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Soliman era sdraiato su di un fianco sul divano basso al centro della sala. La testa mora posata sulla mano sinistra, i suoi occhi, grandi e neri -due occhi di chi ha appena conosciuto una certa forma d'estasi -guardavano la donna accanto a lui: "Non hai ancora provato l'abito". Alle sue parole, Olga, la donna accanto a lui, rimase in silenzio. Non stava pensando a quell'abito rosa drappeggiato da forse due ore, da quando lo aveva lasciato cadere sul pavimento, in preda ad altri desideri di pelle, quando si era trovata Soliman di fronte, nel momento in cui era ormai convinta che da lei sarebbe fuggito. E per sempre. Invece no. Si ritrovava ora accoccolata a fianco a lui, il suo respiro era lento e profondo, come se, finalmente, dopo giorni di addestramenti, intrighi e fughe convulse, era arrivato il momento che entrambi, in fondo, desideravano. "Il vestito lo proverò." Aveva risposto lei con voce flebile. Quella loro unione non era altro che il seguito naturale di quel bacio durante l'immersione, ma il bacio e tutto il resto doveva rimanere un loro segreto. Soliman non era fuggito da lei e ciò costituiva già di per sé un buon segno. Era con lei quando avrebbe potuto tornare da Taher annunciando che Olga Wasil era un bersaglio eliminato, invece era lì con lei, col bersaglio, con la donna occidentale a cui era riposta tutta quella fiducia immotivata. Soliman iniziava a pensare che forse tutta quella fiducia non era poi così immotivata. Dopo aver visto Wasil allenarsi con tanta costanza e determinazione, giorno e notte, reagire alle avversità dei rivali con tanta disinvoltura, i suoi occhi la guardavano in altro modo. Ma doveva mantenere un certo distacco da lei, soprattutto durante la cena che li aspettava che sarebbe cominiciata da lì a momenti.
I suoi occhi continuavano a scrutare Olga accanto a sè, le sue mani nerborute tra i capelli biondi della donna creavano un netto contrasto cromatico, mentre nei suoi pensieri regnava un inferno confuso. 'Giovane è giovane. Mi chiedo come reagirà quando saprà la verità. Anche se in parte già sa.' Il respiro di Olga si era fatto più profondo. Soliman cercò di cacciare il ricordo che si era affacciato alla sua mente, il ricordo di Sarah. Erano passanti molti anni, ma ancora lo tormentava il ricordo di quel velo (ancora lo vedeva come un fermo immagine, sospeso a mzz'aria) e il ricordo di sé stesso. E una lacrima scese lungo lo zigomo scuro. Doveva fuggire senza poter fare nulla. Con Olga non voleva ricadere di nuovo nella stessa situazione in cui si era ritrovato anni prima, ma voleva proteggerla. Voleva proteggerla, ma, al contempo, doveva nasconderla.
Si alzò dal divano, si rivestì e scrisse un biglietto ad Olga, in un russo perfetto: "Ti aspetto nel Grande Giardino alle 20. Dobbiamo arrivare separati. Più tardi capirai il perché. Non mancare, o sarai in grave pericolo." Pose il biglietto ad un tavolo vicino al divano dove Olga stava dormendo, poi attraversò l'anticamera della sala e uscì dal portone oltre ad un arco nella parete.
Governatorato del Sinai del Sud, ore 19:40
I drappi color rosa acceso dell'abito di Wasil fasciavano il suo girovita nel punto giusto. La viscosa cadeva dolcemente fin poco sopra le caviglie, rimanendo fedele alle forme del suo corpo. La donna guardò il proprio riflesso al grande specchio a parete della sala principale: ogni muscolo era ben definito, plasmato da innumerevoli allenamenti. Pensò che avrebbe potuto posare per un libro di anatomia (o quasi) se solo lo avesse voluto. L'appuntamento al Grande Giardino che aveva accordato Soliman era ormai alle porte. Si diede un'ultima occhiata compiaciuta allo specchio prima di uscire, poi, una passata di trucco lieve in gesti affrettati. Si diresse verso la porta sorprendendosi di sè stessa, della sua agilità nel camminare sui quei sandali decolleté oro che aveva trovato in un cassetto al di sotto dello scompartimento degli abiti. Aveva scelto le prime scarpe che aveva visto: le sembravano ideali da abbinare all'abito rosa che aveva adocchiato.
Scese la lunga scala a chiocciola e si diresse oltre un corridoio dorato, fino all'ingresso del Grande Giardino.
Wasil non aveva la benché minima idea di cosa l'aspettava oltre la grande arcata del porticato interno. Non era in verità del tutto sicura che presentarsi alla cerimonia che lì, stando a quanto aveva detto Soliman, fosse una buona idea, ma, quando ripensò al biglietto ammonitorio di quell'ex militare, deglutì. Scese con passo misurato ogni gradino di marmo bianco della scala a cioccola; l'abito appena risvoltato con le mani sui fianchi per evitare di inciampare nei suoi stessi passi. Raggiunse il piano terra, dove una folla di persone in pizzo, seta, merletti e frac (e in ogni fronzolo che una mente creativa può immaginare) era all'ingresso del giardino. Si unì al gruppo e notò che qualcuno la osservava. Sentì di avere qualche sguardo sulla schiena scoperta a metà: pensò ai segni sulla schiena che aveva notato specchiandosi in seguito all'incontro con Soliman: in un abbraccio particolarmente appassionato, l'aveva graffiata, così aveva rimediato coprendosi i segni con il suo fondotinta, forse ora di un tono più chiaro rispetto al colore della sua pelle esposta al sole.
Qualcuno bisbigliò al passaggio di Olga, ma, dalle parole che aveva captato, la donna capì che le graffiate sulla schiena non c'entravano. Due uomini in frac parlavano tra loro e di tanto in tanto la guardavano. Erano alti e fisicati: più che invitati, sembravano guardie del corpo. Wasil si avvicinò ad un rinfresco che serviva bevande al karkadé alle spalle dei due che la stavano ora fissando. A giudicare dai volti che la guardavano all'unisono, era chiaro che stavano parlando di lei. Wasil avrebbe dato qualsiasi cosa per poter captare integralmente la loro conversazione. Mai come in quel momento avrebbe voluto avere con sé i suoi microfoni, un vecchio regalo del suo ex fidanzato di cinque anni prima, quando ancora era sotto formazione in Ucraina. 'Forse sto esagerando.' Pensò Wasil, frugando nella sua pochette con mani incerte, alla ricerca del microfono spia.
"E' uguale alla donna della fotografia che ci hanno dato... Non sarà mica lei!? Come può essere qui?!" Captò ad un certo punto l'orecchio indiscreto di Olga che nel frattempo si era nascosta dietro una robusta colonna.
"E che ne so...l'hai vista tu ieri sera, dalla superficie? Non può essere Wasil, Olga Wasil. Non poteva sopravvivere..."
"No. Ma assomiglia proprio a quell'immagine presa dal suo passaporto. La stessa che ci ha dato Taher prima di mandarci all'Oasi con l'artiglieria pesante!"
"Oh, per favore...non sarai già ubriaco prima di iniziare la festa. Oh, adesso ci manca pure l'orchestra..." Un assolo di violini si elevò nell'ambiente. "Comunque" Aveva continuato uno dei due uomini: "E' molto più bella dal vivo che in foto...Ha un bel fondoschiena."
Il cuore di Wasil accellerò i battiti. Una cosa è certa: doveva fuggire. Corse lungo la via centrale che attraversava il giardino, ma non poté non guardarsi attorno.
Wasil credette di sognare: non credeva ai suoi occhi. Non aveva mai visto un giardino tanto rigoglioso. Il Grande Giardino era immenso come suggeriva il nome stesso: si perdeva a vista d'occhio oltre le arcate della Sala della Favorita, la sala comune, anticamera del giardino. File di palme da dattero erano allineate con precisione geometrica e si ergevano tra oleandri in fiore. Due ruscelli perpendicolari partivano dalla grande fontana al centro dello spazio, tagliavano fino ai lati estremi del rettangolo che era il giardino verde e, lungo il loro percorso, incontravano piccole isole di prato collegate tra loro da ponticelli in legno. Sembrano tante piccole oasi collegate al resto della vegetazione.
Con passo rapido salì lungo un ponte. Andava nella direzione opposta al senso in cui camminavano piccoli gruppi sparpagliati di persone, tutte dirette alla Sala della Favorita.
"Buonasera, Olga. Sei molto bella. Dove stai andando? Ci aspettano di là." A quelle parole, Wasil trasalì: era la voce di Taher. Di fronte a lei, c'era Soliman. Con il Colonnello... E Taher. La donna si bloccò, gelida. Perché Soliman l'ha invitata nello stesso posto dov'era chi la voleva fuori dai giochi?