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Avere una madre chiromante non è cosa comune a tutti e Austin lo sapeva.
Col passare degli anni, la convinzione che quella seduta nella loro casa estiva fosse stata foriera di avvenimenti, si faceva via via più solida.
Di ragazze bionde, nel New Hempshire ce n’erano a iosa ed averne sposata una non costituiva di per sé un fatto eccezionale, ma era pur sempre una predizione azzeccata.
L’aver avuto tre figlie femmine dopo la scomparsa della madre stessa era però qualcosa di più di una semplice coincidenza, tantochè Austin aveva decretato che anche la terza ed ultima predizione non avrebbe potuto non avverarsi.
Certo, bisognava avere pazienza per vederla realizzata: prima gli studi, direbbe il buonsenso, poi avrebbero potuto formare la loro band.
Ma Austin, di pazienza, ne aveva poca. In fondo, quali nozioni sarebbero realmente servite ad una rock band di successo, al di là di qualche basilare nozione di musica?
Il tempo per farsi una cultura generale da autodidatte lo avrebbero forse trovato, sempre che ne avessero avuto voglia e che la musica glielo avesse concesso.
Dorothy era la più intraprendente ed ambiziosa delle tre, il ritiro dalla scuola non fu, per lei, motivo di frustrazione: la fiducia che riponeva nel padre le faceva pensare, con cauto ottimismo, che il loro destino fosse già scritto e che dunque non ci sarebbe stato nulla di cui preoccuparsi.
“Possiamo farcela”, ripeteva alle sorelle, più dimesse e meno fiduciose.
[...]
A Fremont, New Hampshire, comune di poco più di quattromila anime, la sala del municipio era gremita.
Le ragazze, annunciate come le future regine del rock, in realtà conoscevano i loro limiti, tuttavia confidavano nella pietosa benevolenza dei loro concittadini. Dal canto loro, avrebbero fatto di tutto per non deluderli.
L’atmosfera era indecifrabile, tra lo speranzoso ed il disilluso, gli strumenti erano collegati a quegli amplificatori da quattro soldi e la sala consigliare era divenuta l’epicentro della cultura.
Dorothy, Betty ed Helen erano consapevoli che quella forzatura non sarebbe stata possibile se il loro padre non fosse stato l’uomo d’affari più stimato della città.
L’orgoglio si mescolava all’imbarazzo; le amichette, gli amichetti, i compagni di scuola, i tanti curiosi... tutti erano lì per loro, per ascoltare quelle ragazzine goffe ed impacciate diventate improvvisamente promesse della musica.
“Dai ragazze, senza paura!” gridò Dorothy un attimo prima dell’ingresso sul palco.
E all’improvviso gli applausi, le luci, gli sguardi che si riversarono su di loro, uniche protagoniste, enfatizzarono quella preoccupazione che all’improvviso dovettero affrontare.
Col cuore in gola e la vergogna in corpo, attaccarono in contemporanea; Dorothy cercò di cucire assieme, con le sue schitarrate approssimative e con la sua voce, il suono distorto della chitarra di Betty ed i colpi sui tamburi di Helen, talvolta accelerati, talvolta rallentati.
Dopo un minuto di osservazione, cominciavano a trapelare i primi sorrisi tra gli spettatori, ma guai ad interpretarli come gesti di disagio. Le canzoni si susseguivano e quei testi che tra le mura della loro cameretta apparivano così naturalmente adeguati, all’improvviso, pronunciati davanti a mille persone, si rivelavano puerili e ridicoli.
Dorothy, che fino a quel momento non volle scorgere le espressioni nel volto della gente, non potè fare a meno di notare le risatine, gli sguardi complici e divertiti e l’abbandono della sala da parte di qualche concittadino.
Con una lacrima in bilico sulla palpebra inferiore, si voltò verso le sorelle, guardò il loro viso contratto e fece loro un cenno di rassegnato incoraggiamento.
“Coraggio ragazze, sappiamo bene che la nostra strada è tracciata, quindi diamoci dentro e facciamo del nostro meglio. Sappiamo bene che nessun discografico potrà resistere ai quattrini che nostro padre è disposto ad offrire, sappiamo bene che nessun tecnico di sala avrà abbastanza fiato da opporgli… e sappiamo bene che opporsi al destino è la cosa più pericolosa che si possa fare. Per cui, ragazze, diamoci dentro!”
In questo modo, più o meno, dovevano suonare quelle parole non dette.