DeserTaxi 3097 – Corsa al Tesoro di Venere (2/2)

scritto da anderwritten
Scritto 2 mesi fa • Pubblicato 21 giorni fa • Revisionato 21 giorni fa
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Anno 3097, pianeta parallelo. Emma adora farsi raccontare storie dai clienti. Tranne quando sono ancora in corso e le sparano alla carrozzeria.
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Testo: DeserTaxi 3097 – Corsa al Tesoro di Venere (2/2)
di anderwritten

VI –  Fughe Propizie

 

Sdraiati in quattro su una collinetta, la motociclista intellettuale adocchia con un binocolo delle sagome umanoidi e azzurre sullo sfondo giallo e solforico del desertico Mar Grigio: “E quelli chi sono?”

Scavano alla ricerca di qualcosa sotto una piccola altura, grigia e rocciosa, e dall’estremità a punta.

“I Banditos Clementis”, risponde El Verdiente, “devono aver rintracciato il Tesoro col GPS.”

“Quindi è quella giusta”, la più armata fa segno a quella col binocolo, “rimani qui di vedetta e avvisaci se fanno mosse azzardate.”

Con le altre otto, salgono sulle moto e rombano i motori, uscendo dal nascondiglio dove abbiamo parcheggiato.

In pochi secondi, flash e botti ripetuti scoppiano in mezzo alla nebbiolina gialla.

Madamoiselle Emma, monsier Pierre”, El Verdiente tira fuori una rivoltella, “spero possiate scusarmi, se approfittassi ancora dei vostri servigi.”

Siamo gli unici tre rimasti lontani dalla sparatoria, e in piedi c’è solo la motociclista intellettuale, che sentendo parlare sottovoce El Verdiente ha smesso di guardare la scena.

Sento l’umore di Emma annerirsi: gli occhi spalancano e le sopracciglia si aggrottano: “Oh, non vorrai dirmi che fai sul serio...”

Con uno scatto e una precisione chirurgica, il gentiluomo le sorride, si volta di lato e spara alla spalla della motociclista rimasta con noi.
La bolla protettiva del suo Bubble HeadBody scoppia, pungendoci le orecchie con il botto di uno pneumatico.

Lei non fa in tempo a reagire che si ritrova a soffocare nell’aria solforica.

Mia moglie ormai è rossa: “EL VERDIENTE IO TI AMMAZZO! GIURO CHE DOPO QUESTA TI AMMAZZO!”

Per quel frangente di tempo che riesco a guardare, la testa del criminale le si sta sciogliendo assieme al casco. Non assomiglia per niente a quella di un umano.

Intanto, gli spari in lontananza si fermano.

Mi fiondo al volante e sgaso a manetta.

La frizione chiede pietà, ma non la posso concedere.

“Non ci credo...” sono l’unico veramente sorpreso da cotanta furbizia. E anche l’unico che possa guidare in questo momento: “hai seriamente pensato a tutto in anticipo, o la tua è stata solo fortuna?”

“Ah, monsieur Pierre”, deglutisce, guardando la pistola puntata dal sedile del passeggero anteriore, “sono dell’idea che per ricevere la fortuna a casa propria, bisogna prepararsi con molto anticipo ad accoglierla, da buon un ospite d’onore qual è.”

“Peccato che sei a casa mia ora”, sventola l’arma Emma, “non fare nessun movimento azzardato. E vedi di iniziare a pagarmi la corriera.”

“Ehi... il pagamento di solito non va fatto a fine corsa?”

“La caparra si fa prima.”

D’accord... non mi opporrò alle vostre condizioni, madamoiselle.”

Te lo dicevo, El Verdiente.
Forse il fuoco delle mitragliatrici era meno oppressivo di quello di mia moglie.

Come il pagamento dei crediti viene effettuato (alla faccia della caparra, Emma...), la pistola viene puntata verso di me.

“E te vedi di guidare più veloce che puoi.”

“E-Emma, che fai? Sta’ calma...”

Mi sorride e alza la canna fumaria, punzecchiandomi un dito alla guancia: “Sto scherzando Pierre! Sto scherzando.”

Sembra essersi rilassata. Meno male...

Davanti a noi la nebbiolina di Venere pian piano si dirama. Dobbiamo essere entrati nella cupola atmosferica di Galileo City.

...come non detto. Emma ha di nuovo puntato su El Verdiente.

“Madamoiselle... non faccia venire quelle brutte pieghe sul suo volto. Le assicuro che non scapperò via.”

“Oh, ma la mia è solo précaution, El Verdiente. Dovresti capirmi no?”

Lui ghigna: “Ah, ma absolutement.”

Emma sbuffa: “Non potevi essere un aristocratico qualsiasi? E che cacchio... uno ricco di azioni, magari della ECO2-Enterprises. Ci avrebbe fatto buona pubblicità...”

“Eeeh... magari madamoiselle. Magari...”

L’atmosfera intanto ha perso del tutto la sua acida nebbia, mostrando il cielo vuoto della cupola atmosferica di Galileo City.

Davanti a noi, in lontananza su orizzonte giallo, si vede ben nitido il complesso di parallelepipedi della città completamente neri e per niente estetici.

Dinanzi al volante, invece, un suono familiare accompagna una spia rossa.

“Dobbiamo fare rifornimento”, comunico, “per seminarli ho dovuto praticamente svuotare il serbatoio elettrico. Ne approfitteremo per riprenderci.”

“Bene”, continua Emma, senza distogliere gli occhi della tigre dalla propria preda, “in città troverai sicuramente un’altra corriera. Se vuoi lo sconto sui danni al DeserTaxi, dato che quelle biker non me li pagheranno, puoi ancora raccontarci dove hai nascosto il Coso”.

“Tesoro, amore. È sempre il Tesoro di Arianna.”

“Sta’ zitto. Sei l’unico che chiamerei Tesoro, qui. Non una stupida collana.”

È proprio nera, ma adoro come rigira la rabbia altrove, pur di non sfogarsi su di me.

El Verdiente rimane in silenzio.

“Ho capito”, la pistola puntata intanto ondeggia, “faremo prezzo pieno”.

Il gentiluomo sorride: “Non, non! Mi dia un momento... oh, voilà, ce l’ho.”

[...]

“Molto bello, vero?” È la voce dell’uomo energico di prima, “però ti devo chiedere di rimetterlo apposto, Mario.”

“Ay. Stavo soltanto guardando da più vicino.”

Già, era fin troppo facile.
Però è giunto qui da solo: ha rivoltella e pistola pesante tra le mani, ma sono puntate all’aria, non a me.

La sparatoria deve essere finita da poco.

“Che fine han fatto gli intrusi?” Chiedo, risistemando lentamente il Tesoro, “li avete già spediti all’altro mundo?”

“Ah, peggio ancora Mario!” Si avvicina amichevolmente, “si sono ritirati non appena uno di loro si è intrufolato qui. Era un diversivo!”

D’un tratto si sente un rumore metallico in lontananza.

Un rumore molto fine: sembrava un ferro poggiato da qualche parte che cade all’improvviso, ma con questo silenzio museale si è ben sentito.

Come tiro fuori la mia rivoltella e controllo i proiettili, l’energumeno poggia la schiena alla mia.
“Dimmi, amigo”, sussurra, “come vanno gli affari a Bafagna?”

“Ah... muy bien, amigo.”

“Sul serio? Anche dopo quel che è successo?”

Non ho idea di cosa stia parlando.

Marriacas a Bafagna non ha mai combinato nulla di eclatante. Almeno per quel che ne sappia.

Mi sta mettendo alla prova... però ho pensato anche a questo tipo di domande.

“Ah, non parliamone amigo. Pensiamo prima a questa impertinente.”

“Mi trovi d’accordo”, sorride.

D’un tratto, degli spari nella stanza accanto.

E una porta che sbatte con un botto improvviso: “Lino!” È una delle guardie, “è qui! L’intruso è qui!”

“Cosa è questa disperazione?! RICORDA: POSITIIIIVE... THINKINNNNNGGAH! ANDIAMO MARIO! NON È ANCORA DETTA L’ULTIMA!”

Lo seguo fino alla porta, mantenendo le distanze e rallentando il passo man mano che ci avviciniamo.

Per un attimo, da lontano vedo qualcuno che nell’altra stanza stacca una replica della Dojikiri dal piedistallo orizzontale e se la porta dietro un pilastro, slanciandosi con tutto il corpo per evitare i proiettili. È una di quelle donne in tuta sportiva che lotta contro otto guardie della sicurezza e un energumeno che motiva gli altri a squarciagola, in mezzo ai botti e alle esplosioni di piogge di piombo e granate.

Esatto: io non conto. Non sono più lì.

Ho approfittato del trambusto per far dietrofront e correre verso il mio bijou.

“Concentrate il fuoco di soppressione, e cercate di non danneggiare le opere! Mario, io la prendo da destra, tu vai a—” si gira e non mi vede più, “Mario?! Ma dove—”

Già, troppo tardi, amigo.

Ho un Tesoro da portar via.

 

E come dici tu: tutto questo piombo potrebbe rovinarlo.


VII – Pit Stop

 

“Quindi fammi capire bene...” Emma, talmente presa bene dal racconto, ha premuto troppo presto la pistola del vecchio distributore di periferia, per ben due volte di seguito “...sei riuscito a scappare dal museo con la loro stessa limousine...”

Exactement.”

“Poi hai nascosto dei finti Cosi di Arianna, hai aspettato che le Motocicliste arrivassero, ti sei arreso per finta, e hai dato loro uno dei falsi?”

Oui, c'est correct.”

“E hanno pensato bene di bucare le ruote della limousine, lasciandoti vagare nel bel mezzo del caldo e della nebbia?”

“Oui. Come le dicevo, madamoiselle, l’eroe della storia non ha compiuto chissà quali grandi imprese. È stato sballottolato un po’ qua e un po’ là, ma in compenso ci son stati molto movimento e molta adrenalina.”

Emma guarda la pompa di benzina e abbassa la testa sulla pistola che sta rifornendo il DeserTaxi: “Altro che ladro, dovresti fare l’attore. Ma dove hai trovato il tempo per crearti dei falsi?”

El Verdiente tira fuori una moneta, che premendola si gonfia in uno zaino.

“Con questa piccola chicca del mestiere”, ci mostra una sorta di gomma pane, malleabile, “basta avvolgerla in qualsiasi oggetto e ne prenderà automaticamente le sembianze.”

Non ho mai visto nulla di simile finora: “Interessante...”

Ma prima che possa chiedergli che materiale sia, il solito ding della pompa mi interrompe, e mia moglie stacca la pistola ripoggiandola al distributore: “E da quanto tempo sei qui?”

El Verdiente guarda con un certo rammarico il fast food del benzinaio, invidiando il rutto di un uomo con la pancia all’aria dopo essersi saziato del suo sandwich.

“È parecchio che non mangio, sapete?” Guarda la sfera luminosa e sfumata in alto, “probablement il Sole centrale si è spostato di qualche centimetro da quando sono arrivato.”

Appoggio i gomiti sul tettuccio: “Ah. Pensavamo la disavventura fosse più recente.”

“Giusto il tempo per studiare e far i compiti a casa, monsieur.”

“Heh”, Emma appoggia la schiena alla portiera, “se non fosse per orologi e Mainframe probabilmente saremmo convinti sia Natale.”

“O primavera”, puntualizzo, “in questo momento sulla Terra dovrebbe essere estate.”

“Non riuscirò mai ad abituarmi ai calendari diversi.”

“A chi lo dice, madamoiselle. E poi, sulla Terra si sopporta meglio il caldo.”

Lo confuto: “Non saprei, sai? Per me una città terrestre nel periodo estivo è più insopportabile di Venere.”

Per una volta sorridiamo tutti e tre.

“Dopo questa faccenda ci facciamo una giornata al mare, Pierre?”

“Massì. Perché no.”

“Dai”, Emma porge al gentiluomo il dispositivo per il pagamento, “dammi il resto della corsa, così ci prendiamo le ferie.”

El Verdiente sorride e tira fuori il portafoglio: “Mi rimangono solo banconote.”

“Spero per te non siano anch’esse false”, fa una smorfia mentre le inserisce nell’aggeggio.

Calcolata o meno, la sua fortuna gli dona un altro ding dal suono positivo.

“Comunque ho fatto delle ricerche”, controllo dal tablet di lavoro, “le Motociclette Blu non hanno precedenti su altri pianeti. Anzi, non esistono nemmeno sui database pubblici della Cyberpol. Devono essere criminali nuovi di zecca.”

Anche El Verdiente poggia la schiena sul DeserTaxi, con le mani in tasca: “Quando è così, è più difficile farsi strada. Mi chiedo perché iniziare proprio dal Tesoro di Arianna.”

Da quel che ha raccontato, nemmeno lui sembra conoscerle.

O forse lo omette volontariamente.

Chissà da dove vengono e perché vogliono quel gioiello... quel che ho visto di certo non veniva dalla Terra.

Ma mi faccio fin troppe aspettative. Probabilmente è il suo stesso motivo: per soldi.

D’un tratto, il rumore di una Dandyson lontana cattura la mia attenzione.

“Emma. Salta in macchina.”

Il mio brutto presentimento viene confermato anche dalla vista: è una delle Motocicliste Blu, ed è diretta qui.

“Be’, allora ci vediamo, El Verdiente. Buona fortuna.”

Lui, stoico e tranquillo come al solito, sorride e guarda il polso.
“Come vi dicevo, monsieur Pierre: la Fortune si preannuncia con la préparation.”

Prima di girare la circonferenza del suo orologio, e scomparire sotto una mimetica invisibile, tira fuori da un taschino interno del tuxedo una collana luccicante, piena di perle e accessori, portandosi l’indice a coprire la bocca sorridente.

“Non ci credo—”

Au revoir, monsieur et madamoiselle

Sebbene i tipi loschi e manipolatori non mi abbiano mai affascinato, in questo momento ha la mia più totale ammirazione.

“Tsk”, schiocca la lingua Emma, sbattendo la portiera e mettendo in moto, “che bugiardo! Lo ha avuto con sé fin dall’inizio! Ci avrebbe risparmiato buchi alla carrozzeria!”

“Se l’avesse fatto prima, avrebbe dovuto tradirci”, sono ancora sbalordito, “dobbiamo riconoscergli che non ci ha raggirati come ha fatto coi Banditos e le Motocicliste: ha rimosso il GPS dalla collana originale e l’ha nascosta in uno dei falsi per tirarsi fuori dai primi, per poi ingannare le seconde portandoli direttamente da loro! Quest’uomo è... è un vero genio del crimine. Allucinante. Ma come ha fatto a non farsi mettere le mani addosso?”

“Pierre”, mi guarda con lo sguardo spalancato di un felino, “non è da te farti idoli. E poi eri tu che rompevi perché flirtavo con lui, ricordi? Ha approfittato di noi”, mi punta un dito al petto, “mi sta sulle palle! È un vile menzognero!”

Le sorrido: “Sì, hai ragione. È solo che riconosco il suo genio, tutto qui.”

“Huh-huh.”

Il DeserTaxi ed è di nuovo in pista.

“E quell’altra? Ci sta seguendo?” Emma aggiusta lo specchietto centrale.

“Già”, confermo da quello laterale, “deve averci riconosciuti, ma possiamo seminarla andando a tutto gas.”

“Poi lo ripaghi tu l’Eco-zene.”

Sorrido: “Se hai un’idea migliore sono tutt’orecchi, amore.”

El Verdiente è stato veramente furbo fino all’ultimo.
Anche se questa motociclista ci raggiungesse e dovesse sapere che il ladro si trova nei pressi di quella stazione, sarebbe troppo tardi.

Davvero, non capisco se sia puramente fortunato, o semplicemente un genio nell’improvvisare e prevedere le mosse dei suoi avversari.

In tutto questo, digito un tasto e si apre uno scomparto.

Estraggo un microfono a filo intrecciato: “Vai altrove, pirata della strada”, l’altoparlante si fa ben sentire lì fuori, “l’uomo che cerchi non è con noi. Lo abbiamo lasciato alla stazione di rifornimento. Vattene o chiameremo le autorità.”

Un bluff ovviamente: preferirei tenere il più possibile la Cyberpol all’oscuro delle modifiche di Emma. Ma tra poco raggiungeremo la città e sarà un problema se continuerà a seguirci in ambiente urbano.

In risposta, la motociclista ha guardato indietro per un attimo.

Si gira e inclina la testa sul monitor del manubrio, premendo qualcosa, per poi sgasare e accelerare a manetta.

Schiocco la lingua.

Emma sogghigna: “Ha deciso le cattive? Hah! Ci divertiamo ancora!”

 

“Evvai...”

 

VIII – Duello Squalificabile

 

“Lì, amore! Gira!”

Emma non fa domande. Vira subito il DeserTaxi a destra e sfondiamo una rete metallica, ritrovandoci nel retro di un centro commerciale.

“Bene, accosta qua. Non è ancora arrivata.”

Scendiamo entrambi e mi reco alla recinzione appena distrutta.
Per fortuna in città l’aria è respirabile, qui servono polmoni d’acciaio.
Preparo al volo una trappola a filo e mi nascondo dietro un cassone dei rifiuti.

Il rombo accelerato di una moto si avvicina, finché non vedo la luce del faro anteriore svoltare e virare dritto.

Si fa sempre più accecante, illuminando sempre di più il buio che nasconde il DeserTaxi in fondo al vicolo.

Ma se tutto va come previsto, inciamperà proprio sul filo all’entrata, prima ancora di raggiungere il nostro veicolo.

E così è.

Due figure prendono il volo nell’oscurità: una cappotta e rimbalza con un gran fracasso andando a finire dietro una pila di bancali e facendo cadere qualche bidone.

L’altra sagoma volteggia e riprende equilibrio in volo.

Atterra rannicchiata, con una mano sul pavimento d’asfalto.

Il piccolo rumore metallico di una manovella ricarica l’arma, accompagnato dallo sfoderare di una katana.

Silenzio tombale.

Se facessi uscire una libellula meccanica la sentirebbe come io ho sentito lei armarsi nel buio.

La motociclista si alza lentamente. Rimane immobile. Gira la testa leggermente in ogni direzione, con una calma preoccupante.

Ha già capito che non siamo lontani..?

“Sai? Io sono come voi”, è la voce di Emma, che esce da un angolo con la stessa tranquillità.

Dannazione, è seria...

Ha rinunciato al fattore sorpresa e sta impugnando la Gioiosissima, replica dell’omonima concorrente, eccetto per la lama polifiodonte.

“Sono anche io un’amante del Caos e della Distruzione”, continua, girandole attorno finché non si ritrova faccia a faccia, “ma c’è un’unica differenza tra me e te", alza la spada, “io ho scelto di fare una vita normale, lontana dai guai e servendo il prossimo coi miei servizi. Voi invece continuate a guidare su strade sbagliate.”

La motociclista scuote la testa e alza la katana: “Allora se siamo davvero simili, capirai che le prediche non hanno effetto sui cani randagi.”

Emma ricambia con delle larghe labbra all’insù: “Hehe. Lo so, ma ci tenevo a dirtelo. Un piccolo avvertimento tra mostri...”

Il casco in testa all'avversaria si inclina come se stesse contemplando: “La tua spada è molto bella, ma è solo estetica. Se volevi usare una lama del genere, tanto valeva prendere un segaccio. Hai rovinato una bella replica della Gioiosa con tutte quelle scaglie... sono i denti di un qualche animale?”

“Hai indovinato: sono zanne di Squalo Anguilla di Marte”, ci passa le dita, contenta, “e pizzicano abbestia sulla pelle, quando te la dilania.”

“Accidenti, i miei complimenti. Un bel gioiello artigianale”, dal Digidisk della cintura materializza un uzi e glielo punta addosso, “peccato ne stia rincorrendo un altro, capisci?”

“Il Coso di Arianna? Non è qui. È in mano al gentiluomo che abbiamo lasciato alla stazione di Eco-zene, quella già superata miglia fa. Magari, se ti sbrighi, puoi ancora raggiungerlo.”

La motociclista pigia un bottone sul polso del braccio che tiene il mitra: una freccia olografica indica verso la nostra vettura.

“Eppure la cimice punta lì.”

“Ma che...” Emma guarda dietro di sé e realizza qualcosa, schiaffeggiandosi una mano in fronte, “e che cacchio però, El Verdiente...”

L’avversaria rimane un secondo immobile.

E abbassa l’arma: “Non siete coinvolti con lui. Dal visore termico l’ho visto aggrapparsi alla vettura. A quanto vedo, alla fine ha ingannato anche voi”, inizia a camminare verso Emma, “stanne fuori e vi lascerò vivi. Siete soltanto dei civili. Comuni cittadini che non hanno niente a che fare con la parte marcia di questo universo.”

“Che vorresti dire?”

“Che per voi la vita è tutta rosa e fiori e neanche ve ne rendete conto. Avete anche il coraggio di lamentarvi di quel che non avete. Di problemi illusori... quando avete la fortuna di avere una casa e cibo da mangiare ogni giorno. Spostati e lasciami finire il mio lavoro. Non c’è bisogno di fare l’eroina.”

Wow.
A Emma ribolle il sangue, si sente da qua, ma sono più preoccupato del perché El Verdiente ci abbia seguito fin qui.

Non riusciamo proprio a sbarazzarcene. Cos’ha in mente, adesso?

La motociclista alza repentina il mitra e scarica una raffica al DeserTaxi.

Emma intercetta al volo il suo braccio e gli trancia la mano.

“Agh! Ti avevo detto di restarne fuori, bastarda!”

Alza la katana e le lame si incrociano.

Emma schiocca la lingua: “Spari al mio veicolo e dovrei lasciarti fare?!”

“E sia! Hai firmato la tua condanna a morte!” Spinge di più la sua lama.

“Cacchiarola...” fatica a tenerla ferma, ma vedo che ha azionato il trasmettitore di elettricità, “non importa quanto mi dedichi a lavori umili e virtuosi, i pericoli mi inseguono sempre e ovunque...”

“Un piccolo avvertimento allora, tra mostri: faresti meglio a evitarli, invece di sbatterci contro.”

Ma noi di DeserTaxi siamo sempre preparati e disponibili after-sales!

È il nostro slogan.

“Pierre!!”

“Pronte!”

Le libellule meccaniche, che nel frattempo ho fatto nascondere tra un sasso e l’altro nel buio, si scagliano armate di soporifero verso la donna in tuta.

Quella stacca la lama da Emma e indietreggia con salti e acrobazie da ginnastica, schivando i pungiglioni sparati dall’addome degli insetti.

Ora che ci penso, questa donna non l’avevamo ancora “notata” separata dalle altre: non è né tanto snella come l’intellettuale, né tanto forzuta come la più armata.

Però salta come una rana sul muro e in una sventagliata ha già tranciato due automi.

Deve essere quella che El Verdiente ha incrociato al museo.

Esco dal muro e inizio a sparare, ma il fuoco di soppressione del mitra mi fa balzare su un altro riparo. Appena in tempo... alcuni proiettili mi hanno graffiato spalla e braccio.

Nuovi riecheggi e clangori metallici mi fanno sbirciare la scena: Emma se la sta spassando in un impetuoso duello uno contro uno.

Non le lascia nemmeno il tempo di ricaricare il mitra: la mia occasione!

A caricatore reinserito, esco dalla copertura per raggiungerne un’altra più vicina alla nostra macchina, sparando qualche colpo di distrazione.

E funziona, poiché mia moglie riesce a darle un calcio rotante talmente violento che le svita il casco dalla testa.

È buio, ma la vedo bene: sotto ci stava un molle e carnoso teschio dagli occhi rossi e giganti, ma pieno di scleriti da mollusco dove dovrebbe esserci la bocca.

Somiglia in tutto e per tutto a una lumaca vulcanica, con una faccia stampata sul guscio.

Non v’è alcun dubbio: è una Trapatzki, la razza aliena originaria di Venere, ormai quasi estinta...

Questi mostri umanoidi vivevano nel sottosuolo come i rettiliani sulla Terra, finché gli scavi umani dello scorso millennio non hanno provocato inutili conflitti di interesse e altrettante guerre, distruggendo inavvertitamente una delle città ipogee.

Neanche a dirlo, che dall’aperta mandibola inferiore alcune scleriti si allungano e immobilizzano le braccia di Emma. Con la presa salda, si ritraggono, spingendo la motociclista verso di lei.

Vuole affondarle la katana al petto!

Col cazzo che ci riuscirai, brutto abominio dalle curvature femminili!

Corro fuori dal riparo e scarico tutto il caricatore sul nemico.

La veneriana si gira per mirare con l’uzi, ma un taglio netto all’addome glielo fa cadere dalle mani.

La Gioiosissima, incastrata nella carne, la folgora: spizzichi di corrente le attraversano il corpo e la fanno contrarre in mille spasmi di dolore.

E finalmente cade a terra, perdendo coscienza.

“È... morta..?” Mi avvicino, ansimando.

“Non lo so, l’ho colpita sul fianco e la spada ha fatto il resto. Heh, meno male che la Cyberpol non m’ha vista. Gioiosissima è più conveniente di un Taser.”

“Con le folli modifiche che fai...” riprendo fiato, “dovrebbero rendere te illegale.”

Sorridendo, lei mi lancia una lingua di fuori, per poi avvicinarsi e farmela conoscere di nuovo.

Però, rammaricato, mi stacco presto.

Ci sono problemi più urgenti da risolvere.

“Che ne facciamo di lei?”

“Boh”, Emma mi abbraccia al collo, “qui dentro ci lavora gente. La leghiamo e la impacchettiamo come regalo per la Cyberpol?”

La faccia di questo alieno non sarà guardabile, ma è pur sempre un essere vivente in via di estinzione.

Mi fa pena...
Non provo alcun sollievo di averla quasi uccisa.

D’un tratto, però, si sente il suono di un altro motore avvicinarsi.

“Presto, dietro il cassone!” Prendo per mano mia moglie e la porto al sicuro.

Di male in peggio...

 

Una limousine azzurra parcheggia poco prima della recinzione sfondata.



IX – Tregua Armata

 

“BEEEEEENISSIMO RAGAZZI MIEI! Dividiamoci e pattugliamo la zona!”

“E la Cyberpol?”

“Già avvertita.”

Un omone pelato, gigante, e vestito d’azzurro, accompagnato da uomini che sembrano usciti da un film di spionaggio, inizia a camminare e fare segno a ognuno dei suoi di andare a controllare ogni angolo del retro.

“Saranno almeno una decina”, informo, “di questo passo ci troveranno.”

“Pierre”, Emma mi molla un bacio all’improvviso, “vai in macchina e investili.”

“Cosa? Aspetta Emma—”

“Non sparate!” Esce allo scoperto con le mani alzate.

Non è mai stata amante dello stealth.

Infatti, in pochi secondi, torce e carabine puntano su di lei.

Uno sparo ci assorda e si ficca su un palo della recinzione.

“E meno male che ho detto di non sparare...”

“Perbacco, non l’hai sentita?” L’omone molla uno spintone al soldato e alza l’altra mano in segno di saluto, “ehilà, señorita! Perdoni l’irruenza del mio collega. Con chi ho il piacere di parlare?”

“Emma Champloo”, sbuffa e gira gli occhi, “Azienda DeserTaxi.”

“Ah, vi conosco, sì, sì. Siete i signori che hanno contribuito alla fuga di El Verdiente.”

“Boiate. È un cliente come altri. Ci ha pagato per essere scortato da punto A a punto B.”

L’energumeno si liscia il mento, ancora sereno in volto: “Un cliente come tanti...”

“Uno impegnativo, aggiungerei.”

Approfitto delle torce puntate da tutt’altra parte per sgattaiolare lentamente verso il DeserTaxi.

Spero che Emma resista il più possibile a essere cordiale. Devo muovermi come una piuma per non esser sentito.

“Abbassate le armi amici miei, sta’ dicendo la verità. E non è coinvolta quanto loro”, indica la motociclista priva di sensi.

Incredibilmente abbassano tutti le armi.

Emma è stupita: “Finalmente qualcuno che ascolta...”

Intanto, io sono quasi al veicolo. Non vedo El Verdiente, però.

“Cara señorita, le sarei grato se ci aiutasse a localizzarlo. Può chiamarmi Lino, è il mio nome.”

Emma mette una mano in tasca per prendersi un bastoncino di liquirizia e lo sgranocchia di fronte a tutti.

Per poco non le sparavano di nuovo.

“Piasciere, Lino.”

“Vede”, continua l’energumeno, “le Motociclette Blu sono criminali di strada da quattro soldi, ingaggiate probabilmente da un nostro clan nemico, che scoveremo. Ma il cliente che state proteggendo? Quello può apparire come un gentiluomo qualunque, un cittadino onesto, ma nella realtà è un meschino criminale. Un ladro ricercato in tutto il sistema solare, con una taglia che pende tra i duecento e i trecentomila crediti. Di recente ha profanato il nostro museo privato, privandolo di uno sei suoi oggetti esposti. Una collana, per l’esattezza. Ne sa qualcosa?”

“Anche se fosse, se ne occuperà la Cyberpol. Che frega a voi di stanarlo?”

Avrebbe potuta dirla meglio...

“Ci importa molto, in verità. Il museo è del mio capo e io di tanto in tanto lo apro durante le occasioni speciali.”

“Quindi sei il portinaio?”

Lino ride di gusto: “No, no, señorita! Custode si avvicina di più!”

“Ah ci lavori? Strano. Pensavo avessi già un ristorante a Lakey City.”

Emma... Lino ha perso il sorriso...

“Sì, è vero. Ma la mia società è affiliata con altri brand e compagnie. Ci si aiuta a vicenda. Sa, señorita, noi conosciamo la Champloo Voyagers. E conosciamo i vostri genitori. Però è strano che tu mi conosca. Non so se mi spiego.”

“Massì, ti sei spiegato bene. So qualcosa di sfuggita. I clienti parlano di molte cose.”

I clienti, giusto. Ora è più chiaro.”

L’omone si avvicina a mia moglie. Le alza delicatamente il viso.

Con un sorriso empatico stampato in faccia, come una di quelle vecchie emoji preimpostata, chiude gli occhi: “Ascolti, bella señorita. Lei è ancora giovane e frizzante per mettere a repentaglio la propria vita. Siamo in buoni rapporti con i vostri genitori. Non rovini cosa hanno costruito in vent’anni.”

Emma gli schiaffeggia la mano spostandola altrove: “Non mi chiamare bella señorita...”

“...se non vuole perdere la pelle prima del tempo, le conviene scegliere da che parte stare in tutto questo malinteso. O finisce come lei.”

Irritato tanto quanto lei sto entrando nel DeserTaxi, ma da lontano, anche se è buio, riconosco la sagoma di una grossa donna in tuta attillata che sporgono per un attimo dalla limousine.

Ha la testa coperta da una borsa di cartone, sporca di sangue.

Doveva essere quella più armata di tutte.

E ora è la più inerme...

“Non sono uno che ama la violenza”, continua Lino, “né tantomeno mi piace scendere a ricatti. Davvero! Preferisco il pensiero positivo! L’ottimismo fa bene alla salute e porta più risultati diplomatici!” Apre le braccia, “veniamoci incontro e nessuno si farà male.”

Rispondo io: sgasando e giocando con l’acceleratore in folle.

Torce e carabine puntano qui.

Un calcio improvviso indietreggia l’omone, ed Emma trova riparo dagli spari dietro il cassone dei rifiuti.

Lascio la frizione e sfreccio in seconda.

E approfittando di mia moglie al riparo, lancio un missile che sparpaglia gli uomini neri da più parti.

Viro dritto. Accellerando al massimo.

Emma esce allo scoperto e rimane ferma, sorridente, scansando per un pelo lo specchietto laterale alla mia frenata.

“Ci hai messo un po'.”

“Dai! Salta su!”

“Sempre più fico, Pierre. Sei sempre più fico.”

“Non mi interessa di El Verdiente o di voi Banditos”, urlo a Lino, che si sta risistemando il grosso sombrero, “Sbrigatevela tra voi! DeserTaxi è un’azienda onesta!”

Non mi importa nemmeno della Cyberpol a questo punto.

 

Rizzo il veicolo in orbita.

 

X – Ultimo Giro

 

Ma quando l’ha presa dal cinturino?

 

E soprattutto, perché è qui dentro?!

Costretto a guidare per la fuga e per la mia stessa pistola puntata alla tempia, anche un’altra arma mira verso i sedili posteriori.

“Posala”, ruggisce Emma, “ORA.”

“Spiacente, madamoiselle. Le devo chiedere un ultimo giro.”

“Scordatelo!”

“Emma, no!”

Non ho fatto in tempo. Un botto allucinante mi acceca.

Mi fischiano le orecchie... ho sentito un urlo.

Riapro gli occhi.

Il freddo metallo della rivoltella poggia sulla mia guancia, e il parabrezza anteriore ha un nuovo buco.

Una mano tiene stretta quella armata di mia moglie.

Mi giro: nessuno si è ferito... a parte Emma che azzanna con un morso da pantera il braccio armato di El Verdiente.

Mi ha salvato la vita così..?

Lei guarda la mia faccia in bilico tra sollievo, sorriso e spavento, e d’improvviso guizza come un barracuda: con l’altra mano abbassa di scatto il sedile.

Molla l’osso che rosicchiava per acchiappare con gli artigli il mento di El Verdiente.

Questo spinge la canna della rivoltella sul suo stomaco, tossendo: “Ah! Non una mossa, madamoiselle! Va bene saltarmi addosso... ma non così..!”

Peccato lei abbia appena puntato la pistola sul suo naso: “Taci bastardo, o premo il grilletto! Anche a costo del rene!”

“Smettetela!”, sbraito a entrambi, “non è questo il momento di ammazzarci a vicenda!”

Nell’ansia per i due problemi in macchina, ne scorgo un terzo e più pericoloso dallo specchietto, che ha preso il volo dopo di noi.

Un noto problema azzurro.

Va a nostro vantaggio che il DeserTaxi sia una berlina orbitale con più cavalli di quel motore.

Viro brutalmente in picchiata sulla sinistra, cercando di scansare i proiettili che vibrano sulla carrozzeria.

“Avete fatto la conoscenza di Lino”, fa El Verdiente dopo essersi liberato dalla presa di mia moglie, “non si fermerà finché non avrà ripreso la collana.”

“Cacchio Pierre, aziona i flare!”

Con la coda dell’occhio vedo un soldato in nero che sta in equilibrio fuori dai finestrini.

Ha in mano un lanciarazzi?!

Viro e scanso missili a ricerca con una manovra turbolenta a mulinello. Distratti dai flare, vanno a impattare su uno dei tanti palazzi attorno a noi.

Una volta ristabilizzato il veicolo, nuove tempeste di piombo incrinano i vetri di dietro.

Emma guarda il gentiluomo, appena ripresosi dalla centrifuga: “A te t’ammazzo dopo! Resta lì!”

Je ne vais nulle part, madamoiselle...”

Torna al sedile davanti, raddrizzandoselo, e pigia il bottone per le Misure di Sicurezza Anti-Pirati.

Zero ripensamenti: risponde al fuoco coi missili.

L’azzurra limousine rallenta di colpo e gira da tutt’altra parte, sparendo dietro i palazzi.

Tiro un sospiro di sollievo: “...grazie Emma.”

“Bene. Adesso accosta, che se la sbrighi da solo!”

“Un momento—”

Di nuovo la pistola puntata.

E una rivoltella che si alza dall’altra mano.

“No! Tu scendi ora e ti metti d’accordo con uno dei tuoi bei discorsetti! Con noi hai chiuso, non siamo il tuo mezzo di fuga!”

“Oppure... potete portarmi in centro città. Non vi siete ancora chiesti perché i piedipiatti non ci stanno alle costole?”

“Ora che me lo fai notare...” lancio occhiate fugaci un po’ ovunque, “perché non intervengono?”

Come lo dico, il problema azzurro ricompare dietro di noi.

“Lo faranno, lo faranno, ma tardano per via degli accordi che hanno coi Banditos. Motivo per cui voglio chiedervi di lasciarmi in Via Prometeo. Lì non potranno spararci.”

“Scordatelo”, mia moglie è nera come un puma imbestialito, “se devo scegliere, farti fuori qui ed ora è più conveniente!”

“Nemmeno per diecimila crediti?”

Guardo la faccia di Emma, che strizza gli occhi: “...per ventimila. Forse.”

“Undicimila. Ci devo guadagnare anche io col Tesoro, sa?”

“Devi ripagarmi i danni per la perdita di tempo: quindici.”

“Undici, madamoiselle. Ve li ho già pagati prima.”

“Non quelli di adesso", Emma mi adocchia, "Pierre. Vola basso.”

“...lo vuoi davvero aiutare?”

“Per quindici.”

Abbassandoci di quota, apre la portiera e l’aria ci risucchia i capelli: “Solo per quindicimila crediti ti aiuterò, ma per un’ultima volta. Se non accetti, faremo un bel lancio col paracadute. Se ce l’hai nello zainetto, perché non è incluso nei nostri servizi.

Lui sorride a occhi chiusi, tenendosi la grande fedora per non farla scappare: “D’accord. Quindici sia. Ma solo perché non voglio rovinare il vostro bel viso con una pallottola.”

Per qualche virata a destra e sinistra, evito di scontrare il DeserTaxi sui bassi palazzi neri e parallelepipedi di Galileo City.

Perlomeno, è proprio come diceva il gentiluomo: i Banditos hanno smesso di sparare da un po’.

Ci stanno solo inseguendo.

Approfitto di una strada principale per volare sopra ad altre auto, sorbendomi i clacson allertati.

Semmai gli tornerà in mente di aprire il fuoco, qui ci sono troppe persone anche per loro.

I Banditos restano in alta quota.

Al che, a un incrocio, viro sulla destra.

Poi sulla sinistra.

Mi imbuco qua e là per vicoli strettissimi, strisciando di tanto intanto gli specchietti sulle mura.

“Sta’ più attento, Pierre!”

“Mi spiace amore”

Però li ho seminati.

Finalmente raggiungiamo Via Prometeo. Più distaccata dal centro città, ma ugualmente abitata e riempita da pedoni passanti.

Parcheggio in mezzo alla strada.

“Bene”, ringhia Emma, “pagaci e vattene, finché non c’è nessuno.”

El Verdiente le lancia una mazzetta di contanti e scende.

Aggrappato alla portiera, prima di chiuderla, abbassa leggermente il cappello.

“Mi spiace avervi coinvolto in questa corsa, madamoiselle Emma et monsieur Pierre. Farò in modo di sdebitarmi meglio la prossima volta.”

Emma non lo guarda nemmeno, sta contando i soldi.

Io gli sorrido, scuotendo la testa: “Non credo ci sarà una prossima volta. Sei già sulla sua lista nera.”

Gli scappa un sorriso: “Allora, stavolta per davvero: au revoir!

Mostro due dita in segno di saluto: “Adieu”, e chiudo il finestrino

Emma, offesa, mi batte un pugno sulla spalla e continua a contare.

El Verdiente si incammina verso un’auto nera e coi finestrini opachi, posteggiata sul lato della strada.

“Che fa adesso?”

Apre la portiera posteriore e, poco prima di entrare, ci sorride un’ultima volta.

“Credo che sia quel suo contatto.”

La vettura si accende e parte, mescolandosi col traffico lontano.

Io ed Emma rimaniamo seduti, sospirando e sbuffando. Riprendendoci dalla corsa.

“Wow...”

E ridiamo entrambi, stremati.

~

Non sono nemmeno passati dieci minuti che la limousine azzurra ci rimette in stato d’allerta.

Tuttavia, come metto in moto, questa parcheggia davanti a noi.

“Pierre, prendi il volo! Che aspetti?”

“Un attimo, Emma. Non credo vogliano farci qualcosa.”

“Ma che dici? Vola!”

“Fidati di me”, scendo dalla macchina con calma, “penso di aver capito come stanno le cose.”

Dalla loro vettura, l’energumeno scende sorridente. Noto meglio ora che il suo cappello nero è più grande e più strano di quello del gentiluomo.

“L’autista, presumo”, adocchia me ed Emma, che scende sbattendo la portiera, “non preoccupatevi. So che El Verdiente non è con voi.”

“E come lo sai?”

“Il Tesoro di Arianna, come ogni oggetto museale, aveva una cimice anti-furto. Quell’uomo l’ha rimossa e l’ha nascosta in uno dei falsi che abbiamo rinvenuto nel deserto, ma su di lui le motocicliste ne avevano piazzata un’altra. Ci siamo fatti aiutare e, una volta trovati voi, abbiamo trovato chi può guidarci da lui.”

Mostra dal polso lo stesso dispositivo che avevo visto sul braccio del Trapatzki con la katana, e qualcosa si illumina dal fianco scoperto sotto la maglietta di Emma: un adesivo per bambini di una moto viola, dai fanali leggermente luminosi e gli occhi come quelli dei film d’animazione degli anni duemila.

“Se sapete che El Verdiente è altrove, che volete ancora da noi?” Si fa avanti mia moglie, ancora ignara della cimice che lampeggia, “siamo stati costretti ad aiutarlo.”

“Non lo metto assolutamente in dubbio, señorita.”

L’uomo le si avvicina, ma stavolta mi metto davanti io.

“Non si preoccupi, autista. Non le farò alcun male.”

“Sarà meglio.”

Emma avrà uno sguardo da felino, ma io ne posso mostrare uno più canino.

Uno pronto a mordere la coda ad altri cani.

Non importa la razza.

Lino annuisce: “Molto bene”, e mi rende il bracciale della motociclista, “toglierai tu la cimice dalla tua donna.”

“Cosa?” Si tocca dappertutto Emma, “ma dove? Quando..? Ugh, El Verdiente... viscida serpe!”

Il Banditos, stranamente di buon umore, torna alla limousine.

“Aspetta”, mi sorge un dubbio, “cosa succederà ora?”

“Non si preoccupi, autista. Rintracceremo quel ladro e gli uomini per cui lavorava. Voi potete tornare al vostro lavoro di sempre. La vostra azienda ha salvato un mio caro amigo, una volta.”

Come se fosse segno universale di chiunque abbia questi strani cappelli giganti, abbassa la visiera e ci saluta.

“Come diciamo noi a Lakey City: «Ojo por ojo... cortesía por cortesía.»”

E così, come l'ultimo dei nostri problemi si allontana e prende il volo, guardo il DeserTaxi conciato male e mia moglie, bella come sempre.

"I soldi che ti ha dato El Verdiente erano giusti?"

"No."

"Ah, ottimo... ha raggirato tutto e tutti fino all'ultimo..."



Lei sorride: "Nah, è solo un'idiota. Mi ha dato una mazzetta da ventimila crediti senza nemmeno contarli."

DeserTaxi 3097 – Corsa al Tesoro di Venere (2/2) testo di anderwritten
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