Dove portano le tracce nel deserto

scritto da Ninfa_orobica
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Testo: Dove portano le tracce nel deserto
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Olga si aggrappò alla portiera chiusa mentre si chiedeva come Soliman fosse riuscito a non cappottarsi tre curve prima. Stavano sfrecciando a tutta velocità lungo saliscendi sabbiosi, stretti e tortuosi. Davanti a loro si avvicinava ad ogni secondo una duna scoscesa. La donna si rese conto che colui che stava guidando non sembrava avere alcuna intenzione di schivarla. 'E ora come farà?' Pensò Wasil stringendo la maniglia della portiera trattenendo il respiro. "Hassan?" Esclamò, indecisa tra il pianto e il riso. Soliman premette l'acceleratore quando Olga, se fosse stata lei al volante, avrebbe frenato: 'E' la fine.' Una curva ad angolo si impose ma Soliman la agguantò senza sbilanciarsi, veloce come uan saetta. Sfrecciarono per alcuni minuti tra altri saliscendi.

Giunsero all'oasi che era ancora notte fonda. Soliman sospirò. Da molto tempo non gli capitava di avere a che fare direttamente con una donna e questo lo lasciava sconcertato. Soprattutto non gli succedeva da tempo di lavorare con donne occidentali coinvolte in missioni di tale importanza. A dire il vero, era da molto che non aveva a che fare con le donne, in generale. Anche nella sfera più intima e personale. Le donne occidentali con la loro sicumera lo stregavano e lo intimorivano al tempo stesso, mentre, allo stesso modo, lo intimorivano le donne della sua cultura. Sommesse in apparenza, assillanti nella realtà. A dirla proprio tutta, in verità, aveva trovato una dimensione di solitudine che lo appagava. Tutto il resto era solo una scusa per non impegnarsi. Hassan aveva ritrovato se stesso in una dimensione che colmava con un lavoro instancabile alla base militare e con duri allenamenti che lo sfinivano prima che l'istinto maschile lo sorprendesse. Detestava se stesso, la sua immagine, ma nei suoi allenamenti si plasmava ad immagine e somiglianza di un ideale che, a suo parere, non raggiungeva mai. L'allenamento successivo sarebbe stato più intenso e si sarebbe avvicinato di più a quell'ideale asintotico. E così, di nuovo, all'allenamento successivo e così via. Una lotta continua che non portava mai davvero a quell'ideale che lo fissava impassibile, beffardo. Ma andava bene così.
Eppure, quel tocco sul ginocchio di Olga poco prima gli aveva riacceso un desiderio sommesso da troppo tempo. 'E' così giovane...'Un vento caldo gli aveva soffiato nel petto, una vampa fornacea come il vento che soffiava nel deserto aveva di riflesso scaturito una sensazione ben nota. 

Soliman fermò la jeep, frenando, insieme ad essa, tutti i suoi ricordi riaffiorati durante il viaggio. Erano a pochi metri dalla riva del mare. 
Accanto a lui, al posto del passeggero, Olga non gli toglieva gli occhi di dosso. Lo scrutava mentre un sorriso le si stampava in volto, come se in cuor suo avesse capito a cosa Soliman stesse pensando. Sperava di non sbagliarsi in merito: il timore di essere sorpresa con qualcosa di nefasto continuava ad assillarla, ma avrebbe affrontato ciò che l'attendeva, qualsiasi cosa l'attendeva.  
Scesero dall'auto. Il vento del deserto li sorprese. Un vento che dava la sensazione di essere rinchiusi in una fornace accesa senza via d'uscita.
Quando incrociò lo sguardo della giovane donna, Soliman abbozzò un sorriso ed evitò lo sguardo di lei. Capiva che lo stava scrutando, esattamente come lo aveva scrutato il giorno in cui lo aveva conosciuto, in quel primo pomeriggio rovente in quel resort. Quando il sole spietato illuminava gli zigomi di lui facendolo sembrare una statua bronzea. Quando Olga era davvero convinta che Hassan non c'entrava nulla in tutto quel gioco. Pensava di coinvolgerlo come una pedina, ma Soliman era ben più di questo: poteva organizzare un blitz al Colonnello in qualsiasi momento, se solo avesse voluto. Ma per il momento non voleva. 
Soliman aprì il baule dell'auto, ripose sulla sabbia le due grandi borse nere e ne estrasse il contenuto: mute subacquee, pinne, bombole, erogatori, cinture zavorrate...ed, infine, torce.
La giovane donna guardò il portamento dritto di Soliman. La schiena irta e la testa alta di lui, i suoi modi posati stridevano con i gesti decisi e fulminei. Lo vide manovrare tutta quell'attrezzatura, ispezionarla ad ogni centimetro. Era svelto, forte e deciso (tanto per cambiare). Si muoveva sempre con quella rapidità fulminea che lo contraddistingueva e che contrastava con la sua voce tranquilla e con i suoi modi impettiti e misurati. 'Non ho ancora capito da che parte stai, Hassan Soliman, ma ho deciso di fidarmi di te.' Pensò Olga mentre si lasciò infilare il giubbotto ad assetto variabile già fissato all'unità ARA.
Concluse la donna tra se e se, ripassando mentalmente ogni procedura che aveva imparato per poterla applicare qualora si rivelasse necessario. 
"Immergiamoci da riva, Olga. La discesa sarà piuttosto graduale, ma dobbiamo raggiungere una profondità di almeno 20 metri..."
"Va bene, ma andiamo, non c'è tempo!" Lo incalzò Olga iniziando a camminare a ritroso sulle pinne. L'acqua le arrivò prima alle caviglie, poi alle ginocchia ed infine al punto vita. La donna si fermò in attesa che Soliman la raggiungesse. Cosa che accadde ben presto. La donna puntò la torcia accessa sul suo accompagnatore. Lo guardò indossare il giubbotto con tanto di bombola, unità ARA e tutta l'artiglieria pesante con la stessa disinvoltura con cui lei indosserebbe una pochette a tracolla. "Abbiamo messo lo zainetto? ahah!" Lo canzonò la donna con tono civettuolo mentre si sistemava la maschera al volto. 

Iniziarono la discesa poco dopo. Arrivarono presto alla profondità di quattro metri. Scesero ulteriormente finché non guadagnarono la quota prevista per poter proseguire mantenendo la profondità raggiunta. Soliman era a poco più di un metro davanti ad Olga, la quale non potè fare a meno di distogliere gli occhi da lui. La sagoma di Soliman, più nera della notte che li circondava, si stagliava contro la luce della sua stessa torcia. Le forme piene del suo corpo si muovevano lente in controluce. Ogni dettaglio della sua persona sembrava più imponente, scuro e misterioso in contrasto con la luce bianca che sfumava dissolvendosi nell'ambiente acquatico. La donna ascoltò il rumore dei loro respiri, il rumore delle pinnate. Poco distante, sul fondale, tra frammenti di barriera corallina, un plancton verde fluorescente era l'unico elemento che contrastava nettamente con il buio notturno. Una coppia di pesci leone nuotava indisturbata poco sopra Wasil e Soliman. Con pinnate uniche Wasil si divertì a scendere e risalire, prendendo come riferimento alcuni coralli spiraliformi. Sorpassava e raggiungeva il suo compagno d'immersione e poi lo raggiungeva e, di nuovo, lo sorpassava e lo raggiungeva. Seguita da lui.
Attraverso la maschera, si scambiarono sguardi sorridenti, finché, ad un certo punto, Soliman, durante un sorpasso, non l'afferrò per il braccio. Le tolse l'erogatore di bocca e così fece lo stesso con il suo erogatore. Strinse Olga a sé e le sue labbra si posarono su quelle di lei. 
Ma ben presto un rumore sordo arrivò da un punto imprecisato. Era il rumore del motore di una barca. Significava solo una cosa, una cosa che non prometteva nulla di buono.

Dove portano le tracce nel deserto testo di Ninfa_orobica
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