Dante, l'inquisitore e Messer Matteo

scritto da Marian Nikolaus
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Un Dante diverso, meno spirituale e molto materiale
- Nota dell'autore Marian Nikolaus

Testo: Dante, l'inquisitore e Messer Matteo
di Marian Nikolaus

Dante, l’inquisitore e Messer Matteo

Non omnes mulieres venificas sunt. Sed omnes  veneficas mulieres sunt

 

“Non tutte le donne sono streghe,

ma tutte le streghe sono donne che con sottili arti e seducente aspetto portano alla perdizione ingenui garzoni.

Noi garzoni protestiamo la nostra pudibonda innocenza, ma non aspettiamo altro che di essere messi alla prova.”

Alle risate dei bevitori,  seguirono strofe sempre più sguaiate. Cosa poteva aspettarsi di trovare, in quella taverna male illuminata lo schivo viandante? Vino abbondante, cibi caldi e  femmine lascive. I loro corpi si strofinavano sui garzoni invitandoli al ballo. Tutto si trasformò in una baraonda e non si capì  più se fosse taverna, bordello, sabba di streghe lascive.

La porta sbattuta con violenza e più ancora la minacciosa presenza di Messer Matteo portatore alla cintura di due  lame turche, riportarono la calma. I capannelli si sciolsero. I maschi diventati subito silenziosi, tornarono al bere e le femmine si radunarono dietro il bancone, lanciando con gli occhi messaggi  d’amore.  Eldengardo il viandante schivo, attese che la bolgia si placasse.  Prese posto ad un tavolino, che era stato sistemato nella ampia rientranza del muro prima del camino di pietra nera. Appena seduto, lo schivo giovane recitò silenziosamente una breve preghiera “Nam futura coeptis .”  implorando l’aiuto dei Santi.  L’incontro, che temeva, era il motivo per cui lui, un inquisitore, abbandonata la calda tonaca bianca e nera dei Domenicani , rimpannucciato in una rozza guarnacca da bottegaio, si era dovuto fermare alla taverna. Si era scelto quell’angolo discreto e ora attese che  Messer Matteo si sedesse.

Stringendo fra le mani  i boccali di vino, che l’oste aveva subito rimboccato, si studiarono.  Entrambi astuti, attendevano che l’altro parlasse. Fu Messer Mateo, sempre impaziente, ad iniziare.

“Là, nel bosco, sotto gli odorosi pinastri verdastri, si snoda la strada dell’amore che porta dritta al tuo cuore.

Percorrerla, portandoti doni è un piacere.

 Vestendomi,  mi dissero,  non protestare, è un tuo dovere.

Giacché da sempre  per un cavaliere, onorare una donzella,

è impresa che rende l’anima sua bella.”

Edgardo gli rispose

“Bella impresa fece l’anima tua,   sfidando la femmina vana,

che avida d’amor e  doni ti guata dalla ventana.

Lodar la tua onestà non posso, mio ingenuo cavaliere.

Meglio per te sarebbe costringer la femmina  a giacere.”

Matteo sembrò soddisfatto, e ridendo, ammise che era una stupida idea che due galantuomini, per riconoscersi, recitassero dei versi zoppicanti e insulsi. Ma, aggiunse, “che possiamo fare se il Bargello e il

Maestro Generale del vostro ordine hanno deciso che dobbiamo collaborare.”

“Padre Eldengardo, vi hanno ragguagliato sul motivo di questo incontro?” “Si” ripose Eldengardo. “si tratta di lui e della sua Commedia”-.”Al tempo-“ rispose Matteo. “Troppi occhi e troppe orecchie. Venite con me a casa di Fiammetta la romana. ”Come? “chiese sottovoce l’inquisitore arrossendo . “Ma certo” rispose Matteo “Chi fa caso a due onesti uomini che vogliono dividersi la baldracca?”

La cosa aveva senso. Per  l’inquisitore che aveva avuto l’ordine della massima discrezione  disponibilità, fu facile obbedire. Anche perché il Padre Superiore lo aveva istruito “Badate, Messer Matteo può sembrare un poco di buono e un puttaniere. Ma sappiate che è uomo rispettabile e stimato dal Bargello.”

 Fatti entrare in casa, Fiammetta versò due calci di vinsanto agli uomini e attese le loro richieste. Due o tre che fossero pensò Fiammetta, ho di che soddisfarli, mentre con gesto gentile rialzava il seno tondo. “No cara”. Matteo le mise in mano un fiorino grosso d’argento. Vogliamo solo la cameretta sul retro, per me e il mio compagno.” “Messer Matteo” gridò meravigliata la donna “che siete sodomita ? vi ho sempre visto maschio gagliardo.!” “Ma no !” rise Matteo. “Di soldi dobbiamo parlare e da te siamo sicuri di non essere ascoltati. Poi ti darò altri due fiorini per il tempo preso.” Matteo conosceva quella stanza che più volte aveva usato per incontri segreti. Mura spesse, finestra su un giardino cintato e porta in pesante quercia garantivano riservatezza.

“Bene, inizio io” disse Eldengardo che malgrado le assicurazioni di Matteo, si sentiva a disagio in casa della meretrice.

 “Il problema è Messer Dante Alighieri e la sua Commedia.

Da più parti ci sono pervenute informazioni sul poeta. Non proprio rassicuranti.  I Domenicani, che già hanno proibito la lettura della Commedia ai chierici, hanno in animo di compier una inquisizione.

Però il Gran Maestro, sapendo che anche Firenze ha da ridire sull’opera, ha preso contatto col Bargello, che ha deciso di incaricare voi Messer Matteo come rappresentante degli interessi di Firenze in questa faccenda.” “Questo è vero “rispose Matteo. “Ditemi dunque cosa preoccupa i reverendi padri della Inquisizione. Da parte mia, vi verrà dato tutto l’aiuto richiesto”

“Ecco Messer Matteo: In primis, risulta che Dante, Guido Cavalcanti e Lapo Gianni tutti poeti, a Firenze  facessero brigata a sé,  come risulta dal sonetto di Messer Dante  Guido, i' vorrei che tu e Lapo ed io a cui Cavalcanti risponde S'io fossi quelli che d'amor fu degno.

Converrete che non sono parole che i maschi usano scambiarsi. Essendo i tre  stati allievi di Brunetto Latini, noto sodomita, nasce qualche sospetto.” Matteo  divenne attento e si rivolse a Eldengardo “proseguite prego”

Il domenicano proseguì “Secundum. Girano voci che Messer Dante Alighieri abbia simpatie per gli eretici e che abbia avuto corrispondenza  scritta  con catari e valdesi.

Risultano  accennate alcune eresie catare nella Commedia.

Tertium.  Risulta che sotto tortura in un procedimento inquisitorio avvenuto  presso Firenze, una donna sciagurata abbia ammesso di essere La domina di una congrega di streghe e abbia confessato di averne confidato  ad un poeta come si entra in una congrega. Non conosceva però l’identità  di  detto poeta solo che era intimo di Cecco Angiolieri”. “confirmatur sub tormentis” precisò l’inquisitore.

Messer Matteo lo interruppe. “Grazie, penso che per dovere di reciprocità vogliate sapere perché anche il Bargello è interessato a Messer Dante Alighieri-. “Certamente e vi ascolto, sono tutt’orecchi” rispose Eldengardo . Messer Matteo proseguì nella esposizione.   “Firenze ha motivi meno nobili per cercare  notizie sul poeta. Vorremmo sapere quanto vi è di vero nelle sue maldicenze e lodi. Firenze mira alla pace nella la città e  sarebbe interessata a far sparire quanto scritto pro e contro i nobili cittadini. Inoltre, si maligna che l’Alighieri grazie alla attività diplomatica presso le varie corti, abbia accumulato una fortuna non dichiarandola alle autorità.  Questo per non pagare imposte. Ed ora il denaro ci abbisogna. Vorrei ora Padre Eldengardo rispondere, per quanto so, alle vostre osservazioni.”

“Di Dante sodomita direi essere una fola. Casomai, il poeta sotto la veste di seriosità e amore spirituale risulta a detta di servitori a lui vicini essere stato uomo di virile rapacità interessato alle femminette specie se ben tornite. Inoltre, Messer Brunetto Latini era sì sodomita ma amava i ragazzini imberbi e Dante e i suoi amici,  al tempo erano uomini fatti, puttanieri e non sodomiti.

Per quanto riguarda le frequentazioni di eretici, dovreste chiedere agli uomini di chiesa. Ai funzionari dei Firenze, risulta un Dante critico dei costumi della Chiesa e chi non lo è? Per quanto riguarda catari e albigesi confondono la frequentazione di poeti  provenzali con quella di eretici provenzali.

Padre Eldengardo, mi avete fatto curioso. Parlatemi di Dante e la congrega delle streghe. Qualcosa conosco per via di un processo che ho tenuto a Borgo Silva presso Firenze   Ma non mi basta.” “Bene ecco i fatti visto che siete curioso.” Padre Eldengardo sembro pronto a narrare, ma ricordandosi cosa gli avessero insegnato in convento su come ottenere l’attenzione degli ascoltatori, dapprima  bevve lentamente un secondo calice di vino. Poi, si guardò le mani muovendole come facesse gesti scaramantici o desse benedizioni. Chiuse gli occhi come se cercasse in sé la verità, e finalmente iniziò. “La strega ravveduta, già domina del sabba, ci ha spiegato che la entrata nella congrega avviene come segue:

il giovane ancora impubere viene avvicinato da una persona che risulterà in seguito sempre sua amica. Quando arriva al momento di decidere della sua vita e non sa quale via intraprendere perché gli sembra di vagare per una selva oscura, gli compare una guida che lo salva dai pericoli e gli promette di istruirlo. Il giovane affronta diverse prove fisiche e spirituali. Varca porte che lo immettono in nuovi cammini, viene istruito sul bene e il male. In fine quando viene considerato pronto, incontra la domina che amandolo  lo trasforma, facendo di lui un uomo nuovo. Successivamente lo rinvia alla sua comunità. Là, tutti lo riconoscono come rinato. “L’inquisitore fece una pausa e riprese. “Ora Messer Matteo non vi suona familiare: Dante incontra Beatrice che si manifesta come domina dei suoi sentimenti.

Poi vive diverse esperienze, positive e negative. Queste lo confondono. Così che e giunto alla età della ragione si trova immerso in una foresta che è immagine della confusione della sua mente e non sa quale via prendere. Compare la guida Virgilio che lo difende dagli animali pericolosi, lo accompagna, gli permette di varcare lo Stige e lo fa ascendere dal male o ignoranza alla rivelazione passando la prova del Purgatorio. In Paradiso trova Beatrice che si rivela a lui.  Dopodiché ritorna a noi istruito e saggio. Detto semplicemente: incontra  il membro della congrega destinato a guidarlo. Al momento di scegliere, l’inviato della congrega  porta il giovane ad un viaggio di iniziazione ai misteri del culto delle deità pagane,  facendogli affrontare prove pericolose e istruendolo. Infine, lo porta alla domina che lo esaminerà e deciderà se farlo entrare nella congrega. Troppe somiglianze per non essere sospettosi.” “Può darsi che abbiate ragione” rispose Messer Matteo.

“Ma quanto  raccontate, mi ricorda molto la tragedia greca. Come in quella, viene narrato un rituale di rinnovamento, rigenerazione, morte e rinascita. Cioè l’incontro col maestro, la rigenerazione tramite prove, la morte il distacco dalla vita precedente, la rinascita come essere diverso o membro della congrega.”

“Ma” continuò Matteo “forse sono solo concetti mal digeriti e non compresi. Mi ricordano un aneddoto raccontatomi da un missionario inviato nelle isole a meridione della Arabia Felix.” <Sembra.- Raccontò il missionario che non aveva trovato traccia dei confratelli inviati precedentemente, che i mori avessero candidamente risposto, che il prete li aveva invitati a comportarsi secondo quanto lui diceva e che quindi quando nella Eucarestia aveva detto “Questo è il mio corpo mangiatene, questo è il mio sangue bevetene,” i mori ignoranti lo avessero preso in parola facendone banchetto.> “Forse vale anche per la vostra strega confessa”.  

“Caro Padre inquisitore, mi sembra che non si sia approdati a molto.”- Fu la constatazione di un Messer Matteo  stufo di  Dante e della Commedia.

“Propongo di incontrarci il prossimo anno prima di Pasqua per scambiarci quanto di nuovo appreso.” “Sia” rispose Eldengardo e si accomiatò.

L’anno seguente, poco dopo Pasqua,  si rincontrarono al convento di San Bartolomeo  presso Pontassieve.

Eldengardo a causa dei numerosi digiuni a cui si era sottoposto  era ancor più smagrito pallido e allampanato mentre Messer Matteo andando per la cinquantina portava un accenno di corpulenza, frutto di gaia vita. Dopo  essersi complimentati per il reciproco aspetto e ristorati con buoni cantuccini mandorlati e vin santo, passarono all’argomento Dante Alighieri.

Il domenicano trasse dalla bisaccia alcuni fogli di appunti che fece leggere a Messer Matteo.

“Cosa ne dite? Ho valutato quanto mi opinaste nel nostro incontro”. Matteo lesse e restituì i fogli. “Grazie Padre Eldengardo, vedo che avete accettato le mie parole sulla presunta sodomia ed eresia dell’Alighieri. E anche, malgrado la mia insolenza, la opinione su Dante nella congrega delle streghe.”- Il domenicano ripose i fogli nella bisaccia e vi fu un momento di silenzio dedicato a gustare il vin santo che un novizio aveva versato da una brocca smaltata. “Messer Matteo, ora che sapete il mio, ditemi del vostro.” “Non vi è molto da dire reverendo Padre. Come dissi al nostro incontro, per Firenze si trattava di evitare nuove frizioni fra cittadini illustri e trovare il presunto tesoro.

Accorti letterati da noi ben pagati hanno scritto commenti alla Commedia spiegando che i nomi che vi compaiono sono solo fantasie, nomi scelti a caso per indicare esempi di peccato ancorché non reali.  Per la pecunia , riverito Padre, Messer Dante Alighieri, in punctum mortis aveva fatto testamento lasciando a moglie e figli proprietà , denari e il testo non finito della Divina Commedia.

In una postilla aveva lasciato un bracciale in argento a una donna di nome  Florina, incaricando il notaio di Ravenna Goffredo di Bartolo  di darle a voce “post mea mortem”, alcune sue parole. Con buone maniere e qualche attenzione in forma di fiorini d’oro abbiamo ottenuto l’indirizzo di questa Florina.

Sono riuscito a trovarla a Ravenna  e lei mi ha raccontato una storia quasi inverosimile.

Da verginella tredicenne Florina aveva preteso di udire la voce della Madre di Dio e si era messa nuda a predicare la buona Novella invitando la gente a denudarsi per umiliarsi e pentirsi dei peccati.

Ripresa dal vescovo e sottoposta a interrogatori dagli inquisitori, aveva confessato la verità : Povera e senza mezzi lo aveva fatto per nutrirsi delle offerte dei creduloni.

Pentita aveva presso gli inquisitori fatto ammenda e poiché il vescovo considerava il tutto una debolezza di ragazza,  non meritevole di essere diffusa, fu deciso, dopo applicate le sanzioni spirituali, di espellerla.  Il  vescovo impietosito le dette qualche soldo e la raccomandò come serva a una dama di Ravenna.

Ecco ora la novità. Presso la dama,  Florina incontrò l’Alighieri che da puttaniere quale era, si incapricciò della verginella  portandola ad una casa di amici, per poi frequentarla. In seguito, la spulcellò facendosene la sua amante. Prima di morire le indicò di andare dal notaio dove avrebbe trovato un cofanetto a lei destinato. Conteneva disse il poeta, un tesoro che le avrebbe permesso di ben vivere se lo avesse giudiziosamente utilizzato. Florina alla morte del l’Alighieri lo aveva aperto ma invece degli sperati fiorini, aveva trovato un breve scritto e  un libro dove erano stati scritti, lei pensava, dei nomi.  Mi stupii di questa decisione e ancor più si stupì Florina che non sapendo leggere  era rimasta perplessa e delusa del regalo del poeta. Aveva tenuto lo scritto, il libro, e il cofanetto in ricordo di Dante che si era mostrato amante gentile e premuroso.  Mi feci mostrare il tutto. Lo scritto  la invitava a presentare il libro ai nomi iscritti. Bastava questo per ricevere fiorini in regalo. Sul libro l’intestazione recava la scritta  “persone della commedia”. Erano I buoni  e i cattivi. Il libro conteneva infiniti nomi ognuno seguito sul foglio da una cifra. Non ci misi molto a capire che Messer Dante per soddisfare i suoi capricci e le sue voglie, non aveva utilizzato come sosteneva i proventi dell’ incarico di ambasciatore e consigliere, ma che era un ricattatore. Ogni personaggio era registrato per la somma pagata; per essere tra i buoni o per metterei suoi avversari tra i malvagi.”

Padre Eldengardo si dichiarò  soddisfatto.” Ora che abbiamo chiarito tutti i misteri su Messer Dante Alighieri,  penso che ora la Santa Madre Chiesa possa indicarlo come promotore della ricerca di Dio.  Voi cosa farete?” “Noi“ rispose Matteo -lo presenteremo come virtuoso campione della fiorentinità e grande poeta.”

“Ma ?”- chiese l’inquisitore.

“Nessun problema. Abbiamo fatto il giro degli iscritti e degli eredi. Per un modesto obolo alle finanze del comune di Firenze abbiamo cancellato il nome ed a opera finita abbiamo bruciato il libro.” Matteo sorrise beffardo.

“Bene“ disse Eldengardo.

“Abbiamo il nuovo Messer Dante Alighieri.

Avveduto politico al servizio di Firenze, Poeta e scrittore  propugnatore  della lingua volgare, e anche uomo degno e meritevole che, onorando Santa Madre Chiesa, ha scritto una opera intesa alla ricerca della beatitudine. Questo narrando di esempi di perfezione spirituale e di condanne esemplari per i peccatori.” Concluse l’inquisitore anche lui sorridendo beffardo.

“Insomma, tutto è bene quello che finisce bene. Il ricordo benché falso vive. Parce sepulto Messer Dante Alighieri” concluse Matteo e ripartì.

 

  

 

 

Dante, l'inquisitore e Messer Matteo testo di Marian Nikolaus
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