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Un taglio di luce li scisse,
come se il giorno avesse deciso
di non credere più all’ombra unica.
La sala era fredda,
e il bisturi tracciò un confine invisibile:
non sangue soltanto,
ma un futuro diviso in due correnti.
Uno scivolò tra torri di vetro,
nutrendosi di specchi e orologi,
dove il tempo si piega per farsi ricchezza,
e la folla lo applaudiva
senza mai toccarlo davvero.
L’altro cadde nel respiro del deserto,
tra pozzi segreti e costellazioni mute,
dove il vento scolpisce regni di sabbia
e la solitudine si fece corona
portata con occhi trasparenti.
Nessuno dei due sapeva dell’altro,
eppure nei sogni compariva
un volto identico e ignoto,
una voce che parlava sott’acqua,
chiamandoli senza lingua né patria.
Così vissero lontani,
entrambi baciati da una fortuna estranea,
come se la stessa moneta
avesse deciso di cadere in due tasche diverse.
E nel silenzio notturno
una vena invisibile li richiama ancora:
due metà dell’impossibile,
due corridoi paralleli,
che respirano nello stesso sogno
senza mai incontrarsi davvero.