Il segreto della casa abbandonata

scritto da Fresia
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Testo: Il segreto della casa abbandonata
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IL SEGRETO DELLA CASA ABBANDONATA 

Accanto all’argine di un fiume, dove iniziava un sentiero sterrato che portava nel bosco, sorgeva un antico edificio disabitato e quasi in rovina. Per generazioni era stato la residenza di una nobile famiglia che, come si poteva leggere in alcune cronache, lo aveva reso una dimora di grande splendore e prestigio. Dei fasti di un tempo, tuttavia, non rimaneva più nulla e la ricca famiglia che la abitava, dopo essere caduta in disgrazia, non aveva lasciato alcun erede.
Non essendoci una discendenza, la proprietà  fu acquisita dallo Stato e messa in vendita, ma, a causa di alcune voci che circolavano nella zona, non fu possibile trovare un acquirente.
Si pensava che la casa fosse infestata dagli spiriti e che fosse pericoloso anche solo avvicinarsi a quell’ edificio.
A suffragare la fantasiosa teoria avevano contribuito, inoltre, alcune  morti violente e misteriose avvenute in tempi diversi nel borgo vicino e di  cui non fu mai possibile trovare i colpevoli.
Si trattava sicuramente di eventi che nulla avevano a che fare con i presunti fantasmi, ma in ogni caso, dopo i falliti tentativi di vendita, a nessun pubblico funzionario era mai  balenata l’idea di far restaurare l’edificio abbandonato. L’ unico a non temere più di tanto le dicerie era Gregorio, un senzatetto sulla quarantina che da tempo si aggirava nella zona. Avendo bisogno di trovare riparo, aveva pensato di stabilirsi nel rudere dell’alloggio di servizio che sorgeva accanto alla casa nobiliare: da lì nessuno lo avrebbe cacciato e in un posto del genere nessuno sarebbe venuto ad infastidirlo. Gli abitanti del luogo, infatti, evitavano di passare da quelle parti e per inoltrarsi nel bosco sceglievano sempre altri sentieri.
Per Gregorio quel posto era l’ideale. Gli bastava davvero poco per vivere e, pertanto, aveva sistemato alla meglio ciò che restava dei muri e del tetto della casupola e, in qualche modo, aveva ripristinato una sorta di porta utilizzando alcune assi di legno. Inoltre, aveva appurato che era ancora possibile usare il vecchio focolare che si trovava in quella catapecchia dalle pareti annerite e, in un angolo, aveva steso sul pavimento un logoro pagliericcio trovato in una discarica.
Nel giardino dell’antica residenza, che nel corso del tempo era divenuto un groviglio di arbusti e di erbacce, l’uomo si era dato un gran daffare per ripulire e dissodare il terreno e, tra i rifiuti dove era solito cercare del cibo, aveva recuperato qualcosa da piantare e da seminare. Convinto che a breve avrebbe avuto a disposizione un po’ di verdura fresca, Gregorio si sentiva fiducioso e soddisfatto. Tuttavia, nonostante il suo ottimismo e pur avendo avuto il coraggio di stabilirsi nel rudere adiacente, nemmeno lui osava mettere piede nella residenza. La notte, mentre si trovava sul suo misero giaciglio, gli pareva di udire strani rumori provenire proprio dall’edificio nobiliare, ma il bisogno di avere un riparo superava di gran lunga le sue paure.
Quel luogo in rovina acquistò lentamente un aspetto meno abbandonato, l’orto cominciò a dare frutti e Gregorio, che amava lavorare il legno, aveva collocato qua e là le sue piccole sculture che raffiguravano gnomi e streghe dai volti un po’ grotteschi. Con quelle, forse, voleva spaventare gli spiriti della grande casa anche se, per fortuna, non gli avevano mai fatto visita. Ma non c’erano solo le sue creazioni a riempire il cortile. L’uomo aveva accumulato ciarpame di ogni genere che raccattava durante le sue scorribande serali o notturne nelle discariche della zona. Si trattava di vecchie pentole, attrezzi arrugginiti, specchi rovinati, bauli, tinozze, giocattoli… e una miriade di altri oggetti che erano stati eliminati e che solo lui pensava di poter ancora utilizzare.
Una sera, mentre vagava per le strade del paese a caccia di cibo, sentì parlare alcuni passanti.
“Terribile!”, aveva esclamato un ragazzo. “Era da un po’ che non accadeva”, aveva aggiunto un anziano signore. Gregorio tese le orecchie e poté sentire  chiaramente che nel borgo si erano verificate due strane morti nell’arco di pochi giorni e che la colpa veniva attribuita agli spiriti dell’ antica residenza.
Ascoltando di nascosto, cercò di carpire altre informazioni e venne a sapere che la prima delle due vittime era stata colpita alla testa da una pesante mazza di legno e che alla seconda era stata tagliata la gola con il frammento di uno specchio.
“Non voglio credere che c’entrino gli spiriti”, pensò, considerando che viveva da tempo vicino alla casa in rovina e che non gli era mai accaduto nulla.
Quando Gregorio tornò alla sua catapecchia, fece una terribile scoperta: una mazza di legno, che aveva trovato in discarica, era sparita. In preda all’agitazione, l’uomo cominciò ad esaminare tutti gli oggetti che teneva nel cortile. Le sorprese non erano finite, poiché si accorse che uno dei suoi specchi era rotto e che ne mancava una parte.
“Non è possibile!”, esclamò esterrefatto. Forse avrebbe dovuto abbandonare quel luogo, ma non sapeva davvero dove andare. Dopo aver riflettuto un po’, cercò di calmarsi e disse tra sé  che la sparizione degli oggetti non c’entrava assolutamente nulla con i fatti di sangue appena accaduti.
Ma la sera dopo, mentre si trovava di nuovo in paese, venne a sapere che c’erano stati altri delitti e che chi li aveva commessi aveva usato dei vecchi attrezzi agricoli arrugginiti.
Gregorio si incamminò per tornare a casa e, arrivato in cortile, non poté fare a meno di notare che, tra le anticaglie accumulate, mancavano una roncola e un rastrello. “Oh mio Dio!”, esclamò in preda al panico. “E se incolpassero me di quelle morti?”.
Temeva che qualcuno venisse a sconvolgere la sua pace, facendo domande alle quali non avrebbe saputo come rispondere. Era stanco e sconvolto e pensò che fosse il caso di riposare. L’indomani, con più lucidità, avrebbe valutato se andarsene o rimanere. Il poveretto, però, non riuscì a chiudere occhio e il mattino seguente decise di abbandonare quel luogo per sempre.
In fretta e furia raccattò le sue cose, perlomeno quelle che era possibile portare con sé e, guardando il suo rifugio per un’ultima volta, si avviò. Dopo qualche passo, l’uomo fu fermato da un lamento, uno strano mugolio che pareva provenire dal vecchio pozzo che si trovava nel cortile. “Gli spiriti!”, esclamò, ma mentre stava pensando di affrettare il passo, sentì il bisogno di andare a controllare e scoprì che nel pozzo, ormai secco, era caduto un gattino.
Gregorio voleva andarsene quanto prima, tuttavia non se la sentiva proprio di abbandonare la bestiola ad un crudele destino. Senza riflettere troppo si calò nel pozzo e, giunto sul fondo, vide qualcosa di inaspettato: da lì si poteva accedere ad una specie di bassa galleria che forse portava nell’ antica residenza. L’uomo risalì con in braccio il gattino e, quando fu in cima, lasciò libero l’animale che immediatamente scappò via. “Anch’io dovrei andarmene”, disse tra sé, “e subito”. Eppure, nonostante avesse una gran paura, l’uomo decise di calarsi nuovamente nel pozzo, poiché era curioso di vedere dove portasse esattamente la galleria.
Dalla tasca prese una piccola torcia che aveva trovato e che funzionava a malapena, ma quella debole luce fu sufficiente per fargli trovare, dopo alcuni metri, uno stretto canale sotterraneo. Pensò di seguire quell’acqua e, poco dopo, giunse in una grande cantina dall’alto soffitto a volte.  Rimase sconcertato nel constatare che in quel luogo ci doveva per forza vivere qualcuno e cominciò a rammentare tutti i rumori che aveva sentito nel cuore della notte e che non aveva mai preso sul serio. Si guardò intorno spaventato…
Sulle pareti erano appesi vecchi ritratti, probabilmente dei nobili a cui l’edificio era appartenuto e, da una parte, vi era un vecchio tavolo con sopra un candelabro dorato. Le tremule fiamme delle candele rischiaravano appena il buio della cantina. Gregorio si avvicinò e sul piano del tavolo vide un antico libro con la copertina di cuoio.
Era impossibile non provare timore, ma ormai era lì e doveva scoprire i misteri di quell’ antica casa che non sembrava affatto disabitata. Con cautela aprì il vecchio volume e cominciò a sfogliarne le pagine ingiallite.  Si trattava soprattutto di un libro di magia, ma non solo...
Quelle pagine rivelarono qualcosa di sconvolgente. Il testo  era stato scritto in latino e Gregorio, che da giovane aveva frequentato il liceo, riusciva a comprendere perfettamente il contenuto.
Lesse delle arti magiche le quali, unite al potere dell’acqua portentosa che scorreva nel canale sotto la residenza, avevano permesso all’ultimo erede della nobile famiglia di rimanere in vita per secoli. Venne a sapere che era lui l’artefice delle morti avvenute nel borgo poiché gli consentivano, attraverso lo spirito rubato alle vittime, di continuare ad accrescere la sua forza vitale. Ma ciò che più lo sconvolse fu scoprire che tra quelle righe si parlava di un senzatetto che avrebbe occupato l’alloggio di servizio e degli oggetti che avrebbe accumulato nel cortile della residenza. Sarebbero serviti per commettere numerosi delitti sempre più ravvicinati, poiché, per mezzo della magia, avrebbero preso vita e avrebbero agito al posto del nobile.
Gregorio non poteva credere a quello che stava leggendo: ciò che era stato scritto un tempo stava veramente accadendo. Continuando a scorrere quelle pagine, vide l’immagine di un cavallo a dondolo che aveva trovato da poco in una discarica. Scoprì che era appartenuto ad un bambino il quale, proprio nell’anno in cui si trovavano, avrebbe festeggiato il suo ventesimo compleanno. Quel giocattolo era necessario per compiere l’ultimo delitto. Scoprì che il ragazzo era perfettamente identico al nobile da giovane e che l’anima di quello sventurato era ciò che serviva a quell’uomo malvagio per conquistare la vita eterna. Sempre più sconcertato e convinto che il mago avrebbe usato l’immortalità per scopi terribili, Gregorio disse tra sé che doveva fare qualcosa per fermarlo. Ma dove si trovava quell’ oscuro individuo che era sopravvissuto in segreto allo scorrere del tempo? 
Mentre stava pensando a queste cose, sentì un rumore…
“Come hai osato entrare nella mia casa!”, esclamò il nobile, che era apparso all’improvviso.
Gregorio era terrorizzato. Il volto dell’uomo era orribile, pieno di cicatrici e di ustioni ed era impossibile capire quale età potesse dimostrare. Nonostante la paura, trovò il tempo per riflettere e pensò di aver capito che con la morte del ragazzo, il mago avrebbe avuto non solo l’immortalità, ma probabilmente anche il suo aspetto di un tempo. Tuttavia, non poteva abbandonarsi ad ulteriori riflessioni: per salvarsi e per salvare la vita del giovane predestinato, doveva tentare di uccidere quella specie di mostro e doveva agire subito.
Preso il candelabro dal tavolo su cui si trovava, si scagliò contro il nobile e cominciò a colpirlo con tutte le sue forze. Mai avrebbe creduto di essere capace di compiere un tale gesto, eppure non poteva fare altrimenti.
Lo stregone tentò di difendersi ma, nonostante usasse la magia, Gregorio riuscì ad avere la meglio e, dopo una lunga colluttazione, lo vide accasciarsi a terra e divenire, lentamente, un mucchietto di polvere che l'acqua del canale portò via.
Ce l’aveva fatta, finalmente era salvo e l’ essere immondo non avrebbe più arrecato alcun danno. Ma l’uomo non aveva potuto leggere le ultime pagine del libro, in cui si parlava del sortilegio che il mago avrebbe compiuto in punto di morte. Chiunque lo avesse ucciso non sarebbe sopravvissuto abbastanza per svelare ciò che era riuscito a celare così a lungo poiché, nel giro di alcuni minuti, si sarebbe trasformato in una statua.
Gregorio cominciò a percepire una strana sensazione, sentiva che i muscoli si stavano irrigidendo e, poco dopo, vide che le sue mani erano diventate di pietra. Trascorsero alcuni istanti e, infine, tutto il corpo dell’uomo divenne di marmo bianchissimo. La vita lo aveva abbandonato e il suo spirito avrebbe portato con sé il segreto di quell’ antica dimora. Nessuno ne sarebbe venuto a conoscenza e il giovane, che si era salvato solamente grazie a lui, non seppe mai del suo sacrificio.
Quel ragazzo terminò con successo i suoi studi di architettura e, dopo alcuni anni, fu eletto sindaco del borgo che sorgeva nei pressi della casa abbandonata. Poiché non si erano più verificati misteriosi accadimenti e convinto che ogni assurda credenza andasse combattuta, il giovane primo cittadino decise che era giunto il momento di ridare dignità a quell’edificio in rovina. Nonostante le proteste di molti paesani, avviò un progetto di ristrutturazione che alla fine fu approvato. Non fu per nulla facile trovare persone disposte ad accettare quel difficile lavoro di restauro, ma, dopo lunghe ricerche, un’impresa si offrì di rischiare.
L’ antica residenza nobiliare riacquistò lo splendore di un tempo e divenne un bellissimo museo. Alcuni degli oggetti che Gregorio aveva accumulato, comprese le sue piccole sculture, trovarono posto nelle varie sale, mentre la statua di marmo fu collocata proprio accanto all’ingresso. Inconsciamente, il sindaco aveva reso omaggio a colui che lo aveva salvato.

Il segreto della casa abbandonata testo di Fresia
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