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Federica aveva smesso di cercare segni dell’universo quando l’universo iniziò a parcheggiare davanti a casa sua.
Erano le sei del mattino, un’ora in cui solo i panettieri e gli errori cosmici sono veramente svegli, quando udì un suono simile a un rutto oceanico. Uscì sul balcone con la tazza di caffè in mano e vide , perché non c’è un verbo migliore , una balena.
Blu, enorme, sospesa a trenta centimetri dal marciapiede, con una calma che solo i giganti possono permettersi.
E sopra di lei, come se fosse la cosa più naturale del mondo, stavano tre gatti che fumavano la pipa.
Federica non gridò.
La balena invece la guardò , o almeno così sembrò, con un occhio grande come un fanale e disse, con voce baritonale e leggermente bronchitica:
«Federica. È ora ».
«Ora… cosa?» chiese lei, cercando di non pensare al fatto che una balena le stava parlando.
«Ora di un viaggio. Uno di quelli che o ti illuminano o ti fanno pentire di aver lasciato il letto ».
Il gatto più vicino, un certosino con una cicatrice sopra l’occhio e una pipa d’ambra, annuì.
«Salga, signorina. Il biglietto è gratuito, ma il ritorno non è garantito ».
Federica esitò. Poi pensò: Peggio di un lunedì non può essere, e salì.
Il Circolo dei Felini Filosofi
Sul dorso della balena l’aria odorava di tabacco dolce,vaniglia e sale marino. Il certosino si presentò:
«Sir Whiskerton III, filosofo e fumatore di professione. Questi sono Madame Chaton e Mister Grumo. Noi, umani compresa, formiamo il Circolo dei Felini Filosofi».
«E cosa fate, esattamente?»
«Cerchiamo il senso delle cose, finché non ci distraiamo con qualcosa di più interessante. Di solito, il pesce».
Madame Chaton, una siamese elegante con l’aria di chi ha letto troppi romanzi esistenzialisti, fece uscire un anello di fumo perfettamente rotondo.
«Oggi discutiamo dell’assurdo. E tu, mia cara, sembri la candidata perfetta ».
Federica pensò che poteva anche andare peggio: almeno non le avevano proposto un caffè al Bar Trilly
Attraverso i cieli (e le proprie crisi esistenziali)
La balena emise un profondo sospiro, come chi si rassegna alla stupidità degli esseri terrestri, e si sollevò.
Le case divennero francobolli, le automobili formiche, e il mondo, dall’alto, sembrava incredibilmente fragile.
«Perché proprio me?» chiese Federica, aggrappandosi al dorso scivoloso.
«Perché hai smesso di chiederti “Perché io?”,» rispose la balena, «e hai iniziato a chiederti “E se invece…?”».
Sir Whiskerton la fissò. «Le persone che dicono di voler capire tutto di solito hanno solo paura di cambiare domanda ».
Mister Grumo, un gatto nero con un accento napoletano e un talento per le verità brutali, aggiunse:
«L’universo è come una lettiera: se la scavi troppo, non ti piacerà quello che trovi ».
Federica rise. Non per il senso (che le sfuggiva), ma per la sensazione di leggerezza che le saliva dentro.
La risata la fece sentire viva, e anche un po’ stupida, nel senso migliore del termine.
L’isola degli Oggetti Dimenticati
La balena li portò sopra un mare di nuvole fino a un arcipelago di isole galleggianti.
«Benvenuta nell’Isola degli Oggetti Dimenticati »annunciò Madame Chaton.
C’erano ombrelli senza padroni, biglietti del treno mai usati, sogni lasciati a metà e promesse scadute.
Federica scorse il suo vecchio quaderno di disegni , quello che aveva perso al liceo, fluttuare tra i coralli di carta.
«Ogni cosa dimenticata pesa,» mormorò la balena. «Finché qualcuno non la ricorda con gentilezza.»
Federica lo prese tra le mani. I disegni erano semplici, ingenui, pieni di luce.
Li aveva smessi quando la vita aveva iniziato a chiederle di essere “realistica”.
Ma ora, in mezzo a gatti fumatori e balene volanti, la realtà sembrava l’unica cosa veramente irreale.
«Posso tenerlo?» chiese.
«Puoi tenerlo solo se prometti di usarlo,» rispose Sir Whiskerton. «Altrimenti torna qui da solo. Gli oggetti dimenticati sono come i sogni: si vendicano ».
Rivelazioni (e altre cose che si trovano in tasca)
Quando la balena virò verso ovest, il sole calava e il cielo sapeva di mandarino.
Federica si sentiva parte di qualcosa ,non sapeva cosa, ma era bello non doverlo spiegare.
«C’è una morale in tutto questo?» chiese.
«Forse sì,» fece Madame Chaton, «ma è probabilmente idiota ».
Sir Whiskerton sorrise, con il fumo che gli disegnava una barba d’aria.
«La morale, mia cara, è che la vita non ha bisogno di senso per essere vissuta. Ha solo bisogno di un po’ di ironia, una pipa e qualcuno con cui cavalcare le proprie balene interiori ».
Federica chiuse gli occhi. Si sentiva leggera.
Quando li riaprì, era di nuovo nel suo letto.
Sul comodino, il quaderno. E una pipa spenta, di legno scuro, che profumava di vaniglia e oceano.
Epilogo: la rivoluzione silenziosa
Il lunedì seguente, Federica andò al lavoro. Ma invece di controllare le mail con lo stomaco stretto, disegnò una balena sull’agenda.
Le diede un nome…Ophelia.Sorrise.
Non perché avesse trovato risposte, ma perché aveva finalmente capito che non servivano.
E quando qualcuno le chiese: «Tutto bene?», lei rispose:
«Sì. Sto cavalcando la mia balena.»
Nessuno capì, naturalmente.
Ma per la prima volta, non importava affatto.