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Quando ero bambina, il giorno del mio compleanno, aspettavo con ansia febbrile che suonasse il campanello. Mia mamma mi diceva complice "vai a sentire tu chi è" , cercando sempre di rendermi protagonista. Il ritrovo dei parenti a casa nostra era sempre numeroso ogni anno, preceduto da settimane intere di preparativi. E la vigilia, immancabilmente, arrivavano prima i nonni, poi gli zii, poi i cugini, poi gli amici, poi i vicini di casa (con i quali avevamo un rapporto meraviglioso, i miei genitori nel quartiere facevano amicizia con tutti).
Ora quel citofono non suona più.
O, meglio, non più come prima.
Ma ricorderò sempre quell'anno in cui, quando avrò avuto circa 4 anni, mio padre si travestì di tutto punto da Babbo Natale e io anziché esserne felice non solo non lo riconobbi, ma mi misi addirittura a piangere credendo che si fosse fatto male (non so perché ma da bambina la barba bianca la associavo al dolore).
Spiazzai un po' tutti.
La verità è che la nostalgia a volte predomina, al pensiero che tra qualche anno più nessuno, tranne me sola, sarà testimone di tanta gioia ormai andata.