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Tu sei venuto con l’occhio dell’aria,
figlio ribelle dell’etere alto,
con tamburi di stelle sulle spalle
e la pelle squarciata di visioni.
Hai rotto il cerchio.
Hai spezzato le rune.
Mi hai strappato al mio nome d’infanzia
come un vento che sputa le radici
fuori dai vasi sacri della terra.
Casa, città, affetti:
carte bruciate nell’alambicco.
Niente è rimasto —
eppure tutto canta,
nelle macerie dove ho visto l’oro.
Mi hai fatto Sorella del Lampo.
Figlia del Non-Conosciuto.
Ho danzato con dèi senza volto
sulle soglie del fuoco e del gelo.
Hai mutato le mie ossa in cristallo
e le mie lacrime in metallo vivo.
Ora te ne vai,
Astro dell’Imprevisto,
lasciandomi i sigilli incisi a fuoco
sul cuore che pulsa oltre il tempo.
Ti onoro.
Per ogni cosa tolta,
per ogni pelle che ho lasciato a terra,
per ogni volo che mi hai obbligata
a spiccare nel buio del disegno.