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Il signor Rosmarino lo conosciamo tutti.
Spesso s’erge cespuglioso a ridosso di un muro che guarda a mezzogiorno nelle assolate case di campagna, ma non disdegna nessun luogo e si ambienta bene ovunque, s’accontenta pure di un vaso.
Lo chiamano anche rugiada di mare, rosa di mare o arbusto di mare. Di mare per i suoi fiori che credo abbiano implorato cielo e terra per essere azzurri, di quell’indaco posseduto d’arcobaleno.
È un aroma che usiamo molto in cucina per insaporire tantissime pietanze, ha la generosità di rendere ogni piatto saporito e più digeribile, ma possiede tantissime altre proprietà.
Non è solo una pianta aromatica, è anche un’officinale.
La cosa che più mi attrae del rosmarino è che è un tonico per la mente: è utile per migliorare la concentrazione e la memoria. Ci riesce effettivamente stimolando il sistema circolatorio e portando quindi più ossigeno al cervello. Un infuso di rosmarino diventa curativo, scrigno prezioso. Dentro di me penso che, quando lo si beve con consapevolezza, diviene un memoriale.
Sorseggiarlo e fare memoria, sorseggiarlo e riassaporare, sorseggiarlo e recuperare.
Nel lasso di tempo di una tazza di infuso puoi ritrovare un sentimento perduto, un dettaglio felice, un sospiro trattenuto, una parola curatrice.
Ricordo ora le parole di Ofelia, nell’Amleto, mentre porge un rametto di rosmarino a Laerte: “Ecco del rosmarino, questo è per la rimembranza; vi prego, amore, ricordate...”
Ho letto pure che nell’ ottocento si pensava che i suoi fiori, posti a contatto con la pelle, all’altezza del cuore, donassero la felicità.
Magari fosse davvero così, la felicità sembra sempre sfuggirci.
Mio padre scriveva, quand’era un giovane uomo in cerca d’amore, che la felicità è l’ultima stella che guardi di scorcio. Solo a voltarsi, riprende il suo giro.
Di certo, il gesto di appoggiare dei fiori al cuore, è di per sé realmente appagante.
In giardino ho una pianta di rosmarino che ha 23 anni, ma sono sicura che molti giardini sono abitati da cespugli ancor più longevi. Mi piace pensare che sia il custode del mio amore, credenza che mi ha inculcato la madre di mia madre, Gina, che si è raccomandata che lo piantassi in tempo, dicendomi anche che dovevo prendermene cura, per sempre.
Un modo dolcissimo per inculcare la speranza, purtroppo spesso delusa, d’amore eterno.
Lui in realtà è un arbusto che non chiede molto, solo d’essere rammentato.
Se lo sfiori, t’immergi nel profumo penetrante che emana, un balsamo intenso e canforato che inebria l’olfatto.
Così, se amate qualcuno profondamente, credo non siano essenziali imbalsamate rose rosse, prive di profumo, acquistate a caro prezzo o patacconi al dito. Basterebbe regalare un rametto di rosmarino fiorito e lasciare che parli per voi. Dirà solo: “Sono felice quando ti vedo”.
Meneghelli Emanuela, 6 settembre 2025