Il passo del gigante

scritto da Ninfa_orobica
Scritto 7 mesi fa • Pubblicato 7 mesi fa • Revisionato 6 mesi fa
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Si arriva ad un punto di svolta durante una fuga convulsa. Alcune dinamiche determinano un nuovo andamento della storia. Olga si trova faccia a faccia con se stessa, con la missione e con le sue insicurezze. Soliman rivela un nuovo sè.
- Nota dell'autore Ninfa_orobica

Testo: Il passo del gigante
di Ninfa_orobica

La torcia di Taher passava in rassegna frenetica l'ambiente circostante con una precisione chirurgica. La berlina nera vuota, ferma dietro di lui. Tra le sue mani, un tablet mostrava una mappa di un tracciamento satelliare interrotto in corrispondenza della posizione esatta della berlina. La sua torcia illuminava ogni anfratto, ogni feritoia tra le rocce del deserto poteva essere, secondo lui, un possibile nascondiglio per Soliman e il giovane ostaggio, quella bella bionda dell'Europa dell'Est che sembrava non avere la benché minima idea dell'obiettivo di quella missione, pur essendo coinvolta direttamente. Taher di questo aveva già parlato con Soliman, il quale aveva sempre preso le difese della giovane (e chissà come mai, si chiedeva non di rado Taher pensando alla pelle chiara della giovane donna e al suo stacco di coscia).Doveva ammettere che la situazione stava sfuggendo di mano a tutti: il Colonnello era stato affiancato a Wasil, incaricata di entrare in contatto con l'Intelligence, cosa, che, peraltro, era riuscita benissimo ad andare in porto quando la donna russa aveva hackerato il sito web del diving dove Soliman risultava lavorare lì come istruttore. Quando il Colonnello aveva riferito a Wasil della doppia vita di Soliman, Olga non se l'era fatto ripetere due volte: la giovane aveva raccolto tutte le sue abilità informatiche e aveva fatto suo il sito web da remoto, prenotando delle immersioni prima al diving come una normale turista e poi superando con successo la barriera del firewall. Cosa quest'ultima che aveva stupito Taher: ammise a se stesso di aver sottovalutato le abilità di Wasil. Ma Wasil non avrebbe mai immaginato che il Colonnello già era in contatto da tempo con Soliman. Hassan sapeva tutto. Taher, pure. Ma ora Soliman lo stava perdendo. "A che gioco sta giocando il mio braccio destro?" Si chiese Taher illuminando un accampamento beduino con la sua torcia. l'accampamento aveva tutta l'aria di essere abbandonato da giorni, ma qualcosa catturò l'attenzione di Taher: delle strisce nella sabbia catturarono la sua attenzione. Si era soffermato su ogni dettaglio attorno a lui, ma non aveva considerato neanche lontanamente l'indizio più lampante, sotto i suoi stessi occhi. Guardò in basso.

Nel frattempo, non molto lontano dall'accampamento beduino che stava analizzando Taher, due uomini, sulla riva della laguna di un oasi, guardavano la superficie dell'acqua, piatta come una tavola. Erano gli uomini che Taher ha voluto con lui per cercare di fare luce sulla situazione. Nessuno conosceva il loro nome o da dove provenissero, nemmeno Taher stesso, che era solito identificarli con un codice. Taher sapeva che erano temuti anche dai suoi generali. Forse anche da Soliman. Quando lo aveva conosciuto, anche Soliman era temuto da Taher: la rapidità fulminea con cui eseguiva gli ordini e l'ostentato distacco dalle emozioni rendevano quell'ormai ex soldato, Hassan Soliman, una figura che tutti guardavano di sottecchi, alla base militare. "Non si vedevano soldati così dai tempi degli opliti" pensava Taher ogni volta che assisteva alle prestazioni di Soliman, che conosceva le dinamiche di fanteria pesante dei soldati spartani meglio di chiunque altro abbia mai conosciuto. Ma Taher conosceva anche ciò che Soliman aveva passato: aveva lasciato la famiglia e un amore per andare in guerra. Era presente durante i suoi momenti di sconforto, ma era talmente ammirato dalla sua determinazione che le sue debolezze erano passate in secondo piano. Quei due uomini che Taher aveva ingaggiato per trovare Soliman e Wasil, gli ricordavano Soliman all'inizio, addestrati com'erano ad ogni arte marziale, come se non fossero altro che macchine da guerra. Ma un'aura più losca li circondava. I due talvolta erano incaricati dal governo per portare a termine qualcosa di scomodo. E di certo quella era una situazione difficile, perciò Taher aveva deciso di coinvolgerli, non senza qualche timore. Ma quale timore: Taher non conosceva né scrupoli né dubbi e la scelta di metterli in gioco sapeva che sarebbe stata la cosa più giusta da fare, costi quel che costi. Concluse tra sè e sè che ad ogni azione corrisponde una reazione. E, del resto, Soliman lo stava tradendo. 

Uno dei due uomini stava osservando la superficie calma dell'acqua, quando, ad un tratto, l'altro, che stava ispezionando l'interno di un fuoristrada parcheggiato non molto lontano, esordì con un tubo in plastica in mano di modeste dimensioni: "questo ha l'aria di essere uno snorkel. Che cosa significa?". Il primo che aveva parlato era un uomo solitamente taciturno che parlava solo quando era strettamente necessario. E il fatto di aver trovato uno snorkel comportava per lui aver trovato un indizio, motivo per cui ruppe il silenzio. L'altro, che non distoglieva lo sguardo dall'acqua lievemente increspata dal vento caldo, lo guardò come se fosse impazzito: "Be'. E' un banalissimo snorkel. In commercio se ne trovano mille di boccagli come quello. Davvero ti perdi in questi dettagli? Non significa nulla. E poi chi ti dice che appartiene a loro? Ti ricordo che la macchina l'hanno rubata. Girano voci che Soliman abbia avuto un passato da ladruncolo di automobili, prima che rimettesse un po' la testolina apposto, per così dire." L'altro lo guardò con una voce che lasciava trapelare un escalation di disprezzo: "A volte mi dai risposte mortificanti. Sei proprio insulso!" L'altro controllò l'impulso di litigare allontanandosi dal primo di qualche metro. Il sangue che pulsava nelle guance. Era impossibile lavorare con un collega così superficiale.
Stava per tornare sui suoi passi e rispondergli con un'altra replica a tono, quando qualcosa proveniente dall'acqua, un breve rumore e una fioca luce, catturò la sua attenzione. Un breve istante, la luce lontana sembrava avvicinarsi lentamente al punto da cui proveniva il rumore. Seguì un piccolo mulinello d'acqua che durò pochi istanti. "Eccoti, Soliman!" L'uomo in superficie trattenne il fiato, il cuore accellerava i battiti nel petto. Scrutò l'acqua con attenzione, poi esortò l'altro ad avvicinarsi: "Presto, stanno risalendo!" L'altro uomo lo raggiunse: "Prendiamo la nostra attrezzatura e li raggiungiamo?" Seguì un istante di riflessione, poi irruppe la gelida risposta: "No." Un'altra pausa. Una pausa interminabile, attorno solo il rumore del vento, caldo come una fornace senza via d'uscita: "Prendi l'esplosivo e finiamola qua."
L'altro lo guardò, convinto di aver frainteso ciò che le sue orecchie avevano udito: "Cosa? Come sappiamo che sono loro?" 
Il secondo restituì lo sguardo interrogativo del primo: "Perché, a chi importa? Io voglio solo che tutto questo finisca al più presto." 
L'altro concordò col primo, pensando che quella sarebbe stata l'ennesima eliminazione che insieme avrebbero portato a termine, una delle tante, innumerevoli e anonime che avevano eseguito senza lasciare, anonime come loro, che erano soliti agire col favore delle tenebre.

Il passo del gigante testo di Ninfa_orobica
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