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Massimo D'Arrigo, scomparso misteriosamente nel novembre 2005 all'età di quarantacinque anni. Laureato in Biologia cellulare all'università di Pisa, master in genetica molecolare all'Università di Stanford. Segue elenco di una serie di sue pubblicazioni. Ha subito una serie di interventi al cuore e uno per un'aneurisma dell'aorta. Quest'ultima operazione lo ha costretto a letto per oltre due mesi cambiandogli radicalmente il carattere: è diventato scontroso, taciturno e poco collaborativo con i colleghi di ricerca.
Vita privata: viveva in un modesto appartamento nei pressi dell'Università degli Studi Federico II, guidava una Panda anni Novanta. Amava la musica pop ed in particolare Madonna. Vedeva e rivedeva continuamente i film di Greta Garbo e Marlene Dietrich.
Orientamento sessuale: omosessualità
Chiudo il dossier. Sono stanco e la schiena mi fa male, non vedo l'ora di sdraiarmi. L'albergo che mi hanno trovato è a circa cinquecento metri dalla questura e posso tranquillamente arrivarci a piedi. Prima di andare a riposare però chiamo il mio assistente per affidargli un incarico:
"Domenico, prendi appuntamento con Michele D'Arrigo: il suo indirizzo e il numero di telefono lo trovi sulla mia scrivania. Se riesci, per domani mattina, grazie".
"Ai suoi ordini, commissario, lo chiamo immediatamente."
L'albergo è un modesto due stelle ma pulito, come piace a me. Vorrei rileggere il dossier ma sono troppo stanco, non credo nemmeno che uscirò a farmi un giro.
Che dormita! Ora mi sento meglio, mi è ritornato il buon umore e credo di avere anche le idee più chiare.
La città è movimentata e rumorosa. Sono solo, non so quanto resterò qui, non conosco nessuno e mi sento un pesce fuor d'acqua, ma il vociferare allegro della gente mi dà conforto. Mi fermo in un bar e ordino un caffè. Sulla tazzina c'è impressa una frase:" Nu surse 'e piacere". Sorrido tra me e me. Comunque continuo a guardarmi in giro. Ed è proprio scrutando tra la folla che intravedo Domenico, in borghese, mentre parla in maniera concitata con un tipo che a guardarlo bene mi sembra uno che ha fatto più anni di galera di Silvio Pellico. Gli faccio una foto col cellulare. Mando una email con allegata la foto a Maria, una mia collaboratrice alla questura di Reggio, e le scrivo: "Dimostrami che sei la migliore ad identificarmi quello con la faccia cattiva. Un abbraccio, Saverio".
In questura c'è già Michele D'Arrigo che mi aspetta. Lo saluto e gli chiedo di avere ancora qualche attimo di pazienza. Sono molto colpito dall'efficienza di Domenico. In ufficio riordino le idee, scrivo una scaletta di domande da fare, poi faccio entrare il parente dello scienziato:
"Prego, si accomodi e mi racconti tutto".
"Caro commissario, la scomparsa di mio cugino è avvolta nel mistero. Temo che a suo tempo le indagini per il suo ritrovamento siano state sospese prematuramente."
"Capisco, ma mi perdoni la franchezza: su quali basi oggettive lei vorrebbe che si riaprisse l'indagine, dopo tutti questi anni, proprio ora?"
"Sono convinto che la formula chimica della nuova sostanza scoperta in America sia la stessa scoperta da mio cugino. Io ho in cassaforte la formula originale, mi basterebbe confrontarla per capire con certezza. Se fosse la stessa è molto probabile che mio cugino sia vivo!"
"Come potremo saperlo? Non credo proprio che ci facciano confrontare la formula."
"Se interviene la diplomazia, secondo me sì!"
"Lei è molto deciso vero? Ma non è così facile, mi creda. E poi, come mai è in possesso della formula? Ma soprattutto, come mai non l'ha resa pubblica, oppure venduta, oppure..."
"Massimo mi diede la formula da conservare, era preoccupato. Era convinto che qualcuno, per impossessarsene, avrebbe attentato alla sua vita. Mi ha fatto promettere di mantenere la formula segreta. A tutti i costi. Io ho rispettato le sue volontà."
"Capisco." Osservo attentamente il mio interlocutore. Dicono che gli occhi siano lo specchio della verità. Io ci credo poco, ma sono piuttosto bravo a capire se qualcuno mente oppure no. In questo caso, Michele mentre parla mi guarda sempre dritto negli occhi e non gesticola.
Solo ogni tanto, ma con insistenza, si massaggia il collo. Alla fine può essere un comportamento del tutto normale.
"La ringrazio, dottor D'Arrigo. Se riapriamo le indagini le facciamo sapere."
"Non sono laureato", precisa. "Lo era mio cugino, io sono solo agente di commercio."
Appena uscito, riascolto l'intera conversazione che ho registrato sul cellulare, prendo appunti e rifletto. Sento una notifica, è arrivata l'email di Maria:
"Si chiama Fabrizio Scicolone, è un pregiudicato: camorrista, spacciatore, strozzino. Un salutone Maria."
Rispondo semplicemente "Grazie", e convoco in ufficio Domenico. Lui vorrebbe rimanere in piedi, ma io lo faccio sedere di fronte a me e gli chiedo a bruciapelo:
"Lei, fuori servizio, frequenta abitualmente noti camorristi come Fabrizio Scicolone?" Domenico diventa rosso come un papavero. Il fatto che sia passato a dargli del "lei" deve averlo inquietato ulteriormente.
"Volevo aiutarla nell'indagine commissario."
"Si spieghi meglio", gli intimo mentre lo fisso severamente.
"Qui da noi bisogna convivere con la camorra, e così molte volte noi chiudiamo gli occhi su certe cose, e in cambio loro ci tengono informati su tante altre..."
"Quindi?"
"Quindi gli ho chiesto di informarsi su questo Michele D'Arrigo."
Rimango sorpreso. Immaginavo scenari foschi, e invece Domenico ha solo voluto aiutarmi. Gli devo credere?