Udii un persistente rifluir di granelli che, con solenne armonia, s’apprestarono a ricader sul fondo di una clessidra: di guisa che sinfonica vibrazione del cilindro produssero. Naufragai nell’eternità e ritornai, in eterno, a naufragarvi: epperò non m’inabissai serenamente come quel tale che, così pare, dolce trovò il naufragar nel mare, ma tristemente, trascinato con vigore dall’arrendevole coscienza dell’infinità del tempo. Di primo acchito non capii perché e come mi trovai colà dov’ero: e neppure donde venissi e dove fossi, a tal punto si offuscò il cerebro mio nella tenebra profonda. Così m’accorsi dipoi di essere trapassato: di essere diventato un microscopico granello che s’aggiunge a una desertica distesa di granelli, tutti condannati a cader dabbasso e a ripercorrere all’infinito, al ruotar del cilindro, il medesimo cammino. Pertanto tornai a riveder, e a rivivere, ciascheduno istante di un’esistenza ormai cessata: così ancora una volta, così per l’eternità.
E pensai alla vita, “un’impervia salita” fu saggiamente definita: che in lungo e in largo ebbi a percorrere, da valle a monte.
E che accadde sulla cima della vita?
Udii un persistente rifluir di granelli che, con solenne armonia, s’apprestarono a ricader sul fondo di una clessidra: e granello dopo granello, vibrazione dopo vibrazione, m’accorsi che la vita è una clessidra dall’eterna impervia salita, ove tutte le cose ritornano eternamente e noi con esse.
In seguito toccò all’ultimo granello.
Serrai gli occhi e sprofondai morente a valle: ma qui mi ridestai per ripercorrere il monte.
Durante quest’intervallo trascorse un’infinità di tempo: l’intero universo cessò di esistere e di nuovo nacque, così già eterne volte, così eternamente.
La forma della vita: una clessidra. testo di Marmeladov
