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In un giardino che tace alla sera, sboccia una rosa, candida, intera.
Ma tra i petali — grazia rapita — scorre sottile una lacrima ardita.
Non è rugiada, né vento o ferita, è traccia viva di lotta smarrita, segno lieve d’un addio mancato, sussurrato in un tempo spezzato.
Hai visto mai una rosa bianca urlare?.
Stava lì, immobile sul davanzale, cullata dal silenzio e da un tramonto troppo rosso per essere sera.
Nei suoi petali canditi — come neve colpevole — scorreva il ricordo di dita che l’avevano amata fino a strapparla.
Non era dolore.
Era memoria che brucia.
Ogni spina, un nome mai detto.
Ogni macchia, un gesto rimasto sospeso tra la carezza e l’abbandono.
Ti hanno colta all’alba, quando ancora sognavi di restare fiore.
Bianca eri — non per purezza, ma per silenzio.
Poi una mano, con dita tremanti o forse decise, ha inciso il tuo nome sul petalo più tenero.
Non un taglio.
Un giuramento.
Che poi è fiorito in sangue.
Mi hanno insegnato che il bianco è purezza.
Ma nessuno mi disse che anche il dolore può sanguinare in silenzio.
Ecco la rosa: non un fiore, una condanna in fiore.
Bianca come l’attesa, come l’inganno prima del morso.
Il sangue non grida, trasuda — lento, dignitoso.
Colora i petali come verità che nessuno vuole vedere.
Non sono sbocciata in primavera, ma in un giorno storto, con la pioggia che rideva di me.
Mi hanno chiamata purezza, ma non sanno che porto nel cuore il sapore del ferro e della terra bagnata.
Una rosa bianca, insanguinata non da ferite, ma da carezze sbagliate.
Ho imparato a fiorire anche quando le mani che stringono sono le stesse che spezzano.
Sommersa dalla tempesta, giacevo superstite in un giardino lontano.
Tanta malinconia chiusa nel mio petto, la nostalgia scorreva come un torrente orfano di un’accogliente diga.
Disarcionata dal tempo, aspettavo l’ultimo inverno.
Eppure ero bella.
Ancora viva.
Quasi fiera nella mia ferita esposta.
Perché quella rosa, nuda e insanguinata, non era più un fiore.
Era una verità: che anche la purezza, quando ama troppo, può morire di passione e rinascere più forte nell’odore del sangue.
Io sono la bellezza che ha imparato a non chiedere più scusa per avere amato troppo.