelta,
ma non ho idea di quali siano le opzioni.