Contenuti per adulti
Questo testo contiene in toto o in parte contenuti per adulti ed è pertanto è riservato a lettori che accettano di leggerli.
Lo staff declina ogni responsabilità nei confronti di coloro che si potrebbero sentire offesi o la cui sensibilità potrebbe essere urtata.
Il Giocatore del Tempo
Mario Bianchi fissava il conto in rosso sul suo estratto conto bancario, l'ennesimo. A quarant'anni, la sua vita era diventata un labirinto di debiti, promesse infrante e relazioni distrutte. Le carte da gioco avevano preso il posto della famiglia, gli allibratori dei colleghi di lavoro. Quando scoprì per caso quella strana sala giochi in periferia, con quella vecchia macchina che prometteva "viaggi temporali", pensò fosse solo un'altra attrazione kitsch. Ma per qualche motivo ci provò, inserendo una data futura e pensando ai suoi debiti. Il lampo di luce lo sorprese. Si ritrovò nella stessa città, ma tutto era cambiato. Le architetture, i veicoli, persino i vestiti delle persone. Sul suo telefono, miracolosamente ancora funzionante, la data segnava 15 anni nel futuro. In un bar del centro trovò un uomo che sembrava aspettarlo.
"Ti stavo aspettando, Mario", disse l'uomo con un sorriso enigmatico. "Sapevo che prima o poi avresti trovato la macchina".
"Chi è lei? Come fa a conoscermi?", domandò sorpreso Mario.
"Chiamami il Banchiere. Sono quello che può cancellare i tuoi debiti di gioco. So che sono tanti e tutti di una certa quantità. Una partita a poker per ogni debito che vuoi eliminare. Vinci, il debito sparisce. Perdi, raddoppia".
Mario avrebbe dovuto diffidare, ma la possibilità di liberarsi dai debiti era troppo allettante. La sua esistenza, nel presente di 15 anni prima, era ormai diventata una corsa a ostacoli per far fronte alle richieste sempre più pressanti dei debitori e trovare nuove promettenti occasioni di giocarsi il tutto e per tutto in qualche bisca improvvista.
La prima partita fu incredibilmente facile. Vincere quel debito di 15.000 euro gli sembrò quasi sospetto. Al ritorno nel presente, controllò freneticamente il suo conto: il prestito della banca era stato estinto, il debito sparito, come per magia. Tornò nel futuro il giorno dopo, e il giorno dopo ancora. Vinceva alcune partite, perdeva altre. I debiti sparivano e riapparivano, alcuni raddoppiati. Più giocava, più sembrava creare nuove linee temporali di debiti.
"Non capisci?", gli disse il Banchiere una sera, dopo l'ennesima sconfitta. "Il problema non sono i debiti, sei tu. Il gioco è dentro di te, non nelle carte".
Mario non volle ascoltare. Continuò a viaggiare avanti e indietro nel tempo, vincendo e perdendo, in un turbine sempre più frenetico. La sua vita presente diventò un'ombra, un intervallo tra una partita e l'altra. Un giorno, dopo l'ennesimo viaggio, trovò un uomo anziano ad attenderlo davanti alla macchina del tempo.
"Chi sei?", chiese Mario.
"Sono te," rispose l'uomo. "Tra vent'anni. Non ho mai smesso di viaggiare, di giocare. La mia famiglia se n'è andata, gli amici sono scomparsi. Vivo solo per cancellare debiti che continuo a creare".
"Non può essere vero", mormorò Mario.
"Il Banchiere è parte di te", continuò l'anziano. "È la tua dipendenza. Non vincerai mai veramente, perché ogni vittoria ti spinge a giocare ancora".
Mario fuggì, continuando a scappare e a tornare al presente. Tentò di resistere, di non usare più la macchina, ma il richiamo era troppo forte. Dopo una settimana, era di nuovo lì, pronto per un'altra partita. E così continuò, avanti e indietro attraverso il tempo, vincendo e perdendo, creando e cancellando debiti, in un ciclo senza fine. La sua vita divenne un paradosso temporale, un nastro di Möbius dove presente e futuro si confondevano. A volte, nei rari momenti di lucidità, ripensava alle parole dell'anziano e si chiedeva se ci fosse una via d'uscita, una speranza. Poi, però, le carte chiamavano e lui rispondeva, viaggiando ancora una volta nel tempo per un'altra partita contro se stesso. Perché in fondo, aveva capito, il Banchiere non era altro che lo specchio della sua dipendenza, e quella macchina del tempo non lo portava nel futuro, ma solo più profondamente dentro il buio della sua ossessione.
Fabio Basilico