Contenuti per adulti
Questo testo contiene in toto o in parte contenuti per adulti ed è pertanto è riservato a lettori che accettano di leggerli.
Lo staff declina ogni responsabilità nei confronti di coloro che si potrebbero sentire offesi o la cui sensibilità potrebbe essere urtata.
Se non avete mai dovuto provare la differenza tra un’insalata di tonno e una scatoletta con l'etichetta "Eleganza felina: Ocean Dream", congratulazioni: avete ancora la vostra dignità. La mia se n’è andata circa due anni fa, quando la "specialista di transizione" ventenne delle Risorse Umane mi ha spiegato che i miei trentatre anni di esperienza nella programmazione erano diventati "conoscenza obsoleta" e che l'azienda stava "virando verso nuove prospettive".
“Prospettive nuove” significava Kean, uno stagista che indossava berretti in ufficio e usava frasi come "controllo dell'ambiente". Kean, che aveva bisogno che gli spiegassi gli algoritmi di ricerca binaria tre volte; Kean, che mi aveva inviato una richiesta di contatto su LinkedIn il giorno dopo che ero stato scortato fuori dall'edificio con la mia tazza da caffè di Superman e il bonsai che tenevo sulla scrivania.
Ed eccomi qui, a sessantasette anni, a vivere con una pensione così inadeguata che in Corea del Nord farebbero una rivolta. La transizione finanziaria da "rispettabile programmatore senior" a "tecnicamente non senza fissa dimora" è avvenuta con la stessa grazia di una giraffa sui pattini a rotelle.
"È solo un temporaneo tirare la cinghia", mi sono detto a gennaio, mentre raschiavo la brina dal parabrezza dell'auto con una tessera del supermercato scaduta. Ad aprile, avevo imparato l'arte di calcolare la spesa per caloria con la precisione di un foglio Excel. A giugno, avevo scoperto l'oscuro segreto che i supermercati vogliono tenere nascosto: il cibo per gatti è fondamentalmente tonno con look differenti.
"La consistenza è un po' strana", spiego a Timer, il persiano del mio vicino che viene a trovarmi ogni giorno, soprattutto per giudicare le mie scelte di vita. "Ma ci si fa l'abitudine." Timer mi fissa con quel particolare disprezzo felino che riserva agli umani completamente fuori controllo.
L’appartamento dove vivo in affitto, descritto nell'annuncio come "accogliente" ma che sarebbe più giusto definire un ripostiglio con manie di grandezza, offre poche distrazioni dai miei esperimenti alimentari. Le pareti sono beige, la moquette è beige e, quasi tutti i giorni, la mia vista è beige.
Ecco perchè la bacheca della comunità nell'atrio della sala comunale ha attirato la mia attenzione: un volantino verde annunciava il concorso settimanale di racconti brevi della biblioteca locale. "Premio da 50 dollari!", urlava in Tahoma, l'equivalente tipografico di un disperato SOS.
Cinquanta dollari. Per la gente, due settimane di cibo normale.
"Quanto potrà essere difficile scrivere narrativa?" borbottai, calcolando che decenni di programmazione di algoritmi complessi mi avrebbero sicuramente qualificato per mettere insieme qualche migliaio di parole sui sentimenti e roba del genere. In fondo, un codice è solo sintassi, logica e debugging. Per le storie è fondamentalmente lo stesso, solo che i bug sono chiamati "buchi di trama" e gli utenti "lettori".
Ho strappato una di quelle piccole etichette di carta con l'indirizzo email e me la sono infilata in tasca, accanto allo scontrino del mio ultimo degradante acquisto: il nuovissimo gusto sensazionale di “Eleganza Felina: Lusso in giardino”. La cassiera ha avuto il coraggio di chiedermi se il mio gatto preferisce il pollo o il pesce.
"Oh, ha gusti molto particolari", ho risposto con la mia espressione più dignitosa. "Ha studiato a Parigi."
Mentre salivo i quattro piani che mi separavano dal mio appartamento (l'ascensore era perennemente "in manutenzione"), formulai il mio piano geniale: avrei scritto un racconto così avvincente, così straziante che i giudici della biblioteca non avrebbero avuto altra scelta che assegnarmi il premio. Il mio stomaco brontolava per l'attesa, o forse protestava per quello che stava per ricevere.
Timer mi stava aspettando fuori dalla porta. La sua espressione suggeriva che sapeva esattamente cosa c'era nella borsa della spesa e che era personalmente offeso dal fatto che non volessi condividerlo con lui.
"Non questa volta, amico", gli dissi, aprendo la porta. "Tengo queste prelibatezze per me. Ho una carriera letteraria da alimentare."
******
Il passaggio da programmatore a genio letterario è stato fluido quanto cercare di scaricare qualcosa da Internet con un modem dial-up. Il mio primo tentativo di narrativa è stato aprire un documento vuoto di Word, fissarlo intensamente finchè gli occhi non si seccavano, poi digitare "Fine" e definirlo minimalismo sperimentale.
La mia postazione di scrittura consisteva in un tavolo da gioco con una gamba leggermente più corta delle altre, rialzato tramite una pila di manuali di programmazione che erano diventati rilevanti per l'informatica moderna quanto le tavolette di pietra. Su questo traballante santuario dell'obsolescenza avevo posizionato il mio vecchio portatile, con la ventola di raffreddamento che strideva come un trapano da dentista ogni volta che aprivo più di due schede del browser.
"Scrivere è come programmare" mi sono detto, aprendo la mia terza scatoletta di cibo per gatti della giornata (“Eleganza felina: Medley di mare”, che in gergo di marketing significa "parti di pesce che non siamo riusciti a identificare"). Si inizia con una funzione, cioè un personaggio, si definiscono delle variabili, cioè delle motivazioni, e poi si esegue un ciclo, cioè una trama.
Il mio primo racconto completo è stato un manifesto di dodici pagine su un genio incompreso che inventa un algoritmo che si evolve fino a raggiungere la sensibilità umana e si vendica delle multinazionali americane. L'email di risposta della biblioteca è arrivata con la velocità e la misericordia di una ghigliottina:
“Gentile collaboratore, grazie per il tuo contributo. Abbiamo apprezzato la tua creatività, ma la tua storia non era adatta al nostro concorso. Ti invitiamo a riprovare la prossima settimana!”
Traduzione: "Siamo preoccupati per la tua salute mentale e forse anche per la tua fedina penale."
Ho modificato il mio approccio. Settimana dopo settimana, ho creato storie con tentativi sempre più disperati di intuire cosa volessero questi misteriosi giudici; ho scritto storie romantiche (l'interesse amoroso del mio protagonista era pericolosamente simile a quello della mia ex moglie), ho scritto gialli (era stato il maggiordomo, perchè gli avevano tagliato la pensione), e ho scritto fantasy (un mondo magico in cui la previdenza sociale copriva davvero le spese di sostentamento).
Un rifiuto dopo l'altro si accumulava nella mia casella di posta. Nel frattempo, il vincitore settimanale veniva sempre annunciato con elogi entusiasti: "Congratulazioni a Marylin Dawkins per il suo toccante racconto 'Whiskers nel tempo’, su un gatto che viaggia nell'Inghilterra vittoriana e risolve un omicidio!"
Marylin, sempre Marylin. Con le sue fantasie di viaggi nel tempo e la sua grammatica incredibilmente perfetta. Mi ero fatto un'immagine mentale di Marylin: sulla sessantina, capelli argentati, avvolta in un cardigan, mentre sorseggia tè in tazze di porcellana fine e accarezza un gatto con un nome pretenzioso tipo "Mr. Darcy".
Al cinquantaduesimo invio, ero convinto che il concorso fosse truccato. Al settantottesimo invio, avevo elaborato una teoria del complotto secondo cui Marylin sarebbe stata l'amante segreta del direttore della biblioteca. Al novantasettesimo invio, avevo riempito tre quaderni con l'analisi dei racconti vincitori, cercandone gli schemi ricorrenti come un detective letterario squilibrato.
Fu allora che il mio cervello da programmatore entrò in azione: se si trattava di un sistema, poteva essere hackerato. Se c'era uno schema, poteva essere decifrato. Passai tre giorni senza dormire, creando quello che in seguito avrei chiamato "Prose 9000".
La mia creazione era splendida nella sua semplicità: un'intelligenza artificiale addestrata su due anni di storie vincenti di concorsi per biblioteche. Le ho dato in pasto ogni frammento disponibile: biografie degli autori, commenti dei giudici, temi dei racconti. I risultati sono stati illuminanti.
Secondo la sua analisi, le storie vincitrici contenevano:
- Una protagonista femminile (73% dei vincitori)
- Un animale con qualità simili a quelle umane (82%)
- Una scena di pianto (91%)
- Una rivelazione sul “vero significato” di qualcosa di astratto come l’amore o il coraggio (100%)
"Allora è questo il tuo gioco, Marylin", sussurrai al mio appartamento vuoto, con gli occhi iniettati di sangue. "Ma a questo gioco si può giocare anche in due."
Timer mi osservava dal davanzale della mia finestra, con la coda che si muoveva in quello che poteva essere interpretato come un segno di sostegno alla mia ribellione letteraria oppure di preoccupazione per il deterioramento della mia sanità mentale.
"Non guardarmi così", gli dissi. "Non è una follia. È una strategia." Feci schioccare le nocche e iniziai a digitare il mio capolavoro: "L'ultimo gatto sulla Terra".
******
Lasciate che vi racconti cosa succede quando una pensione disperata incontra l'intelligenza artificiale e uno stomaco pieno di cibo per gatti "Eleganza Felina: Trionfo di tonno". È come assistere a un disastro ferroviario al rallentatore, solo che il treno è la vostra dignità e i binari sono ciò che resta del vostro amor proprio.
Nelle successive settantadue ore, io e Prose 9000 sviluppammo una malsana relazione di codipendenza: avevo dimenticato cosa fosse il sonno. Il mio appartamento si era trasformato in quello che gli investigatori della scientifica definirebbero "un ambiente disturbante": lattine vuote di cibo per gatti formavano stalagmiti di alluminio intorno alla mia sedia, aloni di caffè sovrapposti su ogni superficie come loghi olimpici fuori controllo.
"L'ultimo gatto sulla Terra" nacque dalla nostra collaborazione come una farfalla da una crisalide (se le farfalle avessero un vago odore di pesce lavorato). Era la storia di Survivor, l'unico felino sopravvissuto a un'apocalisse che, per pura coincidenza, ha eliminato solo umani e cani. Un viaggio emotivo? Fatto. Una sola scena di pianto? Fatto. Un momento in cui il gatto realizza il "vero significato dell'amore"? Fatto.
Il mio rapporto con il portatile si era evoluto al punto che sussurravo dolci parole al suo processore. "Solo un po' più di RAM, tesoro, ci siamo quasi", tubavo mentre lo imboccavo con il DNA letterario di Marylin.
Il prodotto finale fu un mostro di sentimentalismo alla Frankenstein, cucito insieme da analisi algoritmiche e alimentato dal mio ardente desiderio di un po’ di cibo umano. Premetti "Invia" alle 5.45 del mattino, poi mi accasciai a faccia in giù sulla tastiera, lasciandomi sulla fronte un'impronta che non sarebbe svanita per tre giorni.
L'email arrivò esattamente una settimana dopo, mentre ero impegnato nella dignitosa attività di cercare di stabilire se "Eleganza Felina: Sorpresa al salmone" fosse scaduta o se avesse semplicemente un odore naturale simile all'ascella di una sirena.
Iniziava con un messaggio già diverso dal solito rifiuto automatico "Caro collaboratore": "Caro Jim". Il mio battito cardiaco accelerò ai livelli di un colibrì.
“Siamo lieti di informarti che il tuo racconto "L'ultimo gatto sulla Terra" è stato selezionato come vincitore di questa settimana! Ti preghiamo di presentarti in biblioteca questo venerdì alle 18.00 per ritirare il premio e incontrare la nostra giuria.”
Fissai lo schermo così a lungo che il mio portatile andò in stand-by, poi premetti la barra spaziatrice in preda al panico per assicurarmi di non aver avuto un'allucinazione completa. Le parole rimasero. Avevo vinto. Avevamo vinto NOI: io e Prose 9000, il duo di manipolatori di concorsi per biblioteche.
Feci quello che avrebbe fatto qualsiasi persona ragionevole e assennata: eseguii una danza della vittoria con tale entusiasmo che spinsi la signora del piano di sotto a battere il soffitto con un manico di scopa. Timer, che aveva scelto proprio quel momento per venire a trovarmi, osservò la mia celebrazione con l'interesse distaccato di un gatto che si chiedeva se stessi avendo una crisi epilettica o fossi semplicemente il solito deficiente senza speranza.
Ma la mia euforia durò circa diciassette minuti, fino a quando non arrivai al secondo paragrafo: "Siamo anche entusiasti di invitarti a partecipare al nostro ‘Circolo degli Autori Locali’ subito dopo la cerimonia di premiazione, dove potrai discutere del tuo processo creativo e delle tue fonti di ispirazione."
Il mio "processo creativo"? E cosa avrei dovuto dire? "Beh, ho creato un'intelligenza artificiale rudimentale per analizzare i vostri schemi di giudizio perchè ero convinto che foste tutti nelle mani di Marylin Dawkins, poi ho praticamente lasciato che un programma mi dicesse cosa scrivere così da potermi permettere Whiskas invece di ‘Eleganza Felina: Sorpresa al pollo’?"
Sprofondai in un panico così intenso che per un attimo mi diede la capacità di parlare con un gatto. Timer ed io abbiamo condiviso un momento di terrore esistenziale prima che lui tornasse a leccarsi la coda, la sua risposta standard a tutte le sfide della vita.
Venerdì si avvicinava alla velocità di un camion in autostrada. Ripassai le bugie allo specchio del bagno: "La mia ispirazione? Mi è venuta in sogno" (troppo cliché). "Traggo ispirazione dall'esperienza umana" (troppo pretenzioso). "Canalizzo le voci dei miei antenati" (troppo psicologico).
La sera prima dell'evento mi fermai davanti al mio armadio, riflettendo su cosa indossare sia per accettare la vittoria che per commettere una frode letteraria. Alla fine optai per un abito da "funerale di un lontano parente": abbastanza elegante da mostrare rispetto, ma non abbastanza da far pensare che ti aspetti un'eredità.
Quella notte, mentre mi addormentavo, con Timer rannicchiato ai miei piedi come un giudizio peloso, ebbi la sconcertante consapevolezza che forse ero inciampato accidentalmente in una nuova carriera: quella di truffatore nello spietato mondo dei concorsi di racconti delle biblioteche di provincia.
******
La biblioteca si ergeva davanti a me come un Monte Fato letterario. Stringevo nella mano il mio assegno da cinquanta dollari (sì, cartaceo: a quanto pareva la biblioteca non aveva ancora scoperto l'online banking, proprio come io non avevo scoperto la dignità).
Il "Circolo degli Autori Locali" si era rivelato composto da quattro sedie pieghevoli lungo una parete della sala comune della biblioteca. Un pubblico di circa ventisette persone sedeva di fronte in file ordinate; riconobbi subito i miei tre colleghi. Un uomo barbuto con una giacca di tweed e toppe sui gomiti, così accademico da sembrare quasi un professore a tempo indeterminato; una giovane donna con i capelli rosa e più piercing sul viso di quante porte avesse il mio portatile. E infine eccola lì, Marylin. La mia nemesi. La mia balena bianca. La distruttrice di sogni e apparentemente regina del circuito dei concorsi di racconti della biblioteca.
Indossava un cardigan ricamato con dei gatti (ovviamente), e mi sorrise con il calore di chi non sospettava minimamente che avessi creato un'IA appositamente per sconfiggere il suo regno del terrore letterario. I suoi capelli argentati erano davvero immacolati: ho subito odiato quanto assomigliasse esattamente alla mia immagine mentale.
Carola, la bibliotecaria che mi aveva chiamato per darmi la buona notizia, ci fece assistere a un tiepido applauso che produsse lo stesso suono della pioggia su un tetto di lamiera.
"E infine, Jim Fulton, il nostro nuovo vincitore con il suo toccante racconto 'L'ultimo gatto sulla Terra'!"
Salutai goffamente, come un uomo che viene identificato durante un confronto con la polizia e che vuole apparire innocente nonostante le circostanze. Qualcuno in fondo alla sala starnutì. Forse fu quello il momento clou della mia presentazione.
I primi trenta minuti sono stati un turbinio di pretese letterarie così dense che si sarebbe potuto spalmarle sul pane tostato. “Giacca di Tweed” ha fatto riferimento a Proust e Joyce come se fossero vecchi compagni di bevute; “Capelli Rosa” ha parlato del suo "processo organico" che prevedeva di scrivere solo durante specifiche fasi lunari. Marylin ha condiviso aneddoti commoventi su come le sue storie le venissero in mente mentre lavorava a maglia.
Poi Carola si è rivolta a me con un sorriso che lasciava intendere che fosse il mio turno di inventare stronzate creative. "Allora Jim, cosa ti ha ispirato per la tua bellissima storia? I giudici sono rimasti particolarmente colpiti dal percorso del tuo protagonista."
La bocca mi si seccò. La stanza sembrò inclinarsi leggermente. In quel momento, sentii l'unica cellula cerebrale rimasta che cercava furiosamente una risposta appropriata, come un criceto in preda al panico sulla sua ruota.
"Davvero?" mi sentii dire, come se stessi osservando dall'esterno del mio corpo. "La verità è che mi sono stancato di mangiare cibo per gatti e ho costruito un robot che scrivesse per me."
Il silenzio che seguì fu così assoluto che si sarebbe potuto sentire un granello di polvere atterrare su un batuffolo di cotone. L'orologio di qualcuno ticchettava. Da qualche parte, a chilometri di distanza, una farfalla probabilmente batteva le ali.
Poi Marylin sbuffò. Il che fece ridacchiare Capelli Rosa. Il che fece scoppiare Giacca di Tweed in una risata così improvvisa da far sussultare la donna in prima fila, facendole cadere gli occhiali da lettura.
"Questa è... questa è la cosa migliore che abbia sentito oggi", ansimò Marylin, asciugandosi gli occhi. "Cibo per gatti! Un robot! Oh mio Dio."
Pensavano che stessi scherzando. Pensavano che si trattasse di una sorta di umorismo arguto e autoironico da parte di un genio creativo come me. Anche il pubblico stava ridendo, un'ondata di divertimento che in qualche modo ha trasformato la mia patetica confessione nel momento clou della serata.
"Raccontaci di più su questo 'robot'!", gridò qualcuno dall'ultima fila.
Così ho fatto. Ho spiegato Prose 9000 con dovizia di particolari tecnici. Ho spiegato loro le mie teorie del complotto sul concorso. Ho confessato la mia dieta a base di cibo per gatti di dubbia qualità. Non mi sono trattenuto, pensando che se fossi crollato tanto valeva farlo in modo spettacolare, come un computer equipaggiato con Windows Vista.
******
Tre giorni dopo, la mia intervista in podcast è diventata virale su Internet. Due settimane dopo, avevo un blog con diciassettemila followers. Un mese dopo, vendevo tazze con la scritta "Scritto dall'intelligenza artificiale, approvato dalla fame".
Ma ecco il colpo di scena: mangio ancora cibo per gatti. Non perchè sia obbligato (il blog ora genera addirittura discrete entrate pubblicitarie), ma perchè ci ho preso gusto. Il martedì "Eleganza Felina: Trionfo di Tonno" è una tradizione nel mio appartamento. Timer si unisce a me a volte, anche se insiste per mangiare dalla sua elegante ciotola di ceramica mentre io uso la tazza scheggiata con la scritta "Il programmatore più bravo del mondo".
Ora io e Marylin ci incontriamo per un caffè ogni settimana, dove lei condivide schemi di lavoro a maglia e io spiego come ho addestrato un'intelligenza artificiale a imitare il suo stile di scrittura. Stiamo collaborando a un libro per bambini su un robot che sogna di diventare un gatto.
La vita è così strana… un momento stai riflettendo sul rapporto costi-benefici del tonno scaduto, e un attimo dopo sei una piccola celebrità di Internet con un marchio costruito su un'onestà involontaria. Se c'è una morale in tutto questo io non l'ho ancora trovata, anche se Prose 9000 suggerisce che riguardi "l'inaspettato viaggio alla scoperta di sé attraverso l'innovazione tecnologica e la sperimentazione alimentare."
Ma cosa ne sa un'intelligenza artificiale di lezioni di vita? Quasi quanto un programmatore in pensione che ancora non sa distinguere tra una "Delizia di salmone" in scatola e un salmone vero.
Quasi.