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Era lì seduta,
spalancati occhi e ansante respiro.
Era lì seduta,
non s'accorgeva dei fili
che la trascinavano giù,
perché era già immersa
nella gabbia,
i fili erano materiale (d'Essa)
essere impossibili in quel momento
anche solo respirare.
Era lì seduta,
piangente, inalando fiato morente,
non si poteva ahimè trovar soluzioni,
non si poteva proprio,
anche perchè non si sarebbero
potuti trovare granchè dei paroloni,
descrizioni nulle giacevano attorno a lei,
o nel suo cuore, nella mente di altri.
Era lì seduta,
sconvolta bocca aperta,
odori nell'aria di se stessa,
nauseante per lei,
ma la mente la imprigionava ancora:
impotente si faceva piccolina,
spingendosi indietro come un uccellino.
Era lì seduta,
al di sotto del tavolo,
ginocchia strette al cuore,
un organo i cui battiti erano
un pendolo che aveva perso il proprio tempo,
un oggetto che aveva vissuto in un limbo eterno
e non sapeva più quale strada intraprendere.
Era lì seduta,
non stava assai bene, questo si sapeva,
un mammino suo (sua mamma) in attesa,
col nomignolo incastrato in gola (di sua mamma) e
nell'aria respirare, parole nel vuoto,
impotente aiuto annegava e basta.
Era lì seduta,
sotto tetto tavolo legno,
manine attorno a un corpicino tremante,
aveva freddo
nel respiro caldo del calorifero,
stringeva a se stessa (si)
solo il filo della gabbia mortifero
in cui Ella viveva.
Era lì seduta,
impotente attacco di panico,
galoppante dell'ansia (un cuore)
un prato nero attorno alla mente.
Era lì seduta:
nessuno salvarla chi può,
improbabile lei stessa da sola,
ma sospiri veloci divennero neve tra i denti,
lingua attorcigliata a sé,
e frammenti rinvennero dalle potenti lapidi
passato fastidioso assai (del)
e lei, come un uccellino
il cui nome Libertà (era),
ritornò a inalare immensa magia,
come una neonata imparando a gattonare.