Un pomeriggio al parco

scritto da antos
Scritto 4 anni fa • Pubblicato 4 anni fa • Revisionato 4 anni fa
0 0 0

Autore del testo

Immagine di antos
Autore del testo antos

Testo: Un pomeriggio al parco
di antos

Il vento si era calmato, un timido sole faceva capolino tra le nuvole che finalmente avevano smesso di svolazzare da una parte all’altra come dei tutù di piccole ed inesperte ballerine. Tutto cominciò a risplendere, la luce spazzava via pian piano quel colore grigioverde che fino ad allora aveva avvolto tutto il parco. Sara era seduta su una panchina a leggere una rivista, ogni tanto alzava gli occhi dal giornale e si guardava intorno; pian piano il parco si stava rianimando e i raggi del sole che scendevano obliqui e fendevano gli alberi diventavano sempre più caldi ed accoglienti. Il viale iniziò a riempirsi di gente. C’era chi camminava lentamente, chi correva velocemente, chi si fermava per fissare lo sguardo sull’ampia spianata di verde inondata di luce e di ombra. Sara si alzò, percorse un tratto persa nei suoi pensieri e si ritrovò sulla riva del laghetto sul quale scorrevano eleganti e maestosi piccoli cigni bianchi. Si fermò e si sedette su un muretto di pietra da cui poteva avere una visione ampia. Seduti sulla panchina verde dirimpetto al laghetto scorse due ragazzi giovani, forse una coppia, lei era visibilmente irritata, agitava le mani, le passava nervosamente tra i capelli mentre lui cercava pazientemente di spiegarle qualcosa, sembrava giustificarsi mentre lei scuoteva il capo, faceva cenno di alzarsi ma lui la fermava e la faceva rimettere al suo posto. “Che contrasto – pensò Sara – tra la tranquillità del laghetto e il litigio di quei due”. Dalla sua posizione non poteva carpire nessuna parola, ma la lotta era agguerrita, lei si dimenava continuamente e alla fine si mise le cuffiette alle orecchie per dispetto, per non sentirlo più e, dopo qualche minuto di silenzio, lei si alzò e si incamminò velocemente mentre lui le correva dietro mortificato. Sara li seguì con lo sguardo e quando si girò verso la panchina la vide già occupata da una giovane donna con una carrozzina. Il bambino doveva essere piccolissimo, perché la carrozzina era quella tutta chiusa dei neonati ed era un maschietto perché aveva la copertina e la cuffietta azzurra, Sara dalla sua posizione riusciva a vederlo chiaramente. La mamma era giovane, sicuramente sarà stato il suo primo figlio, testimonianza ne era che lo controllava continuamente, lo copriva, lo scopriva leggermente, si assicurava che dormisse, spostava la carrozzina nel punto dove arrivava più sole, ma poi, avendo paura che facesse troppo caldo, la rispostava all’ombra. Solo per un attimo il suo sguardo si posò distratto sul laghetto, per poi tornare apprensivo su quella testolina azzurra che rappresentava l’unico interesse per lei. Dondolò ancora per una decina di minuti la carrozzina e poi si alzò lentamente e se ne andò percorrendo il vialetto laterale. Giusto il tempo di girarsi verso il laghetto e Sara vide di nuovo la panchina occupata, questa volta da tre donne sulla quarantina, due erano bionde, l’altra castana. Sembravano molto affiatate, si avvicinavano e poi si allontanavano ridendo, la castana, con i capelli raccolti a coda di cavallo, aveva delle cose interessanti da raccontare, ma non voleva che altri ascoltassero perché ogni volta si metteva le mani di lato alla bocca come per diminuire il volume e non far sentire nulla agli altri. Le due bionde la ascoltavano in silenzio e poi scoppiavano a ridere nello stesso momento. “Che darei per poter ascoltare quello che si raccontano” – pensò sospirando Sara. Dopo qualche minuto una delle due bionde si alzò, prese sottobraccio le amiche ed insieme si incamminarono sempre parlottando e ridendo tra loro. Sara scese dal muretto, voleva sedersi lei ora su quella panchina ma non fece in tempo perché una coppia di anziani già si stava accomodando. Lui sembrava più in forma della moglie che mostrava difficoltà nel piegarsi per sedersi. Erano vecchi, ma conservavano ancora quella curiosità, quella luce nello sguardo che li collegava alla vita. Si guardavano attorno e poi commentavano qualcosa, lui chinava lo sguardo verso di lei che annuiva docilmente. Ogni loro movimento sembrava lento, quasi meditato, studiato, eppure parevano ancora ammirati dal pigro movimento dei cigni, dai giochi di ombre che il sole proiettava sull’acqua; lei indicava con il dito qualcosa laggiù, qualcosa che si muoveva nell’acqua e lui allungò il collo per capire di cosa si trattasse. Parlavano, eppure sembravano muti, le parole avevano lunghe pause di silenzio che si interrompeva con un sussurro di lui all’orecchio di lei. “Chissà quante cose si saranno detti in tanti anni, magari litigando come quei due ragazzi di prima, ora invece sembrano appoggiarsi l’uno all’altra, così lenti e tranquilli come se volessero far scorrere lentamente anche i loro ultimi giorni per assaporarne ogni attimo”. Neanche lo schiamazzo dei ragazzini che giocavano a pallone li turbava, rimanevano immobili e fissi, eppure parlavano . Sara tornò sul muretto e per un attimo ancora rimase assorta su quella visione, il lago immobile, i cigni fermi nel mezzo, le due teste bianche di quei vecchietti che sembravano stagliarsi come figure sullo sfondo che perdeva pian piano i suoi contorni netti, e mentre il sole stancamente iniziava a calare, Sara pensò che si era fatto tardi e doveva tornare a casa.
Un pomeriggio al parco testo di antos
7