L'alloggio.

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Testo: L'alloggio.
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L’ALLOGGIO.

 – Finalmente. Era ora che anch’io avessi la mia giusta lapide con tanto di foto e date; guardate gente. Per carità, niente d’eccezionale: un bel marmo bianco e lettere bronzate, però non sfiguro. Cosa ne dite?
– Hai voglia. Sei l’ultimo arrivato, e già pretendi di far parte di questo angolo per il riposo destinato alle tombe delle famiglie importanti. Puoi ritenerti fortunato. Avete rimpiazzato una fatiscente sepoltura, della quale non si occupava più nessuno, per intrufolare questa banalità di biancore che prende la vista.
– Eh no! L’hanno pagato profumatamente il rettangolo di terra; d’altro canto, ora siamo noi il meglio della società, quindi, ci spetta di diritto e ceto un posto in prima fila. Altrettanto a teatro.
– Che significa ciò? Adesso sono i soldi a fare il censo? Come siete… banali. E anche piuttosto maleducati. Invadete luoghi impudentemente con cognomi estranei e architetture mediocri. È a dir poco vergognoso.
– Parla lui! Con ‘sto mausoleo grigio, e quei due obelischi fine ottocento, chi volete imitare? I faraoni? Eravate spudorati da vivi e continuate a esserlo da morti. Fanfaroni!
– Senti, senti. Ora persino le pulci si mettono a urlare? A malapena i vostri nonni sapevano firmare, siete senza passato e, superbi, volete elevarvi. Ma fate il piacere di stare almeno silenti. Eppoi con quelle facce da contadino, dal seme terroso, che vi portate appresso…
– Ciance. Con quell’antipatico mezzo sorriso stampato sulla bocca. Fa la figura del baciapile con: “Devoto marito, padre amorevole e cristianissimo esempio”. Chissà quante ne avrà combinate?
– Ottuso che non sei altro! Come ti permetti?
Ma una voce si levò dal riquadro ridondante dei caduti in guerra.
– A chi volete che importi il nostro stare? Campagnoli o cittadini, nobili o delinquenti, giusto godiamo della labile memoria agli occhi di chi ci rasenta. I nomi finiscono nell’oblio e tutti diventiamo santi.
Il brusio riaffollò i vialetti della città dei morti, incroci in cui è facile perdersi se non sei del luogo.

L'alloggio. testo di natostanco
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