744 parole e io adesso vi appartengo.

scritto da SinanCapudanPascià
Scritto 2 mesi fa • Pubblicato 2 mesi fa • Revisionato 2 mesi fa
0 0 0

Autore del testo

Immagine di SinanCapudanPascià
Autore del testo SinanCapudanPascià

Testo: 744 parole e io adesso vi appartengo.
di SinanCapudanPascià



Ah questi monti

il profilo di una vecchia

scialle-sui-capelli

e una vecchia sifilide

tedesca

tanti comunisti scalcinati

poche idee

ma sangue più rosso

del mio nelle vene

e tanta più voglia di vincere

e di scopare

tanti anche avvinazzati

ma con i loro baffi

bianchi 

e nasi rossi

e occhi gentili

io uomini devo chiamarli.

Monti dai pochi funghi

e dai rovi coperti di more

e vecchie pettegole

ma monti tanto buoni si

con questa gente che mai 

profili nuovi

vede contro il cielo

vecchi che mi hanno chiamato

figlio mio e nino e fanto

loro che mai

davanti a un uomo

chinarono lo sguardo

figlio mio non

chiamatemi più

io non picchio mia moglie

io che almeno amo mia moglie

io almeno mai

venderò mio figlio

al frac del castello

auguri alla tartaruga!

Sangue del mio 

cazzo di sangue

bello che tua figlia

abbia sposato

un uomo figlio

di gente vera.

Ah monti miei giocare

a guardarli dal mare

finché il Carchio saluti

il cielo 

o correre dal treno

treno che mi porta via

dalla sifilide tedesca

dai vecchi comunisti

sangue-rosso-nelle-vene

da gente tradita,

e poi dal mio torchio

e Stella tra l’erba alta

tuo padre quando è morto?

Il mio mia madre

la mia cara madre

l’ha seppellito si

12 anni fa

il prato è ancora corto

e tagliato a dovere

di garofani selvatici

rosa e speranzosi nella sera

non ne vedo da un po’

troppi libri e poco spirito

tu dici?

Ah torchio mio

piangi e guardo

la luna passare 

dentro la mia chitarra

dentro l’unto dei piatti

dentro l’unto dei sorrisi

dentro l’afa della sera

dentro le lacrime di un uomo,

di un uomo che non piange

quasi mai

dentro gli occhi di una madre stanca

dentro le mani di Diana

guardare la luna correre

nel cielo ormai pallido

dentro ai pomodori

e allo stramonio

e sotto al torchio

lui sopravvive al tempo

al vento forse

alla luna che guarda passare,

dentro quattro versi di merda

dentro un accordo arabo

dentro tre tasti e una

congiuntivite

dentro al caldo schifoso

di Cecina

dentro una scacchiera 

a buttar via la voglia di vincere

e di scopare.

Sollievo vedere i miei monti

il treno da mezzo secolo

me li riporta

ogni giorno

e il profilo da sifilide 

e di quella croce stupida

lassù

scommettevo su quanti uomini

sono morti

per portarla li

con mio nonno

vent’anni fa

20+1 morti e anni fa

20+2 morti e anni fa

vai a capire tu

-io ci ho provato invano-

la vita e l’amore

per una donna

pur bella pur vera

che sia

20+3 e quella croce

sta li 

quando è la stagione 

delle giunchiglie

ha quasi un’aria 

felice

ma che volto stupido.

Mia cara madre perdona

i miei anni se

mi sono dato fuoco

quasi veramente

nell’orto botanico di stravaganze        

cresco

un uomo onesto

tutto seccato

troppi libri e poco spirito

tu dici?

Mia cara, tanto cara bimba

che giochi ai pirati

ma guarda

se l’amore deve andare

oltre le parole

e ai pensieri di un cervello

senza sesso

ma tanto il mondo è strano

che

mi mangia e mi spreme

nel mio antico

orto botanico di oscenità

nel mare così pieno di gente

unto grasso tossico

che grida e spera

mare mio 

mio amore glaucopide

sangue sangue sangue

lento e pigro nelle

mie vene

che bacio fiacco

e senz’anima

titanio lucente però

tra l’aorta

e il ventricolo

sinistro

e un cancro di malinconia

poi passerà

domani

domani passerà

verrà domani e ieri sarà

fottuto

in una stanza asettica

in un vagone di terza classe

in un’aula al pianterreno

in una sala terribile

in una notte squarciata

del fragore di una moto

-che razza di gente-

in un orario sbagliato

in un profumo 

alla vaniglia

nel conseguente conato

di meraviglia

in un nontiscordardimè nella resina

e nella resina

fottuto dal tempo

beffato deriso

nelle pagine di una rivista

rock!

Mandami tu una lettera

da questi miei monti

nel vino annacquato

intingere lo stilo è 

divertente

quanto i serpenti di ponte

ma che orrore

che denti cariati

intagliati nel marmo

a poco servirà

notti di merda e la luna

Luna sei sempre viva?

Luna dolce luna

guizzo di lingua rosa

e umida e poi

sonno forte 

sonno così duro di fame

amore tra le tue costole

lavate al naturale.

Si che il capagno

matto

è appeso 

in attesa che tu

stia meglio

sai che alla vita io

non ho mai pensato

alla morte solo un poco.

744 parole e io adesso vi appartengo. testo di SinanCapudanPascià
6

Suggeriti da SinanCapudanPascià


Alcuni articoli dal suo scaffale
Vai allo scaffale di SinanCapudanPascià