Contenuti per adulti
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Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Erano milioni le scale che percorrevamo per quelle rampe di quel palazzo che un tempo fu la sede della nostra prima casa. 
Lo ricordi, Drusilla?
E quante volte le ho scese per me, e quante volte le ho scese…per te.
Ma quante volte le abbiamo scese insieme?
Ed uniti, era ogni giorno un prolungarsi di vita, riempita dalle nostre parole, condite di sguardi e da mai insipidi sorrisi. 
Da quando non ci sei, però, ogni gradone di marmo è freddo, ripido, gelido, come questo cuore la cui porta l’hai lasciata socchiusa: il desiderio del tuo ritorno, seppur utopico, resta sempre lì al centro, tra lo scatto della serratura e la realtà.
Dalla tua assenza ho appreso che, benché lungo, il nostro viaggio assieme, adesso mi risulta essere quanto di più breve io abbia mai vissuto, e la nostalgia attanaglia il petto che tante volte, non te lo nascondo, credeva che i giorni fossero infinitamente lenti. 
E questo viaggio che proseguo, in solitaria, adesso, lo vivo interamente senza sale. 
Il sale del sapore che tu davi a tutto. 
Affronto le ore del quotidiano accorgendomi che non ho bisogno più di nulla, né di coincidenze orarie, né di arrivare in tempo in qualche luogo di cui più neanche mi interessa il fine.
La banalità dell’armonia che mi circonda mi fa sprofondare in uno stato di alienazione quasi sublime, nel quale mi nascondo con la profonda convinzione di aver comunque vissuto una vita attraverso tutti miei sensi e non solo quella che è scivolata via sotto i miei occhi. 
Drusilla, amata, milioni son state le scale, anche quelle degli edifici che più amavamo e ahimè, ahinoi…odiavamo. 
E credimi se ti dico che non le ho mai scese assieme a te, solo perché convinto che potessimo in due evitare rovinose cadute. 
Le ho scese con te, dandoti sempre il braccio, perché ad ogni passo che ad oggi risulta vuoto, aprivi a me mondi, dei quali neanche conoscevo le esistenze. E i miei occhi erano troppo ingrati per potersene accorgere. 
A differenza certamente tua, creatura del tutto offuscata, le cui iridi si nascondevano nei palmi che strusciavano sui passamani, nelle labbra che assaporavano ogni goccia di parola, e nella capacità di udire in modo quasi ultraterreno le esigenze umane di ogni cuore sulla tua via.