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Se non fosse colpa mia,
oggi non mi massacreresti i riflessi
di cristalli e occhi
che mi sputano addosso il silenzio
di pupille affamate
che grondano sopra l’erba del mio immaginario,
crollando pesanti
come macigni mai visti.
Se non fosse colpa mia,
non mi sporcherei la bocca
a rimproverarmi i pensieri,
a smanettare paranoie
come fosse un gioco di forza,
e proprio lì la convinzione ti scava dentro:
è quando ti convinci
“non sono io”
che diventi il tuo stesso veleno.
Se non fosse colpa mia,
non mi perforerei le ossa
per resistere all’inumanità che mi inghiotte.
Ma cos’è l’umanità?
Il confine della libertà dell’altro
o il carcere della mia ambigua natura
che trema davanti a un’oscurità troppo grande?
Se non fosse colpa mia,
non mi pentirei di quanto ho dato,
non mi fermerei
su una riga bianca
che scivola come un fiume gelido
tra vene e ossa
e ti lascia sospeso
tra quello che sei e quello che fuggi.
