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"L'attimo prima della ciabatta"
(monologo di Pierangelo)
Mi sono sempre immedesimato in quell’attimo.
L’attimo preciso in cui un essere minuscolo, senza coscienza — forse —
vede qualcosa di enorme arrivare.
Una ciabatta, una mano, un’ombra.
Un colpo. Un rumore. Una molla.
E poi... più nulla.
Lui non sa perché.
Non sa cosa succede.
Non ha un “dopo”.
E nemmeno un “perché”.
E io… io sono lì.
Dentro di lui.
A vedere dal suo stesso punto di vista.
A sentire il cuore che batte all’impazzata —
senza sapere perché.
Anche il cinghiale, il topo, il gatto sotto un’auto…
Hanno occhi che tremano.
E io li guardo.
Li vedo.
E poi… si spegne la luce.
E resta solo un buco.
Un’assenza che non sa nemmeno di esserlo.
Le piante…
Loro nemmeno possono scappare.
Le tagliamo, le strappiamo, le pieghiamo…
e non hanno nemmeno il diritto di fuggire.
Non hanno occhi, né bocca.
Solo presenza.
Mi dispiace.
Per loro tutte.
Per ogni essere che muore
senza sapere che cosa gli sta succedendo.
Ecco.
Forse questa è la mela di Eva.
Non il peccato, non il desiderio.
Ma la coscienza.
Il sapere che può far male anche ciò che non capisce.
Il sapere che esiste il dolore muto.
E che esiste chi lo sente per tutti.